Trieste Science+Fiction 2018, The Dark, recensione: l’abuso in chiave horror con un tocco d’umanità
L’orrore dell’abuso sui minori in chiave horror, con un insperato tocco d’umanità
Presso una stazione di servizio, un uomo ben vestito ha fretta: la spesa che ha appena fatto è quella di un ragazzino, roba tipo cereali colorati e via discorrendo. Prende una mappa, la stende sul bancone ed ecco il primo sussulto, quando il proprietario prova a fargli notare che la deve pagare. Non appena l’exploit rientra, il misterioso cliente conferma che sì, pagherà; prima però vuole sapere dove si trova una foresta precisa. È diretto lì allora. Sì, ma perché?
The Dark scaturisce dall’ansia e la paura di un bambino, uno dei registi, che in qualche modo riesce a restituire quest’ansia tutt’altro che atipica, qualcosa che non può e forse non è nemmeno il caso di essere spiegata. L’uomo misterioso di cui sopra, accento germanofono, dopo essersi allontanato ed aver raggiunto la propria meta, viene attaccato da una ragazzina, che non solo gli ficca un’ascia a centro di fronte, ma conclude l’opera mangiandone le interiora. La giovane si chiama Mina e ha tutta l’aria di essere uno zombie, il che non è sbagliato ma nemmeno corretto. Mina tuttavia scopre che nel bagagliaio dell’auto con cui la sua vittima aveva raggiunto quel luogo si nasconde un ragazzino, Alex: il giovane era stato vittima di abusi e violenze, tra cui l’essere stato acciecato. Da qui in avanti è la loro storia, quella di Alex e Mina.
Uno dei meriti di Lange e Hufnagl, i due registi, è quello di non limitarsi alla oramai sin troppo inflazionata retorica inerente alla diversità: per un verso o per un altro, certamente, i due ragazzini sono diversi, nonché uniti appunto dal tremendo trascorso di abusi (c’è tutto un antefatto su come Mina sia diventata ciò che è, in merito al quale non sveliamo nulla, proprio perché centrale). La relazione che s’instaura tra i due è spontanea, al di là della paura e della diffidenza iniziale, in merito a cui entrambi hanno i loro motivi (buoni per giunta). The Dark non ci spiega nulla e lascia che a parlare siano gli eventi, certe situazioni in cui Mina e Alex si trovano a fronteggiare piccoli ostacoli o minacce vere e proprie.
Non c’è alcun approfondimento psicologico a tenere botta, e probabilmente sarebbe pure stato fuori luogo date le premesse: i protagonisti non sono ragazzini normali, a prescindere dalla componente horror. In The Dark ci si affaccia su un argomento terribile, estremamente delicato, in cui sparare a zero senza far capire nulla è anche sin troppo alla portata. Allora si capisce come mai riuscire a mantenere certi toni, offrendo persino qualche spunto, qua e là concedendosi finanche qualche nota più leggera, faccia guadagnare così tanti punti al film, che attraverso il genere filtra uno spaccato macabro ancorché verosimile di una porzione della realtà entro la quale siamo immersi.
Senza alcun intento realistico, per così dire, non semplicemente perché parliamo della storia di come una ragazzina riconquista letteralmente la propria umanità attraverso il confronto con un suo coetaneo, ma proprio perché non si riferisce ad un episodio in particolare, non volendo denunciare alcunché. Le ricadute in questo senso sono implicite ma mai sovraesposte, senza insomma quell’altro tipo di retorica che al cinema è sempre un po’ ingombrante, tra analisi sociologiche e istanze da attivismo malcelato. The Dark è in tutto e per tutto la storia di Mina e Alex, di come da certe spirali c’è chi ne esce e chi no o non del tutto, per quanto tutto ciò possa sembrare profondamente ingiusto.
La mutazione fisica di Mina, quantunque tale dinamica appaia così didascalica, ci risparmia nondimeno tutta quella congerie di riflessioni e non di rado pesanti ragionamenti su chi è stato così sfortunato da incappare in certe disdicevoli circostanze. Ecco allora che il film diventa “Mina e Alex contro tutti”, e mentre loro imparano a conoscersi debbono al contempo tenere testa a chi “da fuori” si adopera per impedirgli di portare a termine questo passaggio. È vero, non tutto procede senza intoppi, ed in alcuni frangenti s’indugia un po’ troppo, a scapito appunto della fluidità del racconto, che da certo soffermarsi ne esce a tratti leggermente stirato. Ma è un pegno accettabile, specie alla luce dell’interesse che il film trasmette per i suoi protagonisti: dolce e amaro il loro legame, qualcosa con cui è estremamente difficile non instaurare a nostra volta una qualsiasi forma di contatto.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
The Dark (Austria, 2018) di Justin P. Lange e Klemens Hufnagl. Con Nadia Alexander, Toby Nichols, Karl Markovics e Margarete Tiesel