ToHorror 2011: Eaters – trailer italiano e recensione del film di Luca Boni e Marco Ristori
Zombie-road-action-movie italiano: dopo una catastrofica epidemia che ha decimanto l’umanità, alcuni superstiti cercano di sopravvivere, sperando di poter trovare una cura, districandosi tra morti viventi e vivi dementi.
L’umanità è stata quasi del tutto annientata da un’epidemia che ha trasformato le persone in zombie colpendo (e facendo estinguere) prima le donne. Dei pochi uomini rimasti, seguiamo le vicende di uno sparuto gruppetto in una metropoli distrutta, ma non meglio identificata e in particolare di due cacciatori di morti viventi, Igor e Alen, che si muovono sulla loro jeep alla ricerca di cavie (ovvero zombie) per il dottor Gyno, che si spera possa trovare un antidoto al morbo, ma che sembra in realtà più propenso a considerare la malattia come la possibilità di un salto evolutivo.
Durante il loro girovagare, i due cacciatori incontreranno una variopinta umanità sopravvissuta, tra cui un pittore sui generis (che in qualche modo ricorda il Berto Consalvi de L’uccello dalle piume di cristallo), una congrega di neo-post-nazisti capeggiati da un nano in stile David Lynch e l’Untore, considerato da molti il diffusore dell’epidemia (e interpretato da Steve Sylvester, momento di grande commozione), fino a giungere alla scoperta dell’origine del male che ha annientato l’umanità.
Rielaborazione in lungo del cortometraggio I mangiatori, di Marco Ristori, del 2003, Eaters è un film anomalo nel panorama italiano, anche in quello underground. Prodotto dal tedesco Uwe Boll e distribuito in home video all’estero, è uno zombie movie on the road, apocalittico e tamarro.
Lontano anni luce da quelli che erano i classici film di zombie italiani in stile Fulci, è più vicino alla moderna contaminazione con l’action di pellicole come 28 giorni dopo o Resident Evil, di cui mutua anche l’estetica contrastata e videoclippara. E proprio quest’estetica, pur nelle ristrettezze di budget, risulta la cosa più interessante di tutto il film, insieme ai buoni effetti speciali e alle scenografie, reali e digitali, non tanto per la riuscita finale (molto buona ma pur sempre low-budget), quanto per l’ambizione e lo sforzo profuso.
Quello che invece non funziona troppo bene è la sceneggiatura, che si fonda su elementi tipici del genere, senza aggiungere granché, che si sviluppa in modo un po’ monotono nella parte centrale, infila alcune scorciatoie per spiegare allo spettatore in modo fin troppo chiaro come sono andati i fatti, ma soprattutto che mette in bocca ai personaggi (soprattutto Igor) una serie interminabile di battute da film d’azione di epoca reaganiana che vorrebbero essere a effetto, ma che neanche Chuck Norris avrebbe il fegato di pronunciare. Per non parlare dell’incredibile scelta dei nomi dei personaggi, tra i più assurdi mai sentiti in un film, che sembra una stupidaggine, ma toglie credibilità al mondo che si sta cercando di costruire.
Detto questo, il film scorre ed è anche divertente, alcune scene sono azzeccate, qualcuna proprio ben riuscita (qualcuna invece un po’ goffa, ma è la maledizione di non avere abbastanza soldi) e gli zombi, anche se pochini, sono molto ben realizzati.
A questo punto però, mi sento di fare un ragionamento più generale. Sebbene sia apprezzabile lo sforzo di realizzare un film di questo genere, che ambisce a una dimensione internazionale (e di fatto la raggiunge, vista la distribuzione inglese, per quanto direct to video), con molta post produzione sulle immagini e un’estetica tra il videoclip e il videogioco che può anche non piacere, ma almeno non è quella da soap opera di tanti film italiani contemporanei molto più gettonati, quello che sembra mancare agli horror italiani di oggi (con riferimento anche ad altri film visti al Tohorror) è una visione del mondo.
Che cosa si vuole raccontare? Insomma, il genere horror, incanalando e rappresentando le paure e le angosce dell’immaginario, è sempre stato lo specchio della società, di cui ha denunciato le storture e anticipato i movimenti, con il linguaggio crudo e primordiale del sangue. Gli horror americani, anche i peggiori contemporanei, hanno comunque, in genere, una loro attinenza con la realtà, il torture porn, monotono, morboso e voyeristico quanto si vuole, racconta intrinsecamente l’ossessione del visibile dei giorni nostri e, a livello sociale, la violenza delle guerre “giuste” del primo decennio di questi anni 2000 (come efficacemente sintetizzato da Shadow, alla fine, probabilmente, il miglior horror italiano degli ultimi anni, nonostante tutti i suoi limiti).
Ma film come Eaters, stringi stringi, di cosa parlano? Una volta che scorrono i titoli di coda, cosa ci resta? Quali inquietudini e quindi quali riflessioni hanno stimolato, dopo averci colpito alle parti basse e accelerato il ritmo della nostra circolazione sanguigna? Perché questo dovrebbe fare l’horror. E siccome in Italia di orrori ce ne sono di ogni tipo da rappresentare, perché investire tutte queste meritevoli e talentuose energie in un film-videogioco che poi tanto non può competere con un Resident Evil qualunque perché non ne potrà mai raggiungere la ricchezza visiva?
L’impressione è che, come accadeva anche in molti film di serie B dei gloriosi anni ’70, nell’horror italiano spesso si tenti più di imitare l’estetica di quello americano (o giapponese che sia), senza capirne realmente l’essenza e i contenuti e senza cercare di rappresentare attraverso i mostri di fantasia quelli della nostra realtà. Ma se un tempo lo scarto visivo del risultato poteva anche non essere così evidente, perché le tecniche, alla fin fine, erano più o meno le stesse, e quindi almeno su un piano formale la competizione reggeva, oggi il cinema spettacolare americano ha abituato lo spettatore a meraviglie visive con le quali può essere molto frustrante confrontarsi, se non si hanno i mezzi.
Quindi, la domanda è, perché continuare a produrre storie che ricalcano i punti più superficiali dei film mainstream e mostrano allo spettatore quali film sono piaciuti ai loro autori e invece non cercare di trovare un modo nuovo e autonomo di rappresentare, all’interno del genere horror, la società contemporanea?
Nota filozombica: nell’eterna diatriba tra zombie che corrono e zombie che ciondolano goffamente, il film prende una posizione un po’ cerchiobottista, mostrandone alternativamente alcuni caracollanti e altri molto più agili. Va anche detto che gli zombie del film sono in evoluzione, quindi la cosa potrebbe anche avere un senso.
Voto Fulvio: 6
Voto Carla: 4,5
Eaters (Italia, 2011 – horror – 94′) Regia di Luca Boni e Marco Ristori. Con Alex Lucchesi, Guglielmo Favilla, Claudio Marmagi, Rosella Elmi, Elisa Ferretti, Riccardo Floris, Fabiano Lioi, Roberto Mariotti, Paolo Spartaco Palazzi, Matteo Cantù, Luca Candotti, Francesco Malcom
Eaters è distribuito in DVD, in edizione inglese, da Chelsea Films. Vi rimando poi all’intervista di Cineblog ai due registi.