The Tree of Life: le recensioni della carta stampata
Cosa hanno scritti i giornalisti del film di Terrence Malick? Ecco qualche estratto dalle recensioni
The Tree of Life di Terrence Malick ha vinto il Festival di Cannes 2011, Cineblog lo ha amato (ecco la nostra recensione), voi l’avete giudicato così e i critici della carta stampata come lo hanno accolto? Ecco qualche stralcio per discutere con voi. Il disegno qui sopra è opera del nostro vignettista Andrea Lupo.
Paolo Mereghetti – Il corriere della sera: (…) qui si ha l’impressione che il regista si sia fatto guidare dall’intuito, dalla visionarietà, dall’ambizione, senza chiedersi fino a dove la sua scommessa fosse intellegibile. Così, dopo essersi fatti affascinare da immagini straordinarie, dopo aver seguito la scoperta delle durezze della vita attraverso gli occhi di un adolescente e aver capito che il sogno americano (inculcato dal padre Brad Pitt e messo in opera dal figlio Sean Penn) rischia di farci perdere il senso profondo della realtà, restiamo comunque con qualche dubbio, come di fronte a un’opera di cui si ammira l’ambizione ma che finisce anche per esserne un po’ soffocata.
Giacomo Visco Comandini – Il Riformista: (…) Il merito di Malick è di condurre lo spettatore in un viaggio extracinematografico, utilizzando però armi convenzionali del cinema: un montaggio di suoni, immagini, musica. Il regista texano vola alto, anzi altissimo per sollevare il suo sguardo sull’universo. Realizza un requiem sulla morte e sulla vita (…) La forza di Tree of Life è allo stesso tempo il suo difetto ovvero quello di concedere allo spettatore una sola possibilità: o abbracciare o abbandonarsi completamente a questo viaggio oppure rinunciare a tutto e tornare a casa. (…) il nuovo Malick è un film da un colpo solo: prendere o lasciare.
Mariarosa Mancuso – Il Foglio: C’è uno splendido film nascosto dentro “The Tree of Life”. E’ la storia di una famiglia texana, nei magnifici anni Cinquanta (…). Per trovarlo bisogna farsi largo tra molta zavorra filosofica-poetica, fotografata in modo da levare il fiato ma di non eccelsa qualità. (…)
Federico Pontiggia – Il Fatto Quotidiano: (…) una cosmogonia assoluta, totalitaria e iper-americana, che rivela il senso della vita per il regista, am solo per lui. Affascinante, ambiziosissimo, irrisolto (…)
Silvio Danese – La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno: (…) E’ un film di poesia. Chiaro e profondo. Disponibile a fragorosi rifiuti. (…) un film pensante, filosoficamente stereofonico, di emozioni forti e dirette, avvolto dalla musica di Mahler e Bach. (…)
Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: (…) Forse The Tree of Life è opera non sempre calibrata, ma quanti film ci regalano l’emozione di penetrare in una dimensione dell’anima?
Alberto Crespi – l’Unità: (…) È un film totalmente anti-narrativo, in cui le tracce di “trama” vengono cancellate dal montaggio, dalla musica, dall’azzeramento dei dialoghi, dalle incessanti voci fuori campo. (…) Due cose possiamo dire: la magnificenza formale del film è persino esagerata, e nessuno ha mai filmato dei neonati con tanta grazia e tanto amore. (…) Il film esce il 18 distribuito da 01. Andateci, fatevi la vostra opinione. Non ascoltate nessuno. Piaccia o non piaccia è cinema puro, e con purezza va vissuto.
Stenio Solinas – il Giornale: (…) L’insieme è un sermone, un numero illustrato del National Geographic, uno spaccato del Midwest e dell’individualismo made in Usa. Un po’ troppo eppure troppo poco, perché l’innesto fatica ad attecchire, la grandezza visionaria raggiunge il manierismo, la storia in sé (padre duro e insoddisfatto delle proprie realizzazioni che vorrebbe imporre ai figli la propria volontà, madre dolce e comprensiva, ragazzi ribelli in cerca del proprio io) abbastanza tradizionale. Naturalmente, Malick conosce il mestiere, e lo conosce bene: gli attori, Brad Pitt in primis, rispondono magnificamente, luci costumi, inquadrature sono da manuale, la sensibilità estetica che gli è propria permette degli effetti pittorici di grande suggestione, c’è un uso sapiente della tecnologia.(…)
Sukhdev Sandhu – The Telegraph: Dopo una prima visione, devo confessare di essere deluso. Anche se ha scene di grande bellezza, e ti trasmette la sensazione che qualcosa di importante stia per accadere, assomiglia a una parodia di Malick fatta da uno che lo detesta (…)
Peter Bradshaw – The Guardian: Film folle e magnifico (…) un’epopea cosmica e intimistica di proporzioni superbe, un rimprovero al realismo, un disconoscimento di ironia e commedia, una riflessione sulla memoria (…) Non è un film per tutti (…). Questo è cinema visionario di sfacciato livello, grandissimo cinema.
Mark Adams – Screen Daily: Una sinfonia cinematografica più che un classico film, The Tree Of Life ha momenti di splendida bellezza visiva e auditiva ma alla fine si prova nostalgia per i tempi de La rabbia giovane, I giorni del cielo o La sottile linea rossa. Quando il cineasta texano era in grado di girare bene. Nei suoi film precendenti, il senso di meraviglia per i misteri della natura, del cosmo, dello spirito umano erano sempre presenti ma sullo sfondo. In The Tree Of Life invece prendono il sopravvento sulla storia e il risultato è un credo cinematografico sulla trascendenza spirituale (…)
Todd McCarthy – Hollywood Reporter: The tree of life è un’opera singolare, un’indagine impressionistica e metafisica sul posto che l’uomo occupa nel grande schema delle cose. (…) è una riflessione sull’imponderabile, è un’opera che si pone le domande che gli uomini di fede e di pensiero si pongono da millenni. Un’opera che costringe alla riflessione e come tale non un film per le masse (…) un film eccezionale (…). Brad Pitt in una delle sue migliori interpretazioni.
Luis Martínez – El Mundo: Capolavoro o bufala? Probabilmente entrambe. Terrence Malick è entrato nella categoria degli artisti affetti da se stessi. (…)
Massimo Bertarelli – Il Giornale: Non è un fulmine di guerra l’introverso regista texano Terrence Malick, che ha cominciato la carriera nel 1973 e a Cannes ha portato la sua quinta opera. Una ogni sei e mezzo dunque. Tutte noiosissime. Tanto è vero che la critica snob ne va pazza. Dicono che non ami farsi fotografare, di sicuro non concede interviste e la leggenda vuole che il suo studio sia precluso perfino alla moglie. Chissà se alla poveretta verrà risparmiata la visione del suo ultimo film, The Tree of Life, che non sarebbe neanche brutto se non fosse infestato da due interminabili e incomprensibili parentesi filosofeggianti sulla nascita del mondo e sul senso della vita. […]
Curzio Maltese: L’opinione di chi scrive è che The tree of life sia il più straordinario dei film visti in concorso, ma anche un capolavoro contenuto e quasi imprigionato in una crisi mistica di arduo fascino. Nel’essenza del racconto centrale, il film è un Amarcord texano di rara poesia, una delle più potenti storie sulla famiglia raccontate al cinema in questi anni. Per quanto si sa della vita di Malick, cioè quasi nulla, dovrebbe essere autobiografica, visto che tratta dell’infanzia del piccolo Jack in una religiosissima famiglia di Waco, Texas, negli anni 50. […]
Alessio Guzzano: Il western della Frontiera, la guerra (invisibile) nel Pacifico, una prua che svergina le Americhe (immagini sublimi): il cinema di Terrence Malick, è sempre un magma penetrante, un mondo in espansione, l’esperienza della creazione di coscienze. Qui va oltre e partorisce l’intero cosmo: un Film-Big-Bang che segue la densa linea verde della linfa dell’amore fino all’Albero della Vita. Malick non è Kubrick, a cui basta un gesto tra scimmie per spiegare l’intera evoluzione (maligna) della Storia. Non solo perché collassa in 140 minuti (di)vaganti, non solo perché fa un tracotante uso a drappo della musica classica che per Sir Stanley era un arazzo, ma perché Malick è un Saggio Buono. L’odissea di questo capolavoro a metà vola oltre i cancelli di ogni cielo e trova cascate, onde, girasoli, invocazioni, lava, meteore, dinosauri, una ferrea fede in un dio assente (ma c’è un paradiso da “Hereafter” con una Mano Nodosa…). Parte da Giobbe e ne esige la pazienza; lancia grida di dolore tra le foglie con voci che hanno echi struggenti, poi vola sul filo dell’acqua di Nicholas Sparks; scava nelle parole care per trovarvi un Vasto Senso tra Grazia e Natura (Beckett, che è un saggio e basta, le lascia rimbalzare nella loro impossibilità di averne ancora uno). Le geometrie della solitudine e del dubbio assalgono Sean Penn tra ponti e grattacieli e lo spingono a ricordare l’adolescenza: padre severo che non si lascia chiamare ‘papà’ ma sa riflettere sulla vergogna (Brad Pitt, eccellente), madre satellite/buono, un fratello scomparso, l’altro pure ma senza un perché. Cristalli di vita non ordinati, perle di un racconto terreno intenso. Erano solo il pretesto per arrivare alle Grandi Domande bollite dai geyser e al National Spiritual Geographic? Vabbè, ce lo siamo goduto. E tanto. Malick dà. Malick non toglie. Il dolore resta.
…E se ve le siete persi:
– Ecco l’analisi del film da parte del nostro blogger Gabriele.
– E il trailer italiano