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The Spirit of ’45: recensione in anteprima del documentario di Ken Loach

Ken Loach con il documentario The Spirit of ’45 ci invita a tornare allo spirito con cui il Partito Laburista riportò in piedi l’Inghilterra dopo il secondo conflitto mondiale. Un documentario che non è una lezione di Storia, ma di filosofia politica: Loach è sempre vicino alla gente, e lo dimostra ancora una volta. In uscita in Italia, Francia, Germania e Spagna il 12 settembre grazie al progetto Speed Bunch di Wild Bunch.

pubblicato 19 Luglio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 11:53

La Seconda Guerra Mondiale è finita: la gente esce per le strade di Londra, si rovescia su Piccadilly Circus ballando, abbracciandosi ed esultando. Inizia con queste immagini di repertorio The Spirit of ’45, ma subito dopo pone una domanda che all’epoca ha fatto tremare tanto quanto lo scoppio del conflitto mondiale: e adesso?

Ken Loach riparte dagli anni 30 per raccontare lo sviluppo e i cambiamenti della sua patria. Riparte da un decennio buio, in cui l’Inghilterra era una potenza che aveva colonie ovunque, ma soffriva di una clamorosa disoccupazione di massa interna e di una povertà che costringeva migliaia di persone a vivere in bassifondi sporchi e investiti dai parassiti, come quelli di Liverpool.

Il regista ragiona sulle conseguenze dei 6 anni di guerra nel paese: 6 anni che seguirono a quel decennio buio, e che aveva costretto l’economia del paese in ginocchio. Proprio da questo stato di crisi totale l’Inghilterra trovò la forza di rialzarsi e ripartire alla grande, grazie soprattutto alle prime elezioni post-conflitto che segnavano un’entrata “a sorpresa” nella mappatura politica del paese: il Partito Laburista di stampo socialista.

Il Partito Laburista è quello che si contrappose al conservatore Churchill, all’epoca rispettato e amato da tutto il popolo, poi mano a mano sempre più fischiato durante la campagna elettorale nelle piazze. Il Partito Laburista puntava, basandosi sul Rapporto Beveridge di appena tre anni prima, a creare un’Inghilterra in cui i beni economici, politici, sanitari e culturali fossero accessibili a tutti.


Loach – che oggi voterebbe quel Partito Laburista, e non quello che è diventato oggi – ripercorre le tappe che portarono dalla “schiacciante vittoria dei laburisti” (come titolavano i giornali dell’epoca) alla ricostruzione di Londra e di tutta l’Inghilterra. Partendo dalla situazione economica più terribile da immaginare, l’Inghilterra iniziò pian pian una pratica di nazionalizzazione che annullava la distanza tra Stato e cittadino, puntando a non offrire più la possibilità ai privati di arricchirsi alle spalle di lavoratori sottopagati e sempre in pericolo di vita.

Il Partito Laburista introdusse per primo il servizio sanitario nazionale (il National Health Service) grazie al ministro Aneurin Bevan, che impediva così il profitto del medico sul paziente. Passò poi alla rete ferroviaria con la British Railways, nazionalizzò le miniere, l’elettricità, il gas e via dicendo. In cinque anni l’Inghilterra era rinata, c’erano New Town e nuovi quartieri strutturati in modo ragionato, e nuove case popolari per persone che una casa non l’avevano mai avuta prima.

Un governo senza paragoni nella Storia, secondo i testimoni e secondo Loach. Prima che nel 1979 arrivasse Margaret Thatcher con la sua politica conservatrice e liberista. Che non è per forza di cose mai stata simpatica a Loach, ovviamente: il regista non fa nulla per nascondere le sue idee neanche con questo suo nuovo lavoro…

Un regista con un punto di vista: accidenti! The Spirit of ’45 si porta dietro alcuni tarli pesanti come macigni che lo rendono inutile agli occhi di molti: il fatto che Loach è da sempre rappresentato come il “rosso”, sempre schierato (non lo ha mai nascosto), quasi un regista “di partito” (e qui invece i detrattori sbagliano, e di grosso). Quindi, la sua visione del mondo – e della Storia – è distorta.


Non staremo qui a prendere le difese di Loach: sono anni che si discute sull’utilità dei suoi film, sia di fiction che documentari. The Story of ’45 è, come si dice in inglese, one-sided, parziale. Non piace alla Destra perché Loach la attacca direttamente, non piace alla Sinistra perché non esiste più una Sinistra che crede in quel socialismo, e che quindi non perde occasione per attaccare il regista: si pensi all’articolo sul Guardian che, non senza ragione, strillava che il punto di vista del film è rappresentato solo dai bianchi.

Però chi attacca Loach per non essere imparziale forse non coglie l’operazione di fondo del film: che è quella di ridare la voce alle persone, e riportare la working class al centro della Storia. Che è poi tutto il fine del cinema del regista. Loach intervista medici, infermieri, minatori, operai, persone che hanno vissuto tutti i cambiamenti del paese dai terribili ’30 fino a oggi.

Certo, poi ci sono gli attivisti politici o gli economisti: ma il cuore pulsante del film è la gente che, dopo essere tornata dalla Guerra, pensava che nulla era impossibile dopo aver sconfitto il nazi-fascismo. Alcuni racconti degli intervistati, soprattutto nel segmento che riguarda la sanità, sono “di pancia”, e quindi dalla facile presa emotiva. Ma sono cose su cui si passa sopra conoscendo la passione del regista, che sta sempre vicino a quelle persone e non le sfrutta mai.

Raccontato tutto in bianco e nero, per mantenere un’omogeneità tra il ricchissimo materiale di repertorio e le interviste dirette, The Story of ’45 non è una lezione di Storia, ci mancherebbe altro. È semmai una “lezione” di filosofia politica: e in questo il documentario sta avendo un bel successo a livello pratico. The Spirit of ’45 sta infatti girando in questi giorni per le sale inglesi, ed ha scatenato un salutare dibattito. E, nonostante alcune critiche, il pubblico sembra aver nuovamente capito il punto di vista di “Ken il rosso”: che vuole “semplicemente” che la società sia più equa, giusta, sana. Umana.

Voto di Gabriele: 7

The Spirit of ’45 (Gran Bretagna 2013, documentario 94′) di Ken Loach. Uscita in sala il 12 settembre 2013.