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Torino 2012 – Shell: recensione in anteprima (Concorso)

L’inglese Shell arriva in concorso al 30. Torino Film Festival, raccogliendo molti applausi. Tutti meritati: leggi la recensione di Cineblog.

pubblicato 27 Novembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 20:04

Il film che vincerà il 30. Torino Film Festival? E’ un po’ presto per dirlo, visto che ancora più di metà concorso deve svelarsi al pubblico e alla stampa. Ma è indubbio che Shell abbia attirato su di sé tantissima attenzione, viste le sue oggettive qualità e la sua capacità rara di creare emozioni con poco. Di sicuro, fra i titoli visti finora, è il più bello, e anche quello più toccante.

Si tratta dell’opera prima dello scozzese Scott Graham, inserita all’interno di un paesaggio che ricorda vagamente una versione attuale di Wuthering Heights di Andrea Arnold. Le colline, l’erba, la pioggia, la nebbia, e soprattutto il vento, tanto vento, che filtra attraverso le finestre (anche solo a livello sonoro) e rende l’aria ancora più fredda.

La condizione climatica è elemento fondamentale quanto l’ambientazione in Shell, anche perché i protagonisti spesso si ritrovano senza gas, e quindi a dover passare intere nottate a letto al freddo, o diversi momenti della giornata con una stufetta accesa. Un clima glaciale che rende ancora più ostico il già difficile rapporto tra padre e figlia che sta al centro dell’opera.


Pete e sua figlia Shell gestiscono una pompa di benzina in un posto remoto delle Highlands scozzesi. Le loro giornate scorrono nell’attesa che passi un’automobile e si fermi da loro. Ci sono pochi incontri e molti silenzi. E c’è un rapporto, il loro, in cui dominano sguardi impietriti dal passare del tempo, ed attrazioni inconfessate. La ragazza sogna la fuga, ma anche questo semplice desiderio sembra irrealizzabile…

Graham, al suo primo lavoro, si dimostra già un regista con le idee chiare. Per quel che riguarda la scrittura, asciuga tutto all’essenziale, senza spiegoni sul passato dei due protagonisti, e lasciando che siano i loro gesti e le loro piccolo azioni a svelarlo poco o poco. Rischia grosso, facendo così, visto che per un po’ non si riesce probabilmente ad entrare dentro al film, che funziona come un diesel.

Dall’altra parte, Graham ha la fortuna di avere con sé due interpreti straordinari, ad iniziare da Chloe Pirrie, attrice dal volto magnetico che interpreta Shell. Il padre è invece interpretato da Joseph Mawle, volto segnato dagli avvenimenti, e due occhi azzurri profondi e umidi. Il loro rapporto si costruisce pian piano, ed è formato da attacchi epilettici improvvisi (di lui) e speranze (di lei) di riuscire a staccarsi da quell’uomo e dal posto in cui vive.

Ma Shell non riesce proprio ad andarsene via lasciando lì suo padre, visto che non c’è più sua madre, e viste le condizioni dell’uomo. Quindi preferisce restare lì, passando le sue giornate a cucinare, aspettare che arrivi qualcuno, a dormire, e aiutando il padre a portarsi a casa le carcasse dei cervi colpiti dalle macchine per strada.

Neanche quando Adam, un bel ragazzo che lavora in una segheria, le propone di andare a fare un giro in pub Shell accetta di andare via… Suo padre è tutto per lei, il perno della sua vita, l’asse di ogni sua decisione e di ogni giornata. Tra di loro c’è un legame ambiguo, teso, difficile, complicato da un passato oscuro, che il regista si guarda bene dallo svelare facilmente. Tant’è che allo spettatore sembra ci siano evidenti pulsioni incestuose tra i due.

Di Shell colpisce molto anche la costruzione dello spazio: che “ambiente” può esserci, però, in un film prevalentemente ambientato in una casa e nel “cortile” della pompa di benzina? Uno spazio claustrofobico, ovviamente, in cui anche le poche inquadrature esterne creano una sensazione di asfissia. Non a caso, quando Shell si ritrova “oltre i confini” della sua casa, le sterminate landscape della Scozia fanno quasi impressione.

Il tutto è reso ancora più efficace dalla splendida fotografia di Yoliswa Gartig, pulita e ricca di sfumature. Se poi Shell riesce ad essere il bellissimo film che è, con una forza che cresce fino al potentissimo finale, questo è possibile anche grazie ad alcune scelte di regia, di sceneggiatura e ad alcuni tocchi delicati che fanno la stoffa dell’autore. Per amare Shell basterebbero una canzone e la reazione che questa scatena (un pianto silenzioso), oppure un disperato gesto d’amore finale. Da premio.

Voto di Gabriele: 8

Shell (Inghilterra 2012, drammatico 90′) di Scott Graham; con Chloe Pirrie, Michael Smiley, Joseph Mawle, Iain De Caestecker, Paul Hickey, Brian McCardie, Tam Dean Burn, Morven Christie, Kate Dickie, Milla Gibson, Paul Thomas Hickey, Cameron McQuade.

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