The Gatekeepers – I guardiani di Israele: dai servizi segreti al cinema
Uno sguardo al conflitto che ha insanguinato il Medioriente, raccontato con logica feroce e implacabile dai capi dei segreti israeliani
Per chi non frequenta il circuito dei festival o ha la fortuna di avere una bella saletta d’essai nei paraggi, spesso la maggior parte di film interessanti, ma poco appetibili per il mercato distributivo, vanno perduti per sempre.
Un destino che non toccherà a The Gatekeepers – I guardiani di Israele di Dror Moreh, candidato al Premio Oscar come miglior documentario nel 2013, per la sua capacità di guardare “da dietro le quinte” il conflitto che ha insanguinato il Medioriente, attraverso la testimonianza do sei ex capi dei servizi segreti israeliani, ovvero il temuto e potente Shin Bet, protagonista delle azioni governative violente compiute dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967 a oggi.
Forze di sicurezza Israeliane come l’Esercito e il Mossad, giocano un ruolo forte nella politica del paese, ma sin dalla Guerra dei Sei Giorni è solo lo lo Shin Bet ad influenzare le scelte dei leaders di Israele e le sorti del paese.
La schiacciante vittoria sui nemici nel 1967 ha lasciato ad Israele il controllo di una vasta popolazione ostile che vive sotto occupazione e la gestione dei rapporti con questa popolazione, in tempi di guerra come in quelli di calma è stata sempre affidata allo Shin Bet.
Il documentario del regista israeliano Dror Moreh racconta la storia di questa organizzazione, la più attiva e segreta delle forze di sicurezza Israeliane, dalla prospettiva dei suoi capi, con la storia dei maggiori eventi che segnarono i loro mandati svelata da interviste inedite, accompagnate da immagini di repertorio e agghiaccianti animazioni al computer basate su fotografie scattate durante le operazioni.
Dall’attentato a Rabin compiuto da gruppi di estrema destra per far saltare la Cupola della Roccia, ai danni collaterali della bomba sganciata su un palazzo della zona popolosa di Gaza, dall’efficacia della tortura all’etica dell’assassinio mirato, raccontati da eroe di guerra che arrivano a paragonare quanto perpetrato dalla Germania nazista con Polonia, Cecoslovacchia e Olanda, a quello che Israele a fatto alla Palestina.
Un racconto diretto e brutale della cieca logica della “ragione superiore” che emerge dalla riflessione dei sei ex capi dello Shin Bet sulla moralità della tortura e del terrorismo, di arresti e assassinii, commessi come parte di un disegno che prosegue con ostinata coerenza dal 1948.
Un ammonimento su quello che succede quando si tenta di rispondere alla violenza con la violenza che arriva dal cuore della guerra totale al terrorismo e ha fatto discutere, anche fuori di Israele.
Sull’onda del successo che il genere documentario inizia ad acquisire in tutto mondo, a partire dalla Francia e gli Stati Uniti, martedì 7 aprile alle ore 20.30 sarà possibile vedere The Gatekeepers – I guardiani di Israele in lingua originale con i sottotitoli in italiano, sul grande schermo di una delle 23 sale del circuito UCI Cinemas di tutta Italia (che elenco di seguito insieme ai prossimi appuntamenti) grazie alla sfida raccolta da Unipol Biografilm Collection e I Wonder Pictures.
Note di regia
In “The Gatekeepers” ho parlato con i capi dello Shin Bet, persone in grado di modellare la storia da dietro le quinte. Vivendo nell’ombra, non hanno mai parlato del loro lavoro davanti ad una cinepresa.
L’idea di fare questo film mi è venuta mentre lavoravo alle riprese del mio documentario Sharon. Discutendo con i consulenti più vicini al primo ministro, ho appreso come le critiche di alcuni di questi funzionari dello Shin Bet fossero in grado di influenzare le decisioni di Sharon riguardo ad un disimpegno dalla spinosa questione relativa all’occupazione di Gaza.
Sono andato da ciascuno dei Gatekeepers e ho chiesto di raccontarmi le loro storie. Volevo che condividessero la loro prospettiva riguardo al conflitto Arabo-Israeliano. Ero sorpreso ed emozionato quando acconsentirono. Sapevo di avere un’opportunità senza precedenti di entrare nel “Sancta Santorum” di individui che avevano pilotato il processo decisionale del popolo Israeliano per circa mezzo secolo.
Gli intervistati non si risparmiarono nè in fatto di tempo né in quanto a mole di informazioni rilasciate.
Alcuni erano narratori più bravi di altri, ma ciascuno di loro aveva una storia da raccontare con la propria voce. Erano stati al centro del ciclone in tutti i momenti cruciali più importanti della storia dello stato di Israele fin dalla Guerra dei Sei Giorni.
Giorno dopo giorno, mentre li intervistavo, mi ritrovavo a fissare incredulo questi soldati. Le loro storie e testimonianze mi travolgevano. Non potevo fare a meno di chiedermi quanto mi sarei spinto lontano se mi fossi confrontato, come avevano fatto loro, con il dilemma quotidiano di scegliere della vita o della morte di altri esseri umani. Ancora oggi me lo chiedo.
Per questo nessuno capisce meglio di questi sei uomini il conflitto tra Palestinesi ed Israeliani. Quando parlano, i Leaders li ascoltano. Forse è arrivato il momento in cui i Gatekeepers debbano rivolgersi ad un pubblico più ampio e non soltanto ai ristretti circoli del potere.
Spero che questo film dia inizio ad un dibattito su scala nazionale.
Uno sguardo ai Gatekeepers
Avraham Shalom (1980 – 1986)
Cominciò la sua carriera militare prima che lo stato di Israele fosse fondato. Combatté nel Palmach, un gruppo paramilitare clandestino che formò le basi dell’ IDF, si spostò poi nello Shin Bet proprio nel momento in cui venne fondato. Dal 1959 al 1960 fece parte del team del Mossad e dello Shin Bet che rintracciò e rapì un cittadino argentino, Rccardo Klement, meglio noto come, Adolf Eichmann, conducendolo in giudizio in Israele. In seguito al massacro degli atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco del 1972 Shalom fu nominato capo del servizio di sicurezza dello Shin Bet. Nel 1980 diventò capo dello Shin Bet. Il turbolento mandato di Shalom fu scosso dal terrorismo Palestinese e, ancor di più, dai fondamentalisti Ebrei che si opponevano a qualsiasi concessione e o dialogo con la Palestina. La “Jewish Underground” composta da coloni radicali del West Bank aprì il fuoco sul Collegio Islamico di Hebron, uccidendo tre studenti, e piazzò bombe nelle macchine di alti funzionari palestinesi, mutilando in modo permanente i sindaci di Ramallah e Nablus. Quando Shalom catturò i membri di questa organizzazione scoprì un complotto per far saltare in aria uno dei più grandi simboli islamici, la” cupola della roccia” un’azione che avrebbe scatenato la rabbia dell’intero mondo arabo contro lo stato di Israele. Nei primi anni ottanta Shalom fu una delle più importanti figure di garanzia della pacein Israele, ma gli costò la carriera. Nel 1984 ordinò l’esecuzione sommaria di due terroristi che avevano dirottato’ autobus 300 in viaggio da Tel Aviv a Ashkelon. L’immagine di uno di questi terroristi portato fuori dall’autobus in manette ancora vivo fece il giro del mondo e condusse ad un’inchiesta ufficiale. Shalom non rispose mai delle sue azioni alla stampa e rimase fu sempre reticente sull’accaduto.
Yaakov Peri (1988-1995)
Sarebbe stato perfetto per un romanzo di John Le Carré come contrasto per l’enigmatico Smiley. Affascinante e affabile, un vero gentiluomo, avrebbe facilmente potuto seguire una carriera in campo musicale ( suonava la tromba per l’orchestra di Gerusalemme La Voce di Israele)
Nato a Tel Aviv nel 1944, Peri entrò nell’Università Ebraica dopo la sua uscita dall’IDF. Completò i suoi studi all’università di Tel Aviv con un’ulteriore laurea in Studi sul Medio Oriente e Storia Ebraica. Fu reclutato nello Shin Bet nel 1966, e fu addestrato come ufficiale di campo nel settore Arabo. Nel 1987, in seguito all’incidente dell’ autobus 300, fu nominato vice direttore dello Shin Bet, e l’anno seguente il Primo Ministro Yitchakz Shamir lo scelse come suo capo. La crisi che lo Shin Bet dovette sostenere allora fu enorme. Era scoppiata l’Intifada, una sollevazione di massa senza precedenti nei Territori Occupati. Perì, che aveva trascorso anni studiando e lavorando nei territori, era stato fondamentale nella creazione di una vasta rete di informatori e collaboratori nei primi anni dell’occupazione Israeliana. Nonostante ciò, l’improvvisa eruzione dell’Intifada arrivò inaspettata sia per lui che per gli altri membri dello Shin Bet. Durante il suo mandato, furono fatte accuse sulle “pratiche eccezionali” usate negli interrogatori dello Shin Bet di Gaza City.
Carmi Gillon (1994-1996)
Successe a Perì come capo dello Shin Bet. Suo nonno fu l’unico giudice ebreo a servire nella Supreme Court of the British Mandate of Palestine, suo padre fu un avvocato dello stato e sua madre un Vice Procuratore Generale. Fu uno dei meno preparati a condurre lo Shin Bet, e il suo breve mandato fu segnato dalla più grande sconfitta dell’organizzazione – il fallimento nel proteggere il primo ministro Rabin dall’agguato che gli costò la vita.
Dopo aver completato il suo servizio militare ha studiato Scienze Politiche all’università Ebraica. Fu reclutato dallo Shin Bet dove trascorse la prima parte del suo servizio lavorando per il Security Desk con l’incarico speciale di proteggere le installazioni Israeliane oltremare, incluse le ambasciate e altre organizzazioni governative. Nominato capo del Jewish Desk fu subito coinvolto nella cattura dei membri del “Jewish Underground” e di Yonah Avrishmi, l’uomo che aveva lanciato una granata durante la manifestazione di Peace Now a Gerusalemme nel 1983, l’attentato più grave commesso da Ebrei contro altri Ebrei nella storia moderna di Israele. Nel 1994 fu selezionato con cura da Yaakov Perì per succedergli nella direzione dello Shin Bet. Durante il suo breve mandato spostò l’attenzione dell’organizzazione al terrorismo Ebraico, specialmente di destra. Questa nuova direzione fu una seria sfida per Gillon. Richiedeva di sorvegliare Israeliani che non avevano mai commesso un crimine, ma che lui sospettava stessero preparando il più grave attacco contro lo stato e i suoi leaders. Ciò che esacerbava il problema era il fatto che queste persone, la maggior parte delle quali, coloni fanatici ma con una formazione militare, erano sostenuti da molti politici importanti.
Nonostante i molti successi nella guerra contro il terrorismo ebraico, perse la battagli più importante. Aveva da lungo tempo messo in guardia sul fatto che i terroristi avrebbero tentato di uccidere il primo ministro Rabin per ostacolare il processo di pace, ma Israele non aveva mai affrontato prima assassinii politici e questo fu un errore. Il 4 Novembre de 1995 un assassino riuscì ad avvicinarsi al primo ministro e sparargli a distanza ravvicinata. Gillon si assunse immediatamente la responsabilità del fallimento e rassegnò le sue dimissioni.
Amy Ayalon (1996 – 2003)
è stato un outsider, destinato a riabilitare lo Shin Bet all’indomani del suo più triste fallimento, l’ incapacità nel proteggere il Primo Ministro Rabin dalla pallottola di un assassino. Da ragazzo Ayalon era cresciuto in un kibbutz, dove eccelleva nel calcio, sebbene fosse ritenuto troppo basso. Gli amici a volte dicono che proprio perché era troppo basso sentiva la necessità di compensare questo limite con una perfetta forma fisica. Diversamente dai suoi predecessori Ayalon arrivò allo Shin Bet direttamente dall’esercito dove era stato decorato ufficiale. Come giovane commando nel 1969, fu insignito della più alta onorificenza IDF, Medaglia al Valore, per il suo impegno nel leggendario “Green Island Raid” contro una installazione militare egiziana. Durante gli ultimi anni 70 e i primi anni 80 condusse personalmente delle squadre di subacquei in numerose incursioni contro installazioni palestinesi lungo le coste libanesi. Nel 1992 fu nominato capo della Marina Militare con il grado di Maggiore Generale. La reputazione dello Shin Bet era allo sfascio dopo l’assassinio di Rabin, cosi il Primo Ministro Peres decise di introdurre un outsider per ristabilire la fiducia pubblica. Ayalon fu la sua scelta migliore per quell’incarico. Non solo,era un amato eroe di guerra; era anche un comandante resistente e testardo, con la reputazione di essere uno diretto. Schietto e persino tagliente, avrebbe raccontato le cose “così come stavano.” Il più importante traguardo come capo dello Shin Bet fu aumentare la sicurezza del capo del paese. Durante i cinque anni di mandato, Ayalon condusse un’implacabile battaglia contro il terrore sotto tre Primi Ministri molto diversi tra loro: Shimon Peres, Benjamin Netanyahu e Ehud Barak. Pur considerato il capo più a sinistra dello Shin Bet, fu proprio al ministro laburista Ehud Barak che lui riservò le sue critiche più taglienti. Quando nel 2000 fallirono i colloqui di Camp David, il criterio comune ritenne che Barak avesse offerto ogni cosa ad Arafat e che fosse stata solo l’intransigenza del leader palestinese ad aver impedito un trattato di pace. Ayalon frantumò questo mito sostenendo che Barak era arrivato impreparato e che avesse arrogantemente prevaricato Arafat, invece di negoziare con lui. Ayalon sostenne inoltre che l’intifada non opera da Arafat ma che fosse un sollevamento popolare dovuto alla prolungata frustrazione del popolo palestinese.
Avi Dichter (2003 – 2005)
Un camaleonte a suo agio sia nella società palestinese che in quella israeliana. Dopo aver completato la sua formazione militare nella Sayeret Matkal, leggendario Commando Israeliano, Dichter si unì allo Shin Bet e fu di stanza nel Comando Sud come responsabile della striscia di Gaza. Dal 1992 fu a capo del Comando Sud e sovrintese alcune delle più ardite operazioni dello Shin Bet,. Servì per un breve periodo come capo dello Shin Bet’s Security Desk a seguito dell’assassinio di Yitzchak Rabin. Nel Maggio del 2003 il suo precedente capo nello Sayeret Matkal, ora Primo Ministro Ehud Barak, promosse Dichter nella posizione di capo dello Shin Bet e successore di Ami Ayalon. Quando scoppiò la sanguinosa al-Aqsa intifada, a Dichter fu molto utile il suo addestramento militare. Fu uomo di successo con Barak e si distinse anche sotto Ariel Sharon. Lui e Sharon erano due pragmatici. Sebbene Israele avesse subito molte vittime, ne furono risparmiate molte di più grazie alle tecniche sofisticate che Dichter adottò per combattere i terroristi e arginare il terrorismo, come la controversa tecnica dell’assassinio mirato. Dopo il successo dell’attacco a Yahya Ayyash, fu largamente utilizzata sotto Dichter con il pieno supporto del governo di Sharon. Dichter fece crescere il ruolo dell’intelligence e l’utilizzo dello spionaggio informatico per prevenire gli attacchi e fu uno degli ideatori del tristemente noto “Muro di Separazione”.
Yuval Diskin (2005 – 2011)
Si unì allo Shin Bet nel Maggio del 1978 e fu nominato coordinatore per il Nablus Disrtict. Nei campi dei rifugiati si rese conto della dura realtà della guerra Israelo-Palestinese. Durante le operazioni di Pace per la Galilea servì a Beirut 1982 e a Sidon 1983. Nell’Agosto del 1990 fu nominato Direttore del Dipartimento Antiterrorismo e Antispionaggio per “l’Affairs desk” Arabo- Israeliano. Nel Maggio del 97 fu nominato direttore del Comando Centrale dello Shin Bet (Gerusalemme e West Bank Region), posizione che tenne fino a Giugno del 2000. Durante questi anni turbolenti l’ala militare di Hamas effettuò una serie di attacchi suicidi intesi a sventare il processo di pace. Deskin capeggiò l’operazione che distrusse le infrastrutture militari di Hamas in tutta la Giudea e la Samaria. Nel Luglio del 2000 fu nominato Vice Direttore dello Shin Bet. Divenne capo dello Shin Bet nel Maggio del 2005.
Mentre serviva come Vice Direttore dello Shin Bet lavorò con l’IDF (Forze di difesa Israeliane) per creare un protocollo antiterrorismo atto a contrastare gli attacchi terroristici, ed in particolare gli attacchi kamikaze conosciuti come “Ticking Time Bombs” (bombe ad orologeria). Si crede sia l’inventore e profeta della dottrina del ”Targeted Assassination” (Assassinio Mirato). Una volta in pensione dallo Shin Bet nel maggio del 2011 ha attirato l’attenzione dei media Israeliani e Internazionali per la sua dura critica alla politica del governo verso i Palestinesi.
Se Israele si trova nel cuore di una guerra totale al terrorismo, le confessioni dei Gatekeepers sfidano il giudizio comune su come la guerra dovrebbe essere condotta, che sia a Gaza o a Guantanamo, Palestina o Pakistan. Il loro è l’ultimo ammonimento di quanto accade alle popolazioni come pure alle nazioni quando si tenta di rispondere alla violenza con la violenza.
Elenco sale circuito UCI Cinemas
LAZIO/UMBRIA
Roma Est
Roma Marconi
Porta di Roma
Perugia
Parco Leonardo
TRIVENETO
Verona
Fiume Veneto | Pordenone
EMILIA ROMAGNA
Ferrara
Meridiana | Bologna
Romagna | Rimini
Reggio E.
PIEMONTE/LOMBARDIA/LIGURIA/MARCHE
Milanofiori | Milano
Bicocca | Milano
Torino Lingotto
Como
Curno | Bergamo
Moncalieri | Torino
Fiumara | Genova
Ancona
Porto S.Elpidio | Fermo
TOSCANA
Firenze
Campi Bisenzio
Arezzo
Il biglietto intero per la proiezione costa 5 euro, ma è possibile ottenere biglietti gratuiti, compilando il form all’indirizzo www.biografilm.it/gate e inserendo il codice partner GTKEH, infatti si riceverà una e-mail all’indirizzo indicato: le prime 20 persone per ogni sala che presenteranno questa mail stampata alle casse del cinema nel giorno della proiezione potranno richiedere un biglietto gratuito, valido per una persona.
Calendario prossime proiezioni
14 aprile 2015
The Unknown Known – Morris Vs Rumsfield, regia di Errol Morris
USA – 105’
Un lucido e rigoroso ritratto di Donald Rumsfeld, uno dei grandi architetti della guerra in Iraq. Rumsfeld entra in scena come scrittore/attore della propria vita leggendo una scelta dei suoi “fiocchi di neve”, le decine di migliaia di appunti annotati nel periodo in cui fu membro del Congresso, consigliere di quattro diversi presidenti e per due volte segretario della Difesa. Il Rumsfeld scrittore è deciso, filosofico e amante delle massime e delle regole; il Rumsfeld attore non è meno controllato di quanto lo fosse durante le sue virtuosistiche conferenze stampa a proposito del conflitto iracheno, e altrettanto provocatorio. La sua visione del mondo è imperativa e sicura di sé: “La vera pace può venire soltanto dalla forza militare”.
21 aprile 2015
Stop The Pounding Heart, regia di Roberto Minervini
USA – 98’
Sara ha pochi anni e tanti fratelli, vive in una fattoria del Texas insieme ai genitori, allevatori di capre che educano tutti i figli secondo i rigidi precetti della bibbia. La sua è una vita serena e devota, passata ad accudire gli animali della fattoria, e a mantenere corpo e mente puri in attesa di un uomo che la prenda in moglie. L’incontro con Colby, allevatore di tori e cowboy da rodeo, turba la quotidianità di Sara precipitandola in una crisi profonda. Stop the Pounding Heart è un’esplorazione dell’adolescenza, della famiglia e dei valori sociali, dei ruoli di genere e della difficile convivenza fra giovinezza e religione nell’America rurale.