Torino 2010 – Commenti a caldo su Las marimbas del infierno, Red Hill, Soul Boy e The Legend of Beaver Dam
L’edizione del Torino Film Festival numero 28 è iniziata alla grandissima, con autori celeberrimi che presentano le loro nuove, attese e belle opere (Boyle, Carpenter, Araki), un concorso che inizia a mostrare sia lati positivi che negativi, e altre belle sorprese. Ce n’è per tutti i gusti, ma la media è già notevole, e siamo
L’edizione del Torino Film Festival numero 28 è iniziata alla grandissima, con autori celeberrimi che presentano le loro nuove, attese e belle opere (Boyle, Carpenter, Araki), un concorso che inizia a mostrare sia lati positivi che negativi, e altre belle sorprese. Ce n’è per tutti i gusti, ma la media è già notevole, e siamo solo all’inizio…
Las marimbas del infierno – di Julio Hernandez Cordon (Concorso)
Don Alfonso è vittima di un’estorsione. Temendo per la sua incolumità e soprattutto per la sua marimba (lo strumento tipico del centro-America), fugge via, dopo essere anche stato licenziato dal posto in cui lavora. Il figlioccio gli presenta Blacko, mitico esponente della scena underground guatemaltese, per poter fondere con originalità le sonorità della marimba con l’heavy metal…
Le premesse ci sono tutte. In primis una storia che parte da attori che interpretano se stessi, con una voglia di aderire alla realtà che però non si ferma solo all’aspetto documentario, ma si fonde con la fiction e con il genere della commedia. Per stemperare un argomento difficile e complesso, spesso tragico, con una risata.
Il film di Cordon ha quindi le carte in regola per poter colpire critica, pubblico e giuria del festival, ma ha un problema di fondo non da poco: si ha l’impressione guardando la pellicola di assistere ad un prodotto un po’ sfilacciato, senz’altro ispirato alla base ma con poca ispirazione di regia. Il che rende il risultato finale monotono e deludente, anche se a tratti simpatico.
Voto Gabriele: 5
Red Hill – di Patrick Hughes (Festa mobile)Shane Cooper è un giovane agente di polizia che ha chiesto il trasferimento. Assieme alla moglie incinta arriva nella cittadina di Red Hill, ed è pronto per il suo primo giorno di lavoro. Ma un’evasione getta nel panico le autorità locali: si tratta dell’omicida ergastolano Jimmy Conway, che sta tornando nel villaggio in cerca di vendetta…
Red Hill è un western, ma non solo. E’ un omaggio al genere, forse, ma ancora non basta a descriverlo. Che Red Hill sia un esempio di certo cinema postmoderno che vuole rifare un certo genere, ma anche mischiarlo ad altri, è evidente sin dal momento in cui si fa davvero tosto, con la figura del killer Jimmy che entra in azione, trasformando la pellicola anche in uno slasher.
Il cinema australiano ancora una volta dimostra di essere vivo e vegeto, dopo averci regalato negli ultimi anni gioielli come Wolf Creek e The Loved Ones. E ci dimostra ancora che riesce a sfornare autori giovani e capaci che sin dal primo film dimostrano perizia tecnica e capacità di racconto notevoli: Red Hill infatti è un’opera prima, e già la dice lunga.
Tostissimo, divertente e violento, il film di Hughes riesce poi a dirci anche qualcosa di significato sul senso della vendetta stesso e sulla violenza di una nazione. Regalando un rovesciamento di ruoli bellissimo e che trova il suo senso ultimo nell’ultima, straziante frase, proprio durante l’ultima scena.
Voto Gabriele: 7.5
Soul Boy – di Shimmy Marcus (Concorso)
Inghilterra, 1974. Joe McCain prosegue la sua vita in modo ordinario, finché un giorno conosce Jane, una parrucchiera che lo introduce al Wigan Casino, storica discoteca dove si balla il northern soul. L’amica Mandy lo introduce poi al vero mondo del ballo, e per Joe sembra essere il momento di una nuova vita…
Che succede se Billy Elliot incontra La febbre del sabato sera? Esce fuori questo divertente Soulboy, secondo film inglese del concorso del Festival di Torino. L’opera di Marcus è un percorso di scoperta e di crescita che vede un protagonista alle prese con i primi amori, la ricerca di un’identità e la scoperta del mondo che gli sta attorno.
La figura di Joe, interpretato da Martin Compston (il ragazzino di Sweet Sixteen), ci ricorda di ogni volta in cui in noi nasce una passione per qualcosa, ma è anche interessante il “contorno” della vicenda: dalle questioni politiche dell’Inghilterra dell’epoca alla scoperta della droga e delle sue conseguenze.
Diretto con brio, fotografato in modo decisamente seventies e con una musica che aiuta a mantenere alto il ritmo, Soul Boy pecca forse di un finale troppo consolatorio (e che sui titoli di coda ricerca in modo netto l’effetto nostalgia), ma il risultato è globalmente efficace e divertente.
Voto Gabriele: 7
The Legend of Beaver Dam – di Jerome Sable (Rapporto confidenziale [Corto])
Prima della proiezione di The Ward è stato proiettato questo strepitoso cortometraggio di un giovane cineasta canadese. Che si è detto ovviamente onorato di essere in qualche modo “associato” ad uno dei suoi idoli di sempre, John Carpenter.
Che non a caso viene citato continuamente in questo folle musical-horror che vede protagonisti un gruppo di bambini boy-scout che campeggia con la loro guida nei boschi. Si inizia infatti con la soggettiva del killer, canonizzata ovviamente dall’Halloween carpenteriano. E indovinate in che data è ambientato il corto? Nel 1978, ovviamente.
In mezzo poi c’è di tutto e di più: sangue e violenza esasperata, un killer-zombie monco cattivissimo, canzoni divertentissime, un inizio che cita palesemente Grindhouse con la sua fotografia sgranata che salta, e chi più ne ha più ne metta. Un vero spasso, oltre ad essere un vero omaggio al buon cinema horror che fu.