Torino 2017, Ricomincio da me: recensione in anteprima
Parabola edificante su seconde possibilità e dintorni. Ricomincio da me adotta un registro leggero per soffermarsi su ansie e difficoltà di una generazione avanti con l’età ma che non per questo intende mollare. Ma sono più le cose che non funzionano
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Di primo acchito Ricomincio da me può sembrare l’ennesima lente puntata sulla terza età ed il comprensibile desiderio di non avvertire tale periodo come una sorta di fine corsa, sebbene… beh. E di certo Richard Loncraine ci sottopone uno spaccato tutt’altro che duro, intriso com’è di una certa spensieratezza, si direbbe quasi leggerezza, se non fosse non tanto per gli ultimi venti minuti o giù di lì, quanto per la generale tenuta, che affonda nella realtà ma non si pone necessariamente quale studio di personaggi o dinamiche tra un gruppo specifico.
No, più specificatamente Ricomincio da me elabora un discorso sulle seconde possibilità, ma anche sulle terze, le quarte e via discorrendo; e questo può accadere ad una persona in età avanzata così come ad una più giovane. Appena diventata Lady, grazie al titolo acquisito dal marito, Sandra (Imelda Staunton) becca quest’ultimo in cantina a sporcarsi le labbra di un rossetto che non è il suo: si tratta della migliore amica di Sandra. Apriti cielo: giusto giusto è il giorno in cui si tiene il ricevimento per l’ottenuta carica, ma è chiaro che la donna non può restare composta, privandosi dell’opportunità di urlare agli intervenuti di avere un porco traditore per marito, al quale ha dedicato quarant’anni della propria esistenza.
Sandra decide perciò di trasferirsi dalla sorella minore Bif (Celia Imrie) fino a data da destinarsi. Quest’ultima è l’esatto opposto di Sandra: sola, spregiudicata, attiva, quasi una hippy fuori tempo massimo. Qui già si capisce che a Loncraine non interessa granché imbastire alcuna analisi, limitandosi più che altro ad offrire dei ganci, di modo che lo spettatore, che in larga parte riconoscerà questi personaggi poiché gli ha già visti chissà quante volte, possa rilassarsi e divertirsi, sorridendo di certi sketch. Episodi, va detto, posati, mai inopportuni, anche quando sono un po’ più spinti, sopra le righe.
Certo, questo strizzare l’occhio a chi ti segue comporta anche il rovescio della medaglia, per cui il tutto viene sostanzialmente ridimensionato, posto perciò nell’ambito che gli compete. Quale? Quello del film piccolino, magari caloroso, niente di più niente di meno. Eppure è attraversato da quel tono british che in qualche modo non dico lo eleva, ma se non altro lo recupera. Meravigliosa in tal senso Joanna Lumley (la zia londinese di Margot Robbie in The Wolf of Wall Street), la cui eleganza e il cui charme sono calamitanti, molto più di tutti gli altri personaggi (sua peraltro una delle battute più simpatiche).
La mestizia di fondo si cerca costantemente di contenerla, ed in questo senso Ricomincio da capo a tratti sembra un po’ goffo nel mostrare i suoi protagonisti mentre fanno finta di non voler ostentare certe loro “sregolatezze”, dando al contrario l’impressione di sapere benissimo di essere provocatori rispetto ad alcune loro abitudini. Verso chi essenzialmente? Ma verso i soliti noti, ossia le classi agiate, l’alta borghesia ingessata e profondamente noiosa, discorso anche questo alquanto risaputo e su cui a questo punto tocca dire dell’altro se proprio la si vuole ancora chiamare in causa.
Commedia del pueblo, per il pueblo insomma. Ricomincio da capo reitera talune esortazioni fin troppo ribadite, o semplicemente non si preoccupa di filtrarle in maniera più incisiva – oltre ad essere un pelo deresponsabilizzanti per certi versi. Rispetto ad alcuni personaggi, quelli chiaramente più simpatici a priori, per statuto verrebbe da dire, si pone in un certo modo, chinandosi verso di loro ed i loro problemi, che certamente non sono una passeggiata, mentre verso altri, vedi il marito fedifrago e traditore, non vi sono attenuanti: colpevole, una latrina insomma.
Questa bidimensionalità rende per forza di cose tutto meno interessante, malgrado un approccio così sbrigativo vada letto in funzione della vocazione all’intrattenimento, perciò ineludibile in quanto teso ad approntare un discorso che non urti in alcun modo, prendere o lasciare. In certi contesti da commedia inglese agrodolce di solito a risollevare le cose ci pensano per l’appunto i succitati attori, che però vanno diretti in un certo modo, come sovente accade poiché non pochi registi britannici i quali vengono dal teatro o hanno comunque una spiccata propensione a lavorare su questo fronte.
Quale che sia la verità in relazione a Loncraine, l’attenzione limitatamente a questo aspetto è tutto sommato contenuta, perciò un po’ tutti sembrano arrabattarsi come possono, facendo fondo all’innegabile mestiere certo, ma qua e là strafacendo. E si torna alla goffaggine menzionata sopra, non troppo vistosa ma tangibile quanto basta per via della sua voluta ingenuità edificante (si veda tutta la parte del flashmob con successiva esibizione a teatro, emblematica a tutto tondo), dettata per lo più dalla voglia di girare un film divertente ma che stimoli qualche piccola riflessione. Debole su entrambe le linee, resta che almeno non si prende troppo sul serio. Magra consolazione, ma oggigiorno è già un traguardo.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
Ricomincio da me (Finding Your Feet, Regno Unito, 2017) di Richard Loncraine. Con Joanna Lumley, Timothy Spall, Imelda Staunton, Celia Imrie, John Sessions, David Hayman, Indra Ové, Richard Hope, Josie Lawrence e Sian Thomas. Nelle nostre sale da giovedì 4 gennaio 2018.