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Tim Hetherington: Dalla linea del fronte – Recensione in Anteprima

Il lavoro del fotoreporter Tim Hetherington attraverso foto e filmati sul campo, per scoprire quel che la guerra non dice ma che pochi come il giornalista anglo-americano hanno mostrato

pubblicato 28 Marzo 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 03:04

Liberia, 1999. È questa una tappa fondamentale per Tim Hetherington, fotogiornalista appena sbocciato, perché fino a quel momento è ancora in cerca della sua vocazione. Termine tutt’altro che estraneo ad un ragazzo che ha studiato presso i gesuiti e poi ad Oxford, e che dopo aver conseguito la laurea viaggia, viaggia tanto. Suo padre dirà che, una volta partito per l’India, non si riuscì a trovare il modo di farlo tornare.

Spirito inquieto, come sono tutti coloro che combinano realmente qualcosa, Tim incappa per sbaglio in un corso di fotogiornalismo; l’appuntamento che gli cambia la vita. Siamo nel 1996 e Tim decide di tornare a studiare; ciò che è cambiata è la consapevolezza del diretto interessato, un processo che abbiamo voglia a ricostruire: non riusciremo mai a dargli una forma veritiera, figurarsi completa. Sta di fatto che il giovane Timothy Alistair Telemachus s’impone da subito come una figura atipica, uno che ammette candidamente di non essere interessato per nulla alla fotografia. Ma cos’è allora che lo attrae?

Franco Pagetti, anch’egli fotoreporter nonché amico di Hetherington, lo descriverà come una sorta di poeta: «Tim scattava foto in quei contesti come avrebbe potuto dipingere quadri o scrivere versi». Si dirà che questa altro non è che una versione a posteriori per lo più motivata dalla stima e dall’amicizia, ma i maliziosi dovrebbero poi vedere alcune sue foto. C’è un momento, durante la guerra in Afghanistan, che la dice lunga in merito a quale fosse la precisa idea di Tim. Siamo nella valle di Korangal, dove di stanza si trova un gruppo di militari americani: tutti giovanissimi, vengono dalle zone meno glamour degli USA. Al contempo ciascuno di loro, a suo modo, è il prototipo del soldato americano, il vincitore per eccellenza, l’intrepido che ristabilisce la pace dovunque è impegnato, elargendo democrazia a colpi di mitragliatore. Ebbene, proprio lì, in quella conca geografica dimenticata dal Signore, il fotoreporter ha un’illuminazione: perché non fotografare i ragazzi mentre dormono?

E così avviene. Sono immagini che stonano proprio perché reali; non c’è ironia, né accondiscendenza, solo la cruda realtà dei fatti, che vuole questi ragazzi ciò che sono per l’appunto: ragazzi. C’è chi si accuccia in posizione fetale, chi invece si sbraga spalmandosi nella branda. Ma sono i loro volti che ci colpiscono, quelli che non diresti mai appartenere a persone che qualche ora prima o qualche ora dopo ha fatto la guerra, quella vera. Da questo reportage, pubblicato poi su Vanity Fair, si evince quale fosse il “pallino” di Tim Hetherington, cosa davvero lo muovesse: «niente come la guerra unisce così tanto», dirà all’incirca. Dal canto suo, una constatazione. E state sereni, perché il senso è esattamente questo in ogni caso.

Un’affermazione che spazza via tanti di quei luoghi comuni, di quelle cose dette tanto per dire, che non se ne coglierà mai a pieno la portata finché non ci si troverà in situazioni analoghe. Ciò che colpisce è la lucidità attraverso cui Tim dimostra la sua tesi, senza celare le contraddizioni, i limiti e tutto quel bagaglio umano che nel bene e nel male la guerra esaspera. Anche nel bene, certo. Forse soprattutto. I soldati in guerra sono come fratelli: «qui non importa chi sei, quanti soldi hai, come vesti, quanto è bella la tua ragazza», dice uno di quei soldati, «qui siamo tutti gli stessi». È paradossale, ogni volta, rendersi conto che nessun’altra cosa su questa terra azzeri le differenze come la guerra. A dispetto dell’impegno, peloso o meno, di ristabilire uguaglianza anche attraverso il conflitto, ma per amore della pace. Un inghippo tremendo, su cui l’arguto fotoreporter non emette sentenze; sebbene si capisca verso dove penda il suo cuore, lui che tutto sembra fuorché un guerrafondaio, anzi. Ne ha viste abbastanza per idolatrare una cosa del genere, che però esiste; perciò non ci si può semplicemente girare altrove.

Nel 2010 infatti Hetherington, insieme al collega Sebastian Junger, firma il documentario Restrepo, poi candidato agli Oscar. In quei giorni Tim appare insofferente, e non fa nulla per celare questo suo stato d’animo. Quando una giornalista gli domanda cosa lo spinge a rischiare la vita in quei conflitti, l’intervistato risponde secco: «forse è qui che dovrei indossare un giubbotto antiproiettile». però è Los Angeles, anzi Hollywood, e Tim si appresta a partecipare all’evento principe dello showbiz americano. C’è poco da fare, non è quello il suo mondo.

Malgrado dunque ciò che qualche tempo prima aveva dichiarato, ossia che non avrebbe più partecipato ad alcuna spedizione in zone a rischio, nel 2011 Tim parte per la Libia. La decisione non viene presa a cuor leggero: le settimane che precedono la partenza sono tormentate, più di una persona gli sconsiglia di intraprendere quel viaggio. C’è chi addirittura gli fa notare che quella guerra non gli appartiene, non è la sua. Tutto inutile. La voce interna di Tim vince su tutto e su tutti, “forzandolo” a partire per Misurata. Lì, il 20 aprile, Tim Hetherington concluderà il suo viaggio. La guerra per lui è finita. Una volta per tutte.

Ripercorrendo alcune delle tappe della sua carriera attraverso questo documentario a lui dedicato, ciò che più colpisce è la dedizione e la passione con cui Tim (che oramai sembra quasi un conoscente) si diede al suo lavoro. Perché nonostante tutto di questo si trattava, un’occupazione. Qualcosa che però lui ha impreziosito ed elevato a tal punto da lasciare il segno. Tim Hetherington: Dalla linea del fronte è solo uno stralcio, un piccolo contenitore di frammenti circa un uomo alle prese con ciò che faceva per vivere – letteralmente, non semplicemente per sbancare il lunario. Senza alcuna introspezione, sbirciando sulla vita del suo protagonista prediligendo soffermarsi anzitutto sul suo lavoro. Se ne vorrebbe di più, ma certe esigenze devono avere la meglio: tutto di guadagnato se ciò contribuisce alla proliferazione dell’opera. Tanto che alla fine la scomoda e forse inutile domanda resta irrisolta: Tim si è spinto troppo oltre? Non saremmo certo noi anche solo a tentare una vaga risposta.

Voto di Antonio: 7,5

Tim Hetherington: Dalla linea del fronte rientra nel progetto Sala Bio, che ogni settimana propone un film incentrato su storie particolari. A questo indirizzo trovate tutti i dettagli. Il film in questione uscirà in sala il 3 aprile, distribuito da I Wonder Pictures. Toccherà poi alla laEffe, che lo trasmetterà in TV mercoledì 16 aprile, alle ore 22,25. Feltrinelli Real Cinema curerà invece l’edizione DVD.