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Steve Jobs al cinema con Danny Boyle e Michael Fassbender

Vita, opere e visioni del pionieristico fondatore di Apple in un nuovo dramma biografico diretto dal regista Premio Oscar Danny Boyle e interpretato da Michael Fassbender, Seth Rogen, Kate Winslet e Jeff Daniels. Al cinema da oggi 21 gennaio.

pubblicato 21 Gennaio 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 09:38

Dalla scomparsa di Steve Jobs sono trascorsi cinque anni, ma il suo pensiero costantemente rivolto verso il futuro e l’impronta indelebile lasciata su tanta tecnologia ormai di uso quotidiano sono ancora qui, a dimostrare che lui è ancora tra noi e che il termine “visionario” ha una valenza pratica e un’applicazione nella vita reale capace di cambiare il mondo in meglio. Lo Steve Jobs pioniere, colui che ha portato il personal computer nelle case donandogli una connotazione “domestica” e co-fondatore dell’iconica Apple è protagonista del nuovo film biografico Steve Jobs, al cinema da oggi, 21 gennaio.

Candidato a 2 Premi Oscar: Miglior attore protagonista (Michael Fassbender) e Miglior attrice non protagonista (Kate Winslet) e Premiato con 2 Golden Globes (Miglior sceneggiatura e Miglior attrice non protagonista) questo dramma biografico è stato scritto dallo sceneggiatore Aaron Sorkin (Premio Oscar per il biopic “The Social Network”) e diretto da Danny Boyle, regista che ci ha regalato cult come l’iconico “Trainspotting” e l’horror “28 giorni dopo”, collezionando ben 8 Premi Oscar, tra cui Miglior film e Miglior regia, rivisitando il cinema made in Bollywood con l’acclamato “The Millionaire”.

[quote layout=”big” cite=”Steve Jobs]Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Siate affamati, siate folli, perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo lo cambiano davvero.[/quote]

 

La trama del film

“Steve Jobs” si svolge nei backstage pochi minuti prima dei lanci dei tre prodotti più rappresentativi nell’arco della carriera di Jobs interpretato dal candidato al premio Oscar Michael Fassbender, partendo con il Macintosh nel 1984 e finendo con la presentazione dell’iMac nel 1998, portandoci, appunto, dietro le quinte della rivoluzione digitale, per tratteggiare un ritratto intimo dell’uomo geniale che è stato il suo epicentro.

Il regista Danny Boyle ha voluto specificare che il suo film non è un “biopic” tradizionale, nel senso che non è un tentativo di raccontare una storia che si attiene rigidamente ai fatti della vita di Jobs:

Volevamo che il film fosse un viaggio diverso. Ci sono idee che vengono chiaramente dalla vita reale, ma il film è un’astrazione. Prende gli eventi, alcuni veri, altri immaginati, e li comprime all’interno di tre atti, strutturati intorno ai lanci del Macintosh nel 1984, del NeXTcube nel 1988 e dell’iMac nel 1998. Per tre volte compaiono sei personaggi, 40 minuti prima che ogni prodotto venga lanciato, e parlano semplicemente tra loro. Questa non è vita vera; è una versione amplificata della vita vera. Il copione di Sorkin parla di molto più che di Steve Jobs come persona. Lui ha cambiato una delle cose più preziose e vitali delle nostre vite, che è il modo in cui comunichiamo, in cui interagiamo gli uni con gli altri, eppure molti dei suoi rapporti erano profondamente disfunzionali.

Boyle spiega qual’è il messaggio insito nel film e più in generale nell’approccio di Steve Jobs al quotidiano con un occhio sempre rivolto ad un futuro potenzialmente rivoluzionario:

Spero che quando gli spettatori vedranno il film vedranno come il mondo sia stato cambiato da quello che questo personaggio è stato in grado di fare grazie alla sua energia, alla sua forte motivazione, alla sua intelligenza e alla sua folle dedizione e passione, ma anche il prezzo che ha pagato a livello personale. Per quanto sia un genio visionario, la misura della vera conoscenza di sé e l’umanità arrivano solo quando Steve capisce di essere malato.

 

 

Il cast

Come capita spesso con film biografici di questa rilevanza intorno al protagonista e figura primaria, in questo caso il talentuoso e intenso Michael Fassbender candidato all’Oscar come miglior attore protagonista, viene costruito / assemblato un cast che possa ricreare una galleria di personaggi il più fedeli possibili alle loro controparti reali, e per “Steve Jobs” il parterre di interpreti messi in campo è particolarmente azzeccato e include l’attrice premio Oscar Kate Winslet nella parte di Joanna Hoffman, l’ex direttrice marketing della Macintosh, l’attrice per questo ruolo ha ricevuto una candidatura al Premio Oscar e vinto un Golden Globe come migliore attrice non protagonista. Steve Wozniak, co-fondatore della Apple, è interpretato da Seth Rogen, e Jeff Daniels veste i panni dell’ex CEO della Apple, John Sculley. Il film è interpretato anche da Katherine Waterston nel ruolo di Chrisann Brennan, l’ex fidanzata di Jobs, e da Michael Stuhlbarg nei panni di Andy Hertzfeld, uno dei membri della squadra di sviluppo della Apple Macintosh originaria.

Michael Fassbender è convinto che un personaggio così influente come Steve Jobs avesse bisogno di una riflessione più profonda da cui scaturisse l’uomo oltre all’imprenditore e al pioniere, l’idea era di mostrare un lato del personaggio meno popolare e idealizzato:

L’idea di Steve Jobs era che i computer dovessero essere per la maggioranza, non solo per gli amatori. Quello che lo ha appassionato sin dall’inizio era l’idea che i computer fossero oggetti facili da comprendere e da utilizzare per noi, e non cose che facevano paura. Questa storia è importante perché Steve Jobs ha cambiato tutte le nostre vite. Ha cambiato il modo in cui funziona il mondo, il modo in cui comunichiamo e interagiamo l’uno con l’altro, come guardiamo i film, come ascoltiamo la musica e come compriamo le cose. Una persona che ha avuto questo impatto merita una riflessione…Anch’io penso che ci fosse un lato machiavelliano in Steve Jobs. C’erano delle parti della sua personalità che erano crudeli? Forse. E’ necessario rimproverare le persone in quel modo? Forse no…ma talvolta la personalità e i risultati che si raggiungono sono interconnessi.

 

 

A proposito dell’attinenza fortemente voluta con i veri protagonisti della storia, Steve “Woz” Wozniak co-fondatore di Apple oltre ad essere entusiasta di come Seth Rogen lo ha ritratto è stato anche consulente del film, così da evitare che la storia si allontanasse dalla realtà come spiega il regista Danny Boyle:

Avere il vero Steve Wozniak con noi durante le prove a parlarci della sua esperienza con Jobs e con la Apple è stata una cosa di inestimabile valore. Seth aveva l’essenza di Woz, fin dall’inizio. Non riesco a spiegarlo; nell’interpretazione di Seth c’è qualcosa che raggiunge la radice del personaggio di Woz. Come spesso fortunatamente capita di trovare, nelle persone molto divertenti c’è anche un attore molto serio e ambizioso, istintivo e competente. Woz crede che si possa, allo stesso tempo, avere talento ed essere una persona perbene, e questa è l’idea che corre come un filo d’oro nel corso di tutto il film.

Seth Rogen parlando del ruolo di Steve Wozniak è d’accordo con il collega Michael Fassbender quando dice che gli spettatori con questo film potranno scoprire un lato di Steve Jobs meno edulcorato:

Credo che il pubblico scoprirà che Steve Jobs era un tizio molto imperfetto che, nonostante ciò, ha sognato in grande, ha migliorato altre persone e… probabilmente avrebbe potuto essere più felice lui stesso se non avesse creduto che la bontà e il genio fossero due qualità binarie. Steve Jobs aveva il suo modo di procedere nella vita e di motivare quelli che gli stavano intorno, che alla fine venivano spinti a realizzare l’impossibile. Jobs aveva la reputazione di essere un capo veramente molto difficile, per usare un eufemismo. Lui pensava che al servizio del genio, prendersi del tempo extra per aggiungere un po’ di gentilezza alle sue interazioni giornaliere non fosse un uso del tempo redditizio. Nel suo universo, queste due qualità, genio e gentilezza, esistevano in un sistema binario dove c’è l’una o l’altra, zero o uno, sì o no. Woz è un uomo estremamente gentile, e questo è il modo in cui ho deciso di interpretarlo.

 

 

Per quanto riguarda invece Kate Winslet che interpreta Joanna Hoffman, l’ex direttrice marketing della Macintosh, se da una parte si è voluto catturare lo spirito della vera Hoffman dall’altra si è integrato in lei a livello di scrittura una sorta di insieme composito di diversi caratteri femminili come spiega l’attrice:

I vecchi filmini sono stati una gran risorsa, perché mi hanno dato la reale immagine non solo di com’era Joanna durante quegli specifici periodi di tempo, ma anche le sue maniere, il modo in cui parlava. Dava l’impressione di un personaggio piuttosto grande, anche se, fisicamente, è alquanto bassa, circa 1 metro e 60, credo. C’erano però questi gesti enormi, e un calore e un entusiasmo incredibili. Quando ho parlato con la vera Joanna Hoffman di questo personaggio, siamo state molto attente a parlare di lei in terza persona. Il personaggio di Joanna si ispira molto alla vera Joanna Hoffman e alle sue storie, ma io ho cercato di catturare e rispettare il suo spirito. Joanna era divertita alla descrizione di lei come la ”moglie del lavoro” di Steve all’inizio del film, dato che lei non lo è mai stata davvero. Ha detto che nessuno avrebbe mai scelto una persona tanto disorganizzata e distratta quanto lei come moglie lavorativa! In verità, c’erano tante donne forti e capaci che, insieme, hanno svolto quel ruolo professionale. Aaron ha usato questo personaggio per rappresentare un insieme composito di queste donne.

 

Jeff Daniels nei panni dell’ex CEO della Apple, John Sculley, ha scelto di caratterizzare il suo personaggio con un mix di vita reale e apporto personale spiegando che Danny Boyle non voleva assolutamente un’imitazione:

Steve Jobs ha portato via John Sculley dal suo posto di C.E.O. della Pepsi-Cola per guidare la Apple nel 1983, circa otto mesi prima del famoso spot pubblicitario “1984” e del lancio del Macintosh al meeting con gli azionisti. John è stato chiamato per gestire la parte commerciale/economica delle cose. A Steve piaceva molto il genio di John nel marketing. C’era lui durante la campagna della Pepsi Generation che ha venduto così bene. Quindi, Steve in fondo ha decretato che lui sarebbe stato il visionario e John avrebbe gestito l’impresa…Danny non voleva un’imitazione, ma un personaggio fedele ai sentimenti delle specifiche situazioni. Ci sono elementi di Steve che ci ha messo Michael e ci sono cose di Sculley che io ho aggiunto… ma non al fine di farne un’imitazione. Questo sarebbe stato uno dei modi per farlo, e ci sono state tante ri-creazioni di persone vere sullo schermo molto riuscite; quello che stiamo facendo con Steve Jobs, invece, è interpretare la verità dei nostri personaggi, i sentimenti nelle situazioni che Aaron ha messo insieme in questi stressanti momenti concentrati nel tempo. Una delle cose chiave nel conoscere John per me è stato vedere il senso di perdita che prova ancora oggi.

 

 

Steve Jobs – Il libro che ha ispirato il film

La sceneggiatura di “Steve Jobs” premiata con un Golden Globe è basata sull’omonima biografia, che ha venduto milioni di copie, del fondatore della Apple scritta da Walter Isaacson. Più di quaranta colloqui personali con Steve Jobs in oltre due anni, e più di cento interviste a familiari, amici, rivali e colleghi, hanno permesso a Isaacson di raccontare l’avvincente storia del geniale imprenditore la cui passione per la perfezione e il cui carisma feroce hanno rivoluzionato sei settori dell’economia e del business: computer, cinema d’animazione, musica, telefonia, tablet, editoria elettronica. Mentre tutto il mondo sta cercando un modo per sviluppare l’economia dell’era digitale, Jobs spicca come la massima icona dell’inventiva, perché ha intuito in anticipo che la chiave per creare valore nel ventunesimo secolo è la combinazione di creatività e tecnologia, e ha costruito un’azienda basata sulla connessione tra geniali scatti d’immaginazione e riconosciute invenzioni tecnologiche.

Nonostante abbia collaborato in prima persona alla stesura di questo libro, Jobs non ha imposto nessun vincolo sul testo né ha preteso di leggerlo prima della pubblicazione. E non ha posto alcun filtro, incoraggiando anzi i suoi conoscenti, familiari e rivali a raccontare onestamente tutta la verità. Lui stesso parla candidamente, talvolta in maniera brutale, dei colleghi, degli amici e dei nemici, i quali, a loro volta, ne svelano le passioni, il perfezionismo, la maestria, la magia diabolica e l’ossessione per il controllo che hanno caratterizzato il suo approccio al business e i geniali prodotti che ha creato.

Il libro di Isaacson è stato adattato per il grande schermo dallo sceneggiatore Aaron Sorkin già autore di un paio di biopic di alto profilo con sceneggiature per The Social Network, film di David Fincher incentrato sui fondatori di Facebook che è valso a Sorkin un Premio Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e l’adattamento del libro “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” di Michael Lewis diventato il film L’arte di vincere diretto da Bennett Miller e interpretato da Bard Pitt e Jonah Hill.

Lo sceneggiatore Aaron Sorkin parla del materiale originale di Walter Isaacson e del suo personale approccio a questa nuova biografia:

Il libro “Steve Jobs” è essenzialmente un pezzo di giornalismo in una forma più lunga scritto da un giornalista di prim’ordine. Walter è l’ex capo della CNN e l’ex caporedattore del TIME. Walter aveva l’obbligo di essere oggettivo. Io ho il dovere di essere soggettivo, invece, perché faccio arte. Questa è la mia interpretazione di un uomo complicato e dei suoi rapporti marginali. Spero che l’impressione che resta sia quella di un uomo estremamente complicato e intensamente brillante, pieno di difetti, sì, ma che cionondimeno ha sognato in grande e ha spronato gli altri a fare grandi azioni. Alla fine, spero che gli spettatori lo trovino anche umano, una persona che avrebbe probabilmente potuto essere più felice se non avesse creduto che la bontà e il genio fossero qualità binarie. Gli artisti incanalano nelle loro creazioni una versione migliore di loro stessi. Cerchiamo di trovare una certa perfezione che nella vita non può esistere, e questo è esattamente quello che Steve tenta con i suoi prodotti. Steve si arrabbia molto già negli anni ’70 quando Woz dice: “I computer non sono quadri.” Desumere che quello che Steve stava creando non era arte lo faceva infuriare. Il suo desiderio di rimediare ai suoi difetti personali con quello che dava al mondo era una motivazione fondamentale. Nel corso di tutta la sua vita, credo, Steve ha sempre cercato il potere. Non gli piaceva affatto non avere il controllo all’inizio della sua vita, la storia della sua burrascosa adozione ha avuto delle ripercussioni su tutta la sua esistenza. La sua intera vita creativa è stata una crociata per mantenere sempre il potere, cosa che, secondo lui, garantiva che i suoi prodotti uscissero dalla parte migliore di sé.

 

 

Iniziativa in collaborazione con Universal Pictures Italia