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The Pills – Sempre meglio che lavorare: Recensione in Anteprima

Sbarcano finalmente al cinema i romani The Pills con Sempre meglio che Lavorare, dal 21 gennaio in sala.

pubblicato 13 Gennaio 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 09:31

Dopo aver lanciato al cinema I Soliti Idioti (10.5 milioni di euro al debutto), Pio e Amedeo con Amici come noi (3 milioni di euro) e soprattutto Checco Zalone (160 milioni di euro con 4 film), Pietro Valsecchi prova l’ennesimo colpaccio con tre romani letteralmente esplosi sul web, i The Pills, con Sempre meglio che Lavorare. Nel giro di 5 anni Luca Vecchi, Luigi di Capua e Matteo Corradini sono diventati un fenomeno mediatico, nati on line, approdati in tv ed ora pronti ad invadere le sale con una commedia demenziale, esilarante e cinefila in cui raccontare una generazione, quella dei 30enni di oggi, provando a ribaltarla.

Dimenticatevi i 30enni mucciniani isterici e in balia del futuro che incombeva su di loro, perché i protagonisti di quest’opera prima hanno sì 30 anni ma non hanno alcuna voglia di prendersi sul serio e di assumersi responsabilità. L’immobilismo postadolescenziale è un monolite da cui mai fuggire, a cui aggrapparsi con fatica ed orgoglio, tirando a campare giorno dopo giorno, canna dopo canna, attorno a quel sudicio tavolo che è volutamente incolore, proprio perché legato ad un mitologico passato di fancazzismo infantile fatto di sogni irrealizzabili da cui è doveroso non scappare.

Un passaggio rischioso, quello delle pillole web che diventano lungometraggio cinematografico, che i the Pills hanno preso di petto senza stravolgere la loro essenza, già vista in tv con l’omonima serie. Chiunque conosca i tre ragazzi romani rivedrà alcune delle celebri gag che li hanno resi famosi, mentre per tutti gli altri sarà impossibile non accogliere con piacevole stupore l’ironia surreale e demenziale di Luigi, Matteo e Luca, a cui Valsecchi, gliene va dato atto, ha palesemente lasciato carta bianca. Sempre meglio che lavorare ha infatti un unico e gigantesco limite, più che altro legato all’inevitabile riscontro con il botteghino, che risiede nella sua smaccata romanità. Un film capitolino non solo nelle location ma anche nella sua comicità, nei luoghi comuni che cavalca con intelligenza, nell’utilizzo di alcuni termini che non vanno oltre il GRA.

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Un’opera prima sboccata e irriverente, cinica e a tratti implacabile nel pennellare i lineamenti di una generazione che vive con preoccupazione quotidiana l’incubo del lavoro e dell’inevitabile emancipazione, frenata rispetto al passato dalla mancanza di granitiche certezze economiche. Tutto questo i the Pills l’hanno impacchettato con sana ironia, partendo da una travolgente infanzia che vede i tre ‘bimbetti’ del 1994 giocare ad indossare gli abiti degli adulti, tra Cristina d’Avena che si è commercializzata dopo Fivelandia 5, il Pupazzo Dodò che incredibile ma vero ‘non esiste’, Gira la Moda che ti fa scoprire il mondo del fashion, la Frizzy Cola da mandar giù come se fosse cocaina e un finale di stagione di Lady Oscar da urlo.

Derisi più e più volte Carmelo Bene e il cinema mucciniano (scena epica quella in cui parte la colonna sonora di Come te nessuno mai con Luigi che si trasforma in ‘Silvio’ e va ad occupare il mitico Mamiani), i tre ‘coglioni’ seminano citazioni a profusione (da Pulp Fiction a Titanic, passando per La Dolce Vita, Batman Begins, lo stallo alla messicana degli spaghetti western e l’Attimo Fuggente), intavolando un soggetto palesemente banale che vede i protagonisti entrare in crisi d’identità per i 30 anni ormai raggiunti. Ma con quante risate al suo interno, tra social da sfruttare e part-time, feste piene ‘di fregna che neanche a via Libetta‘ e furiosi litigi con un ventenne solo e soltanto perché ti ha dato del ‘lei’.

Se Luca si è stufato di caricare la sveglia alle ore 12:00, Luigi è in crisi perché non riesce più a farsi la 3° ‘pippa’ del giorno, mentre Matteo è diventato intollerante alle canne. Sacrilegio. Il viaggio dei tre eroi verso la pace interiore varcherà quindi le porte del lavoro, con il leggendario Universo Bangli che ossessionerà il barbuto Vecchi, desideroso di lavorare ‘senza lavorare’ aprendo proprio uno di quei negozietti in cui trovare più o meno tutto e a poco prezzo che a Roma sono solitamente gestiti dai bangladesi. Ma lui, è evidente, bangladese non è. Tra allucinazioni varie (stupenda la passeggiata al Pigneto) e un corso intensivo alla Bruce Wayne guidato dal mitico Giancarlo Esposito di Breaking Bad (colpo di genio), la Bangli Corporation diverrà la punta dell’iceberg comico da cui i the Pills possono a ragion veduta sventolare la bandiera dell’impresa riuscita.

Perché con tutti i limiti strutturali del caso, vedi ripetitività di alcuni sketch già visti altrove, la scarsa compattezza delle gag e la già citata romanità che potrebbe tramutarsi in boomerang, Sempre meglio che Lavorare vince la sfida della sala cinematografica proprio perché riuscito a non snaturare i suoi tre autori, rimasti fedeli ad una comicità generazionale figlia del web, cinefila, cattiva e irriverente fino all’eccesso (con colonna sonora che spazia da I Cani a Calcutta passando per i The Giornalisti). Tanto dall’accettare il rischio di un limitato bacino di pubblico a cui mostrarsi, suscitando condivisione persino nei confronti della metafora esistenziale dell’anno. Che ha come protagonista la ‘cicorietta de mamma‘, tanto odiata da bambini eppure così amata ed agognata una volta invecchiati. Con annessa ed inevitabile crisi d’ansia nei confronti del tempo che scorre. Inesorabilmente…

[rating title=”Voto di Federico” value=”6.5″ layout=”left”]

The Pills – Sempre meglio che lavorare (Ita, commedia, 2015) di Luca Vecchi; con Luca Vecchi, Luigi di Capua, Matteo Corradini, Mattia Coluccia, Margherita Vicario, Betani Mapunzo, Francesca Reggiani, Giancarlo Esposito – uscita giovedì 21 gennaio 2016.