The Artist: intervista a Bérénice Bejo
Intervista a Bérénice Bejo, estratto in anteprima della Cover Story di Io Donna in edicola da sabato 18 febbraio 2012
Mentre il film muto The Artist di Michel Hazanavicius, con già sette premi vinti ai Bafta 2012, si prepara ad incassare le dieci nomination agli Oscar, noi ci concediamo una sbirciata a Berenice Bejo, candidata come miglior attrice non protagonista.
“Nata in Argentina, sfuggita alla dittatura, cresciuta a Parigi e trasferita in America per realizzare il sogno di fare l’attrice”, la bella diva anni ’30 di The Artist, taciturna da piccola e ora famosa per un film muto, racconta un po’ di se ad Alessandra Venezia, nell’intervista Cover Story (con foto di François Berthier) che uscirà sul numero di Io Donna in edicola da sabato 18 febbraio 2012, e noi vi presentiamo in anteprima nell’estratto che segue.
Come si trova a Hollywood?
Avevo 23 anni quando venni qui per girare Il destino di un cavaliere: fu la mia prima esperienza di attrice. Sono cresciuta guardando – con mio padre e mia madre – i vecchi film americani: quando ho cominciato a girare The Artist e la mattina trovavo ad aspettarmi uno chauffeur che mi portava agli Studio, mi sembrava irreale… Dopo una settimana parlavo e sognavo solo in inglese: ero entrata completamente nel personaggio.
Mi parli dei suoi: vivono sempre a Parigi?
Mio padre era un regista, mia madre un avvocato. Alla fine degli anni Settanta decisero di scappare da Buenos Aires con me e mia sorella per sfuggire alla dittatura militare, e si rifugiarono a Parigi. Papà fu costretto a cambiare mestiere: io gli sono davvero grata per avermi dato – a così caro prezzo – l’opportunità di vivere in un altro Paese. Quando l’anno scorso, a Cannes, proiettarono The Artist, i miei piangevano come fontane, e io mi sono sentita molto orgogliosa di loro e delle loro decisioni…
I suoi genitori sono impegnati in qualche organizzazione politica?
No, no: mia madre non ne vuole neppure sentire parlare. Quando si sono spostati a Parigi, lei ha tagliato i ponti con tutti. Mamma faceva parte di un’associazione con altri cinque avvocati, che furono tutti eliminati: è l’unica sopravvissuta. Però ci sono molte cose che non conosco perché in famiglia il periodo della dittatura è un argomento tabù.
È mai tornata in Argentina?
Sì. Mi ci è voluto tempo perché i miei proprio non volevano saperne. Nel 2001, però, ho deciso di andarci da sola, e mi sono innamorata del mio Paese. Ci sono ancora i miei nonni, gli zii, i cugini. Ho anche una sorella lì e ora ci ritorno spesso. Coi miei due bambini parlo sempre spagnolo e abbiamo i nostri piccoli segreti perché Michel, invece, di spagnolo non capisce neppure una parola.
Ma lei si sente più parigina o più porteña?
Sono argentina: la famiglia per me è molto importante, io parlo coi miei ogni giorno, e a casa mia la porta è sempre aperta. In Francia, se vuoi veder qualcuno a colazione, devi organizzarti con due settimane di anticipo… Credo che il mio personaggio in The Artist, come me, in fondo abbia un’anima argentina: le piace dare, divertirsi e godersi la vita.
Ha seguito la genesi del film dall’inizio: suo marito è autore, oltre che regista. Ne parlavate tutto il tempo?
Non ho mai interferito col suo lavoro, però mi parlava spesso del progetto. Quando finalmente ho letto la sceneggiatura abbiamo cominciato a guardare insieme decine di film. Legge libri in continuazione e assorbe tutto come una spugna: ancora oggi è convinto di dover approfondire quell’argomento… È instancabile.
Il migliore consiglio che lui le ha dato?
Non perdere tempo a guardare i film belli, guarda piuttosto quelli riusciti male, così capisci gli errori da evitare. E io l’ho seguito.
Quando ha deciso di fare l’attrice?
Ero molto giovane, avrò avuto cinque o sei anni. Non le saprei neppure dire perché. Sono cresciuta con mia sorella e anche a lei piace molto andare al cinema, eppure non le è mai venuta in mente una cosa del genere… Provo sempre un gran piacere quando vedo un film: piango, rido, mi commuovo e mi piace l’idea di trasmettere queste emozioni al pubblico. Pensi che ero timidissima da bambina, non ho mai recitato neanche di fronte a parenti o genitori. Era mia sorella, semmai, quella più estroversa e sempre al centro dell’attenzione.
Bérénice è un nome importante. I suoi amavano le tragedie di Racine e Corneille?
Veramente pensavano al racconto di Edgar Allan Poe I denti di Berenice: pensi che gusto macabro! E poi alla chioma di Berenice e alle costellazioni astrali…
Bella, brava e simpatica, forse anche miglior attrice non protagonista…