Tanti auguri Wes Craven, 72 anni di terrore
Il regista di Nightmare e Scream compie gli anni
Oggi, 2 agosto, bisogna fare gli auguri a Wes Craven: uno dei più apprezzati registi horror di sempre compie 72 anni. La sua prima opera da regista fu nel 1972 il poco ricordato L’ultima casa a sinistra, ma il primo successo arrivò nel 1977, con Le colline hanno gli occhi. Gli anni ottanta avrebbero portato Craven al successo commerciale: si inventò quella che sarebbe diventata un’icona del terrore, Freddy Krueger. Diresse nel 1984 Nightmare: dal profondo della notte. Il film lanciò sia lui che la New Line Cinema, e anche un certo giovane attore che in una certa scena scompariva risucchiato nel letto: Johnny Depp.
Partita la saga di Nightmare, negli anni ottanta Craven lasciò dirigere ad altri registi gli episodi successivi, concentrandosi su produzioni che non ebbero grosso successo. Ricordiamo tra queste sicuramente Sotto Shock, del 1989. Poi arrivarono gli anni novanta, e un blockbuster planetario: Scream, del 1996, pellicola che segnò un’epoca, ridando vita a un genere e aprendo la strada a decine di cloni. Poi una serie di pellicole che non replicarono i successi precedenti, come La musica del cuore del 1999 – che prese due nomination agli oscar, celebre “non horror” della carriera di Craven – o Red Eye del 2005 e My Soul to Take nel 2010, fino a Scream 4 del 2011.
Ho trovato su Cinefantastique una bella intervista in cui Craven spiega la genesi del buon Freddy Krueger, e mi sembra un buon modo per fargli gli auguri su Cineblog. Vediamo che racconta Wes sulla genesi di Freddy:
Mi arrivò in sogno! No scherzo, fu una serie di articoli sul LA Times, tre piccoli articoli su tre persone, erano immigrati del sud est asiatico, morte nel sonno, bel mezzo di un incubo – ma il giornale non metteva i casi in correlazione, non scriveva “Ehi, eccone un altro”. Il terzo soggetto era il figlio di un fisico. Aveva ventuno anni, in seguito scoprii che in Cambogia la storia aveva fatto molto notizia…
Tutti nella famiglia ripetevano a quel ragazzo “Devi dormire” lui rispondeva “No voi non capite, ho avuto altri incubi prima – ma questo è diverso”. Gli diedero dei sonniferi, ma lui continuava a stare sveglio. Non ricordo quanti giorni rimase sveglio, ma era numero pazzesco – qualcosa come sei, sette giorni sveglio. A un bel momento stava guardando la televisione con la sua famiglia, sul divano, e si addormentò. La famiglia tirò un sospiro di sollievo, pensarono “Grazie a Dio”. Lo portano in braccio al piano di sopra, e lo depositarono sul letto. Era esausto. Tutti se ne andarono a letto, pensando che fosse finita. A notte fonda sentirono delle urla. Corsero nella stanza, e negli attimi che impiegarono a raggiungerlo, il ragazzino era morto. Ci fu anche un’autopsia, che dimostrò che non era stato un attacco di cuore. Non si capirono mai le ragioni della morte. Trovarono in un armadietto una macchinetta del caffè e le pillole di sonnifero, che aveva sempre sputato. Quella storia mi aveva sconvolto, ci rimasi sopra per un anno, finché decisi di scrivere qualcosa.
E quel qualcosa avrebbe fatto la storia del cinema horror. Ma perché Freddy aveva un maglione verde e rosso? E perché il guanto con i rasoi? Spiega Craven
Volevo fare qualcosa che si legasse ai luoghi più profondi dell’inconscio. Grazie ai miei studi accademici, sapevo bene che alcune cose erano universali. Una, era ed è la paura degli animali feroci. Chiaramente questa paura è collegata al periodo in cui eravamo piccoli primati, che scorrazzavano sulla terra senza alcun modo di proteggersi dalle aggressioni dei predatori. E la natura è piena di strumenti capaci di uccidere: artigli, denti, corna. Pensai che gli artigli degli orsi fossero rimasti sepolti da qualche parte nel nostro inconscio, così pensai di combinare l’elemento naturale – gli artigli – con una delle parti più umane, che hanno segnato la nostra evoluzione, le mani.
Ed ecco il guanto di Freddy. E il maglione?
La scelta delle strisce rosse e verdi sul maglione di Freddy mi venne in mente dopo aver letto un articolo di Scientific American del 1982 che spiegava come i due colori che esercitavano il maggior contrasto sulla retina fossero proprio il rosso e il verde (…) Inoltre, volevo che Freddy fosse riconoscibile quando si trasformava in qualcosa d’altro. Ero un fan del vecchio Plastic Man, un fumetto – forse lo avrete visto nei libri di storia! – in ogni caso lui cambiava forma, ma metti che si trasformava in un divano, sapevi che quel divano era lui perché era rosso con una striscia verde – o gialla, non ricordo. Proprio come Plastic Man, volevo che Freddy potesse cambiare forma, ma essere comunque riconoscibile.