Torino 2010: commenti a caldo su Les hommes debout e Small town murder songs
Les hommes debout – di Jeremy Gravayat (In Concorso) Lione. Gerland è un quartiere operaio, uno degli ultimi rimasti in città: infatti tutti gli spazi industriali sono in demolizione. Il film racconta le storie di chi ha vissuto in quei luoghi e la storia stessa di quei luoghi.Chi ci segue, ricorderà che fummo forse gli
Les hommes debout – di Jeremy Gravayat (In Concorso)
Lione. Gerland è un quartiere operaio, uno degli ultimi rimasti in città: infatti tutti gli spazi industriali sono in demolizione. Il film racconta le storie di chi ha vissuto in quei luoghi e la storia stessa di quei luoghi.
Chi ci segue, ricorderà che fummo forse gli unici ad avere qualche perplessità su La bocca del lupo, film vincitore della scorsa edizione del festival e grande successo poi anche a livello internazionale. Ci sembrava che la commistione tra fiction, documentario, lavoro poetico e repertorio non fosse del tutto riuscito, infatti.
Ora viene presentata in concorso un’opera abbastanza simile nelle modalità di racconto al film di Pietro Marcello. Il film di Gravayat è un’opera sperimentale che unisce documenti, fotografie, filmati e materiale di repertorio vario ad interviste e momenti di fiction. Il tutto mescolato assieme per raccontare la storia e i luoghi della Gerland operaia.
Diviso in due parti netti e contrastanti, una in bianco e nero e una a colori, Les hommes debout ha un indubbio fascino soprattutto nella prima parte, dove Gravayat si dimostra abilissimo nel sistemare i documenti e a creare uno stile che ricorda i documentari e i film underground di certo cinema degli anni ’60 e ’70.
Ma è anche vero che la ricerca meticolosa del dettaglio e di ogni minimo effetto (i cambi di bobina con tanto di salti, il rumore della pellicola: tutto ricreato) fa venire il sospetto che il regista sia interessato innanzitutto alla forma, e poi al contenuto. Che, ci chiediamo, come possa conquistare il pubblico. Certo, forse conquisterà il pubblico amante del cinema più sperimentale ed estremo, probabilmente stregherà anche la giuria del festival. Ma il fuggi-fuggi in sala era evidente…
Voto Gabriele: 5
Small town murder songs – di Ed Gass-Donnelly (In Concorso)
Ontario, Canada. Siamo nella comunità mennonita, e vicino ad un lago viene trovato il corpo senza vita di una ragazza. Il capo della polizia locale, Walter, inizia le indagini. Ma il percorso lo porterà a doversi rimettere in gioco come uomo, a riaffrontare l’ex-fidanzata Rita e i suoi demoni…
75 minuti per raccontare una storia a tinte gialle e la lotta di un uomo contro se stesso? Si può, ma dipende dal modo in cui si vuole raccontare tutto questo: e Ed Gass-Donnelly ha le capacità e l’originalità di riuscirci. Preferendo ovviamente soffermarsi molto di più sul secondo aspetto, rispetto alla trama.
Il titolo Small town murder songs nasce da un album (di cui però viene cambiata l’ultima parola), e la musica nel film ha un’importanza primaria a livello stilistico: con un rock-gospel-tribale, il gruppo dei Bruce Peninsula infonde al film una marcia in più, così come è efficace la scelta di dividere il film con capitoletti firmati da “regole” prese dalla Bibbia, che altri non sono che i principali comandamenti della comunità mennonita.
Una comunità che in primis rifiuta ogni tipo di violenza: figurarsi quando si scopre l’omicidio di una giovane donna. Al regista interessa indagare le conseguenze che un tale orrore può avere su questa comunità, ma anche sul protagonista, che ha un passato oscuro e qualcosa da farsi perdonare, anche agli occhi della comunità religiosa.
Il discorso religioso e sociale è interessante, anche perché le risposte alle domande che sorgono spontanee non trovano immediata risposta e, anzi, molto resta vago, nell’aria. Forse anche per questo Small town murder songs è affascinante e colpisce il bersaglio. Aiutato anche dal bravissimo attore protagonista, un Peter Stormare in forma pronto a candidarsi come miglior attore di questa edizione.
Voto Gabriele: 7.5