The Goob di Guy Myhill: Recensione in Anteprima
Il cinema indipendente inglese, il migliore della sua categoria nel Vecchio Continente, gode di buona salute. The Goob, interessante esordio di Guy Myhill, conferma la diagnosi con un film imperfetto ma che tocca le corde giuste
The Fucking Goob. È così che chiamano Gooba (Liam Walpole), sedicenne che vive nel più verace dei countryside britannici, sbucciandosi quotidianamente le mani a forza di lavorare la terra. Goob Taylor sembra un ragazzo come tanti, apparentemente spassoso sebbene taciturno. All’inizio del film viene consegnato da un bus scolastico presso un posto sperduto tra le campagne; scende in mutande lui, svestitosi di quell’ingombrante uniforme che comunque aveva già provveduto a vandalizzare.
La sua storia, che è poi quella di questo film, è dura, sebbene non ci sia nuova. L’esordiente Guy Myhill ci catapulta in un contesto di cui non sappiamo nulla, più che in relazione ai luoghi, alle oscure dinamiche che lo reggono. C’è tanto cinema indipendente americano in The Goob, che di fatto si appropria di certe categorie proprie di quella fetta di mondo per raccontarcene il corrispettivo britannico. La zona rurale come mondo a sé, regolato da leggi oscure, tendenzialmente ostili all’uomo. Qualunque uomo. Un po’ come se Darwin, lontani dalla cosiddetta civiltà, si fosse rivolto specificatamente a realtà di questo tipo.
Gooba vive con la madre, il fratello ed il patrigno, Gene Womack (Sean Harris). Quest’ultimo, poco alla volta, emerge come il vero antagonista di questa storia, che è senz’altro asciutta (in tutti i sensi, tanto che il “parlato” è pochissimo) ma che nondimeno riesce a colpire come un macigno in alcuni punti. È vero, non si avverte quel senso di oppressione che ci si aspetterebbe da una situazione così borderline come quella vissuta da Gooba, ma praticamente da tutti. Succubi di Gene, deplorevole tiranno, nessuno in quella zona riesce a far fronte alla costante e soverchiante ira dell’auto-proclamatosi re.
Sarebbe facile dire che ciò che manca a Myhill è una certa maturità, e che perciò il suo film risulta un po’ acerbo, ma di fatto è vero che la seppur tangibile vitalità del suo ritratto risente di alcune imperfezioni. E questo nonostante un Harris (visto proprio recentemente in Liberaci dal male) azzeccatissimo, spregevole figura che incute una certa soggezione. Non sta a lui trascinare il film ma è innegabile che la sua presenza s’imponga con una certa statura, anche se, come già accennato, The Goob cede qualcosa in termini di coinvolgimento laddove deve trasmettere l’asfissia di un luogo nel quale tutti sono sudditi di un solo, inattaccabile dittatore. Un mostro archetipico apparentemente invincibile.
Nonostante ciò, resta una più che discreta prima prova per Myhill, che compensa l’inesperienza con una regia fresca, diretta e pressoché mai superflua. Per un film che si limita a mostrare, senza informarci d’alcunché se non riguardo a ciò che avviene nell’immediato. Per esempio: chi è Goob? E Gene? Come sono finiti in quel mondo? Quando? Perché?
Tutti quesiti giustificati ma che Myhill dribbla intelligentemente, offrendoci uno spettacolo che non eccede in stilizzazioni di alcun tipo, andando dritto al sodo ogni due per te, per quanto possibile. Riuscendo peraltro a somministrare, The Goob, momenti teneri in mezzo a tanta durezza, che è più psicologica che altro. Ed infatti la chiusa, a conti fatti aperta, pone il sigillo su quanto è sì possibile intuire in precedenza; ma lo fa con garbo, dando ragione di quella che è la prima frase di senso compiuto del film, quando il conducente del bus di cui sopra augura a Gooba di riuscire a scappare da quel posto. Ci vuole tutto il film per capire perché non sia così facile scappare. Non per Gooba almeno.
Voto di Antonio: 7
Voto di Federico: 6,5
The Goob (Regno Unito, 2014), di Guy Myhill. Con Liam Walpole, Sean Harris, Sienna Guillory, Oliver Kennedy e Marama Corlett.