The wolf of Wall Street: le recensioni dagli Usa e dall’Italia
Un’occhiata alle recensioni di “The wolf of Wall Street” diretto da Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio
Ho visto ieri The wolf of Wall Street e… Wow! Che film! Splendido Leonardo DiCaprio, molto bravo Jonah Hill, veramente notevole la regia di Martin Scorsese… bello bello. Dopo aver letto la nostra recensione ho deciso di guardare anche le critiche dei giornalisti Americani e Italiani. Su Rotten, mentre scrivo, la percentuale delle recensioni positive è del 77%. A voi è piaciuto quanto a me? E intanto facciamoci la fatidica domanda: Leo si porterà a casa il sospirato Oscar?
Richard Brody – New Yorker: Scorsese scatena una furiosa energia cinetica, squisitamente controllata, con tanto di effetti speciali, fantasie soggettive e una vorticosa coreografia su grande scala.
Christopher Orr – The Atlantic: il film è una splendida commedia nera: veloce, divertente e straordinariamente sporca.
Mick LaSalle – San Francisco Chronicle: Anche se “Toro Scatenato” è il più grande successo di Martin Scorsese, “The Wolf of Wall Street” è in corsa per il posto numero 2.
Peter Rainer – Christian Science Monitor: DiCaprio non sembra a suo agio nel ruolo, nonostante i suoi atteggiamenti.
Moira MacDonald – Seattle Times: Come Jordan Belfort, DiCaprio è un rettile, sputa fuori le sue battute con gioia. Sarete inorriditi e affascinati da questo mostro in Armani.
Joe Williams – St. Louis Post-Dispatch: Scorsese, come sempre, sa esattamente quello che sta facendo.
Colin Covert – Minneapolis Star Tribune: tre ore di momenti sorprendenti, il 99 per cento edonistici e divertenti.
Richard Roeper – Richard Roeper.com: buono, ma non un eccezionale Scorsese.
Dana Stevens – Slate: lascia il pubblico infastidito.
Jessica Herndon – Associated Press: una commedia dark che mette in luce un mondo ricco di droga, auto veloci e jet privati.
David Denby – New Yorker: incessante e assordante.
Rafer Guzman – Newsday: il racconto epico di Martin Scorsese è troppo lungo e, a volte manca il segno, ma è il film più divertente del regista.
Joe Neumaier – New York Daily News: delirante, maniacale, una commedia amorale che mette alla prova il gusto del pubblico.
Randy Myers – San Jose Mercury News: DiCaprio colpisce il jackpot.
Claudia Puig – USA Today: assurdamente divertente, anche se più simile a “Quei bravi ragazzi” nella sostanza e nella struttura.
Peter Travers – Rolling Stone: Le risate sono spietate e senza sosta, ognuna con un pungiglione nella coda.
Keith Uhlich – Time Out New York: Il lupo di Wall Street è una bestia scivolosa, sia accattivante che repellente sulla superficie, difficile da definire e sfuggente in modi che ho trovato inebriante.
Rex Reed – New York Observer: I set sono incantevoli. La fotografia abbaglia.
Tom Huddleston – Time Out: una tragedia moderna, che ci ricorda quanto sia divertente Scorsese quando è di umore allegro.
Lou Lumenick – New York Post: Bello, sporadicamente divertente e certamente mai noioso; ma anche gonfio, ridondante, volgare, informe e inutile…
Scott Foundas – Variety: Un grande baccanale indisciplinato tenuto insieme per pura forza dell’energia furiosa di Leonardo DiCaprio che potrebbe svegliare i morti.
Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: (…) Il nocciolo è il seguente: è moralmente corretto portare sullo schermo, senza alcun (almeno apparente) filtro critico, le plateali gesta di un truffatore tossicomane e sessuomane? Non si rischia di farne la celebrazione? Soprattutto se il film è firmato da un maestro del cinema come Martin Scorsese e se il personaggio è impersonato da un divo con la faccia d’angelo come Leo Di Caprio (…) La nostra impressione è che Scorsese sia rimasto colpito non tanto dal personaggio, quanto dal quadro d’insieme che emerge dallo spaccato di vita (…) nel loro rutilante squallore, alcune scene di questo film sferzante seppur disuguale rimarranno nella storia del cinema.
Roberto Escobar – L’espresso: I dialoghi, le situazioni, il montaggio, tutto è come fosse visto e raccontato direttamente dai protagonisti. Non c’è, o non sembra esserci, una moralità esterna. È il trionfo indiscusso e indiscutibile dell’avidità, e insieme quello di uno stile di vita. La Stratton Oakmont è l’America, dice Jordan. Ma si illude, almeno in parte. E infatti a lui accade quello che agli altri lupi più blasonati, e più wasp, non accade. L’Fbi lo indaga, lo incastra, lo costringe a collaborare, lo fa condannare e ne chiude la carriera. Tutto il resto non cambia. E in fondo nemmeno lui. Abbandonata la Borsa, torna a far soldi tenendo corsi “motivazionali”. Detto altrimenti: insegnando a vendere penne sul mercato dei gonzi. Perso il pelo, il vizio resta.
Paolo D’Agostini – la Repubblica: (…) L’effetto è travolgente, malgrado le tre ore di durata. Ma tanta sfrontatezza, e tanta comicità, non sembrano appartenere a Scorsese. Chissà che proprio questa volta, con un film per lui così anomalo, non finisca per aggiudicarsi quell’Oscar al miglior film che mai ha ricevuto prima.