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Torino 2012: i voti dei film, ultimi commenti e bilancio finale del festival

Il 30. Torino Film Festival si è ormai concluso: Cineblog fa il suo bilanco, ripercorrendo i film in concorso e non, con i voti, le recensioni e gli ultimi commenti.

pubblicato 3 Dicembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 19:40

Ma quanti bei film si son visti quest’anno al 30. Torino Film Festival? Ammettiamolo senza troppi problemi: questa edizione è stata un trionfo assoluto. E non per la “guerra” con il Festival di Roma – le due manifestazioni prima di tutto hanno dimostrato di essere due cose proprio diverse -, ma per aver migliorato la propria formula. Perché il TFF di problemi ne ha avuti, ma sono tutti di livello “tecnico” e logistico.

Io, per dire, non sono riuscito ad entrare al film d’apertura (per la prima volta da quando frequento festival), Quartet di Dustin Hoffman. Un primo weekend da paura ha fatto tremare gli accreditati: troppe lentezze nella consegna dei badge, troppe code ovunque, una massa di gente che alla rassegna non s’era mai vista negli anni precedenti. E poi file eterne in biglietteria e lunghissime code per entrare in sala. Però c’è il rovescio della medaglia: a dispetto delle previsioni, Torino ha continuato ad accogliere un pubblico sempre in crescita.

Se lo merita, il TFF, soprattutto quest’anno, che ha visto un concorso decisamente altalenante ma curioso, ed un “fuori concorso” da commozione. Nel primo caso ci sono state parecchie delusioni (in primis il cinema indie americano: ma che è successo?), anche se abbiamo individuato almeno quattro registi da continuare a seguire. Nel secondo caso l’offerta non era solo “bulimica”, ma selezionata davvero benissimo, e ricca di titoli di cui continueremo a parlare per un bel po’. Anche ai premi che contano, ad esempio, ma non solo.

Concentriamoci intanto sul concorso. I quattro registi che continueremo a seguire con gioia sono tre autori al loro primo lungometraggio di finzione ed un autore alla sua opera seconda. Scott Graham, che ha meritatamente vinto tutto (film, sceneggiatura, Mouse d’Oro…) grazie al suo bellissimo Shell, ha già uno stile definito: scrive in punta di penna, tratteggia personalità e passati con poco, costruisce lo spazio con il montaggio in modo incredibile. Un talento straordinario, da tenere d’occhio.

L’indiano Kamal K.M. è meno “perfetto” e geometrico, ma è un regista vitale e morale. Il suo I.D., premio del pubblico e accolto con un caloroso applauso alla proiezione ufficiale, è una discesa nel cuore di tenebra di una città, e il ritratto di una ragazza borghese che fa i conti con l’altra faccia della sua nazione. Nessun moralismo, nessun discorso ipocrita: solo tanta voglia di mostrare, anche attraverso uno stile da guerrilla shooting. Mikael Marcimain firma con l’ottimo Call Girl il suo La Talpa: un thriller politico lungo 140 minuti che però regge benissimo, grazie alla solidità della scrittura e allo stile vintage. Drive, in campo musicale, ha fatto scuola, vedi anche Maniac.

Ultimo autore di cui non vediamo l’ora di guardare il prossimo film è il nostrano Giovanni Columbu. Lo dico: da tempo a Torino non vedevo un film italiano in concorso così bello. Quel che salta subito all’occhio in Su Re è la tecnica robusta, lo stile potente del regista: già non è poco. Se poi tutto ciò viene applicato ad un’idea di cinema rigorosa e da difendere, ancora meglio. Una Passione onesta, ed un Cristo umano-troppo-umano.

Ed ora il resto del concorso. Viveiros, dopo l’indigesto Ghosted in concorso a Torino nel 2011, con The Liability firma un thriller venato di commedia divertente e azzeccato, e che mette pure in scena una ribellione giovanile. Con molta ironia, meno male. Come dicevamo, il cinema indie americano ha deluso le aspettative. Non nel “fuori concorso”, dove ha regalato punte notevolissime, ma proprio per quel che riguarda la selezione in gara.

Alla fine l’unico premiato – con il Premio della Giuria – era il migliore dei quattro americani in concorso, anche se la stragrande maggioranza di stampa e pubblico non la penserà così. Pavilion è il cinema indie giovane alla Van Sant più hardcore e diretto che si possa pensare. Cinema anti-narrativo, anche se un filo di trama e vari percorsi non mancano. Le reazioni possono essere due: o si ha un naturale rigetto entro dieci minuti dall’inizio, o se ne resta ipnotizzati, cogliendo il senso “puro” del progetto.

La più grande delusione del concorso è Sun Don’t Shine, opera che si rifa al cinema anni 70, a Malick e Cassavetes. Ha un’estetica meravigliosa, con una fotografia da urlo e un tappeto sonoro studiatissimo. Ma sotto la superficie c’è in pratica il nulla: personaggi odiosi, vicenda prevedibile, attimi in cui si rincorre l’emozione senza trovarla mai. Arthur Newman (che da noi uscirà come Il mondo di Arthur Newman) è potenzialmente interessante, e vive dell’ottima alchimia tra Colin Firth ed Emily Blunt. Qualche lungaggine di troppo però lo frena. Ma non è quel disastro che si diceva a Toronto.

Degli altri film facciamo in fretta a spendere due righe. Una noche, co-produzione Usa – Uk – Cuba, trionfatore a Tribeca, è un pasticcio decisamente superficiale, in cui l’unica cosa interessante è lo sguardo sull’Avana: ma con una città del genere si gioca facile. Rigoroso il turco Present Tense, ma dal ritmo punitivo; interessante il “deprimente” Made in Ash, candidato per la Slovacchia agli Oscar 2013, ma in fondo un po’ povero e risaputo rispetto ad altre pellicole simili; criptico, affascinante ma ancora da digerire The First Aggregate; discutibile Breaking Horizons, che si comporta bene fino alla seconda metà; simpatico, ma anche un po’ schematico e facile, lo spagnolo Terrados.

E il cinema italiano? Si muove. I tre titoli in gara sono produzioni difficili e indipendenti, lontano da questioni di mercato. Su Re è il titolo migliore, e lo abbiamo già detto. Hanno avuto un certo successo anche gli altri due, Smettere di fumare fumando di Gipi e Noi non siamo come James Bond di Mario Balsamo (il secondo Premio della Giuria). Il primo è divertente, grazie alla simpatia del suo autore, ma è paradossalmente troppo lungo. Il secondo ha momenti toccanti e sinceri, ma per chi scrive ha il sapore di un’occasione sprecata.

Dei film non in concorso che abbiamo visto ne parliamo singolarmente subito qui di seguito, ma dando uno sguardo veloce si può capire quanto il programma di quest’anno fosse ricco di proposte e pellicole bellissime. Lo confermano, poi, le medie dei giurati del Mouse d’Oro: Holy Motors ha vinto il Mouse d’Argento con una media pazzesca del 9,29 (!!), e sono tantissimi i titoli che oscillano tra il 7 e il 9. Ovvero: quando un festival, con un budget irrisorio, riesce a tirar su un cartellone con una buona fetta del meglio che è già passato anche altrove, fregandosene di prime e anteprime internazionali (che pure c’erano) e quant’altro. Forse perché al pubblico (dei festival?), in fondo, interessa (ancora) il buon cinema.

Dei film già recensiti trovate il link che vi collega direttamente al pezzo; i voti sono tutti “netti”, senza mezza punti.


Concorso Torino 30

Breaking Horizons – Pola Beck
Voto: 5 – Recensione

Call Girl – MIkael Marcimain
Voto: 8 – Recensione

The First Aggregate – Emyr ap Richard e Darhad Erdennibulag
Voto: 6 – Recensione

I.D. – Kamal K.M.
Voto: 8 – Recensione

The Liability – Craig Viveiros
Voto: 7 – Recensione

Made in Ash – Iveta Grofova
Voto: 6 – Recensione

Il mondo di Arthur Newman – Dante Ariola
Voto: 6 – Recensione

Una noche – Lucy Mulloy
Voto: 4 – Recensione

Noi non siamo come James Bond – Mario Balsamo
Voto: 5 – Recensione

Pavilion – Tim Sutton
Voto: 7 – Recensione

Present Tense – Belmin Soylemez
Voto: 6 – Recensione

Shell – Scott Graham
Voto: 8 – Recensione

Smettere di fumare fumando – Gipi
Voto: 6 – Recensione

Sun Don’t Shine – Amy Seimetz
Voto: 6 – Recensione

Su Re – Giovanni Columbu
Voto: 7 – Recensione

Terrados – Demian Sabini
Voto: 6 – Recensione


Festa Mobile

28 Hotel Rooms – Matt Ross
“28 appuntamenti segreti da consumare in diversi hotel, tra lui e lei. Che non si conoscono, ma impareranno a farlo, diventando amanti… Il film, molto laccato e disinfettato, può piacere o non piacere: può sembrare un buon saggio sull’interior design degli alberghi di lusso, o apparire come una descrizione sincera di un amore clandestino. Ma i due attori protagonisti reggono la baracca che è una meraviglia.”
Voto: 7

Anna Karenina – Joe Wright
Voto: 7 – Recensione

Blancanieves – Pablo Berger
“La storia di Biancaneve traslata nella Spagna degli anni 20. Un mèlo muto e in bianco e nero, un progetto che nasce prima di The Artist. E se il film di Hazanavicius ripete tecnica ed espressione del cinema muto, Berger reinventa lo stile e lo plasma con classe. Ma quel che conta è il piacere della narrazione, assieme a tutte le varianti rispetto alla fiaba originale. Candidato spagnolo agli Oscar 2013.”
Voto: 8

De jueves a domingo – Dominga Satomayor
“Una famiglia composta da padre, madre e due figli piccoli parte per un weekend nel cuore del Cile più “naturale”. Il risultato è ostico, come se Carlos Reygadas dirigesse il suo “film indie americano”. Ritmo lento e a tratti pure indigesto, ma lo sguardo ad altezza bambino è davvero convincente, ed è apprezzabile che la regista non si pieghi alla facile emozione.”
Voto: 7

Ginger & Rosa – Sally Potter
“Ginger e Rosa sono nate il giorno della bomba su Hiroshima. Sembrano destinate a rimanere sempre insieme, ma non sarà così. La storia è una bomba, il trailer era bellissimo: però il film è di una piattezza e una superficialità disarmanti. Un gran spreco di idee, storia e Storia. Elle Fanning, poi, è costretta a ridere e sorridere ogni due minuti.”
Voto: 4

Imogene – Robert Pulcini e Shari Springer Berman
“Imogene viene lasciata dal ragazzo benestante, e dopo aver tentato il suicidio si ritrova in casa dalla mamma. Ovvero, il ritorno alle sue povere origini. Una “cosina”, che conferma purtroppo che Pulcini e Berman, dopo American Splendor, sono due promesse non mantenute. In questa commedia che sa di già visto e si butta spesso su facili risate, però, si salva la “riflessione” su un New Jersey che guarda con occhioni luccicanti alla mitica e vicina New York.”
Voto: 5

A Liar’s Autobiography: The Untrue Story of Monty Python’s Graham Chapman – Bill Jones, Jeff Simpson e Ben Timlett
“Ritratto e omaggio a Graham Chapman, con uno stravagante, folle e disordinato film d’animazione (pure in 3D!). Curioso, discontinuo ma vitale. A suo modo anche “commosso” (per quanto possano esserlo i Monty Python, ovviamente). Alcune scene sono da morire sulla poltrona, in particolare quella in cui si canta allegramente un motivetto che recita “Sit on my face… and tell me that you love me!.”
Voto: 6

Nameless Gangster: Rules of the Game – Jong-Bin Yoon
“Parabola di un gangster, con tutte le cose che ci si aspetta di trovare in una pellicola del genere. Ma, più del solito, qui il modello di riferimento è il cinema americano, soprattutto lo Scorsese di Mean Streets, Quei bravi ragazzi e Casinò. Davvero un buon prodotto, lungo ma divertente, con tante di quelle botte da orbi inaspettate che ti trovi a pensare che tutto finirà in sparatorie: e invece…”
Voto: 7

Ruby Sparks – Jonathan Dayton e Valerie Faris
Voto: 7 – Recensione

Rufus Stone – Josh Appignanesi [cortometraggio]
“Proiettato prima di Silent Youth, si tratta di un corto diretto dal regista di The Infidel, in concorso a Torino nel 2010. Un uomo torna a casa dopo essere fuggito a Londra da ragazzino: era scappato perché colto in flagrante ad amoreggiare con un compagno di classe. Il cinema queer estetizzante e inutile che non serve più, e che continua a piangersi addosso.”
Voto: 4

The Sessions – Gli appuntamenti – Ben Lewin
Voto: 7 – Recensione

Shadow Dancer – James Marsh
Voto: 7 – Recensione

Silent Youth – Diemo Kemmesies
“Lui e lui sono giovanissimi. Si conoscono, iniziano ad incontrarsi e a fare passeggiate assieme. La nascita di un amore? Al contrario di Rufus Stone, il cinema queer più bello: quello che racconta l’abc, e lo fa con l’onestà di chi vuole indagare nei dettagli, negli sguardi, nei non detti. Con due giovanissimi attori perfetti. Come se Gus Van Sant dirigesse il suo Weekend.”
Voto: 8

Tentazioni (Ir)resistibili – Stuart Blumberg
“Tre uomini sex addicted tentano di superare la “malattia”… Shame in versione commedia, diretto dallo sceneggiatore de I ragazzi stanno bene, qui all’esordio dietro la macchina da presa. Un film divertente, con un cast pazzesco (Mark Ruffalo, Gwyneth Paltrow, Tim Robbins e… Pink!). Ma quando bisogna iniziare a tirare le fila dei diversi percorsi, tutto va letteralmente in frantumi.”
Voto: 5


Rapporto Confidenziale

Chained – Jennifer Lynch
“Nascita di un serial killer. Un taxista rapisce donne per violentarle ed ucciderle. Un giorno prende una mamma con bambino: uccide la donna e si tiene il ragazzino per farne il suo “servo”. Doveva essere la prova della maturità della Lynch: è invece un pastrocchio che dimostra ancora una volta la manina pesante della regista.”
Voto: 4

Citadel – Ciaran Foy
“Dopo aver assistito alla morte della moglie per mano di quelli che gli sono parsi dei bambini, un ragazzo-padre soffre di agorafobia e finisce in terapia, convinto che la figlia sia in pericolo… Ok, va bene, ci sono delle scene che fanno saltare sulla poltrona: ma il resto? Non si sa cosa pensare, tra preti e storia improbabile, e alla fine il tedio e l’incredulità hanno il sopravvento.”
Voto: 5

Compliance – Craig Zobel
“Una ragazza lavora in un fast food e fa una vita più che ordinaria, finché un giorno non l’accusano ingiustamente di essere una ladra. Da una storia vera, un film che va visto, anche perché pone una questione che mette i brividi: gli Americani sono davvero così scemi o, rispetto all’Autorità, sono davvero così plagiabili? Produce David Gordon Green, ormai utile solo per scovare talenti.”
Voto: 7

K-11 – Jules Stewart
“Viene messo in galera in una sezione per persone omosessuali e transgender. Segue una parabola che pare Il Profeta, e potrebbe esserne la sua versione queer. Politicamente “scorretto”, ma di facciata. Pochissime idee frullate all’interno di un contenitore trash, senza capire però cosa sia il vero trash. Dirige la mamma di Kristen Twilight Stewart.”
Voto: 4

The Land of Hope – Sion Sono
Voto: 7 – Recensione

Maniac – Franck Khalfoun
Voto: 9 – Recensione

Shopping Tour – Mikhail Brashinsky
“Madre e figlio partono assieme per una gita in Finlandia. Il ragazzino riprende tutto con il suo nuovo cellulare, finché non arrivano in un centro commerciale ed inizia il delirio… Parte come uno zombie movie in versione found footage, poi si trasforma. Due lire, tante idee e buone riflessioni “politiche” sui cliché, con cambi di registro convincenti. Tra i film più curiosi del festival.”
Voto: 7

Smashed – James Ponsoldt
Voto: 8 – Recensione

Le streghe di Salem – Rob Zombie
Voto: 8 – Recensione

Tower Block – Ronnie Thompson e James Nunn
“Gli ultimi inquilini di un palazzo dell’East London che dev’essere demolito si ritrovano ad essere presi di mira da un cecchino. Diretto benissimo, con alcuni momenti splatter e di tensione davvero riusciti, questo puro film di genere casca spesso su bucce di banana sparse per tutta la sceneggiatura. La quale, a volte, par scritta da degli ubriachi. Peccato, ma il giro sulle giostre vale comunque.”
Voto: 6

V/H/S – registi vari
Voto: 6 – Recensione

Wrong – Quentin Dupieux
“Un uomo si sveglia (alle 7.60!) e non trova più il suo cane. Inizia un’odissea vera e propria. Signore e signori, il mondo alla rovescia di Quentin Dupieux. Il meglio del non-sense, che ragiona anche sulla solitudine e sullo smarrimento del contatto con gli altri. Un film scritto da David Lynch, ma diretto dai Monty Python. Cult istantaneo.”
Voto: 8


Torino XXX

11.25: The Day He Chose His Own Fate – Koji Wakamatsu
“Gli ultimi giorni della vita del romanziere Yukio Mishima, che il 25 novembre 1970 si suicidò dopo aver tenuto in ostaggio il dipartimento del Ministero della Difesa. Il penultimo lavoro del grande regista nipponico, prima di The Millennial Rapture, e prima della morte prematura il 17 ottobre. Un film minore, dopo un lavoro così importante e urgente come Caterpillar, che non trova uno stile adatto al suo forte contenuto.”
Voto: 6

After the Battle – Yousry Nasrallah
Voto: 4 – Recensione

Holy Motors – Leos Carax
Voto: 10 – Recensione

No – Pablo Larrain
Voto: 10 – Recensione

Starlet – Sean Baker
“Una ragazza di 21 anni incontra un’anziana bisbetica. Le due stringono pian piano una particolare amicizia. Torna Sean Baker, tra i registi realmente indipendenti più interessanti in America. Ottima costruzione dei personaggi, svelati con tempi perfetti, ed una scena finale che commuove fino alle lacrime. Ottimo poi lo sfondo tra Los Angeles e la San Fernando Valley.”
Voto: 8

What Richard Did – Lenny Abrahamson
“Richard è il bello di un gruppo di alcuni giovani irlandesi. Ma ad una festa accade una tragedia, e il suo mondo va in frantumi. Pare un film molto semplice e a suo modo già visto, con “solo” un’ottima costruzione del mood asfissiante, triste e claustrofico. Eppure ha una carta in più: la descrizione spietata del mondo borghese dell’Irlanda, tra omertà e giovani costretti a diventare adulti troppo in fretta. Dopo Garage, una conferma.”
Voto: 8


Altre sezioni

Tabu – Miguel Gomes [Onde]
“Pilar tiene d’occhio la vicina di casa Aurora, una signora anziana che vive con la serva. Un giorno la vecchia signora ha un malore, e chiede che venga chiamata una sua vecchia fiamma… Uno dei film più originali, arditi, affascinanti, ostici e cinefili degli ultimi anni. Girato in 4:3, diviso in due parti completamente differenti (e in 35mm e 16mm), è un’opera a cui varrà la pena dare più di uno sguardo e che si pone già come opera imprescindibile. Tra coccodrilli, Storia coloniale e Murnau.”
Voto: 9

Tchoupitoulas – Bill e Turner Ross [TFFdoc]
“Tre fratelli se ne vanno da soli a New Orleans: un viaggio che è quasi un coming-of-age, ma soprattutto l’elegia magica e sognante di una città meravigliosa. Si cammina per le strade, si entra nei locali, si scrutano conversazioni e volti. Mentre la voce off del fratello più giovane spiega il proprio mondo e i propri sogni. Fuochi, musica, persone. Poi la città si risveglia nella nebbia. Vien voglia di fare i bagagli immediatamente. Magico.”
Voto: 7

Torino Film Festival