Torino 2019, Barbara Steele immagine del 37esimo Festival – retrospettiva horror
Carlo Vedrone presenterà al Festival 5 grandi film che l’hanno saputo emozionare.
Barbara Steele, l’attrice britannica che con i suoi occhi grandi, la sua figura sinuosa e i suoi tratti aguzzi, ha materializzato la sensualità e il mistero di tutte le “Signore della Notte” nella fioritura gotica italiana anni ‘60, è l’immagine ufficiale della 37.ma edizione del Torino Film Festival (22 – 30 novembre 2019).
“Si può fare!“, in omaggio al mitico Frankenstein Junior di Mel Brooks, è invece il titolo della retrospettiva horror collegata idealmente alla mostra del Museo Nazionale del Cinema “FacceEmozioni: dalla fisiognomica agli emoji“, aperta il 17 luglio e in corso fino al 6 gennaio nella Mole Antonelliana, curata dal direttore del TFF Emanuela Martini e dedicata all’horror classico dal 1920 al 1970: dagli incubi aguzzi della Repubblica di Weimar evocati nel 1920 da Robert Wiene con Il gabinetto del dottor Caligari ai voraci non morti resuscitati da George Romero nel 1969 con La notte dei morti viventi, primo, dirompente capitolo del New Horror. In mezzo, le creature classiche materializzate dalla Universal (Dracula, Frankenstein, L’uomo Lupo, Il fantasma dell’Opera) e trent’anni dopo rese sensuali e sanguigne dalla Hammer Film; le tensioni sottili e i fantasmi, le donne pantera e i ladri di cadaveri evocati dalla RKO di Val Lewton con il lavoro di Tourneur, Wise e Robson; le allucinazioni macabre con cui Roger Corman traduce sullo schermo Edgar Allan Poe, le magnifiche streghe e vampire della via italiana al gotico di Mario Bava e Riccardo Freda, i bambini inquietanti di Henry James, gli scienziati pazzi, le donne senza volto, le case infestate, gli automi, i pupazzi parlanti e le bambole assassine, tutti i mister Hyde che ognuno di noi nasconde in sé. Una carrellata di 35 film che hanno dato corpo e volto alle nostre paure e che sono alla base di tutto l’horror successivo.
Una retrospettiva che ovviamente si lega all’immagine di Barbara Steele, scattata sul set del film Amanti d’oltretomba, diretto da Mario Caiano (1965). La Steele sarà ospite del festival, riceverà il Gran Premio Torino 2019 e introdurrà la proiezione dei film dei quali è protagonista (tra gli altri, Il pozzo e il pendolo di Roger Corman, La maschera del demonio di Mario Bava e L’orribile segreto del dottor Hichcock di Riccardo Freda).
Sempre da Torino, infine, Carlo Verdone sarà il Guest Director della 37.ma edizione del Festival. Il regista, sceneggiatore e attore sarà in città nei giorni del festival e presenterà al pubblico “Cinque grandi emozioni”, la sezione da lui curata composta dai film: Ordet di Carl Theodor Dreyer, Buon compleanno Mr. Grape di Lasse Hallström, Divorzio all’italiana di Pietro Germi, Oltre il giardino di Hal Ashby, Viale del tramonto di Billy Wilder.
“Accolgo con vero piacere l’invito di Emanuela Martini ad essere Guest Director per qualche giorno al Festival di Torino” dichiara Carlo Verdone, “e ho scelto di presentare cinque film estremamente diversi fra loro, che resteranno per sempre nella mia memoria di spettatore. Cinque film che mi hanno rapito ed emozionato non solo per le perfette regie, ma soprattutto per le notevoli interpretazioni dei loro protagonisti. Ho visto ognuno di questi film più di tre volte, scoprendo sempre dettagli che mi erano sfuggiti. Potrebbe sembrare strano che tra queste scelte ci sia solo una commedia brillante, ma in prima battuta cerco sempre di scegliere film di contenuti ‘forti’, che mi propongano suggestioni intime, amare, poetiche o malinconiche. Un film che mi lasci o una carezza o un pugno allo stomaco o una riflessione. In un film cerco insomma la poesia“.
Vidi Ordet di Carl Theodor Dreyer in un cineclub negli anni ‘70. Ero con tre amici cinefili e ricordo che ne discutemmo tanto dopo la proiezione. La grandezza di questo film è nell’estremo rigore delle immagini in bianco e nero. Un bianco e nero assai contrastato che rispecchia l’austerità della vicenda e la superba direzione di tutti gli attori. Di impronta prettamente teatrale, lo considero un capolavoro assoluto perché pone quesiti oscuri sulla lettura della figura di Cristo e sulle diverse posizioni della religione protestante. Un film che non potrà mai essere dimenticato per le domande che continueremo a porci dopo la visione. Buon Compleanno Mr. Grape è una mia piccola ‘creatura’. Quando dirigevo la programmazione del cinema Roma, una sala di 200 posti a Trastevere, cercavo di dare una fisionomia di qualità al cinema. Frugando nella cantina della Cecchi Gori Group trovai questo film il cui titolo originario era What’s Eating Gilbert Grape. Lo vidi, me ne innamorai per l’immensa poesia, mi inventai questo titolo. Film di grande atmosfera, ci mostrava un Leonardo DiCaprio giovanissimo alle prime armi. Mi sembrò un attore strepitoso, insieme all’ottimo Johnny Depp. Il film ebbe un gran successo e fui orgoglioso di averlo tolto dal dimenticatoio trovandogli un titolo originale per l’Italia. Divorzio all’Italiana resterà il mio film preferito di Pietro Germi. Ho sempre avuto un gran rispetto per questo regista, spesso torturato ingiustamente da una critica altezzosa e troppo politicizzata. Tutto è perfetto in questa pellicola: dal più bel bianco e nero della storia del cinema italiano, alla sceneggiatura (vincitrice dell’Oscar nel 1963), agli interpreti. Mastroianni è in una forma magnifica e ancora oggi, personalmente, lo considero il più grande e completo attore italiano. Oltre il Giardino di Hal Ashby. Poesia pura e interpretazione piena di vera anima da parte di Peter Sellers. Uno dei miei attori preferiti. Viale del Tramonto di Billy Wilder. Tra le migliori opere di Wilder, racconta l’altra faccia di Hollywood. La perdita del successo, gli anni che rendono la tua maschera non più interessante ma patetica, la solitudine dell’artista dimenticato. Fino ad arrivare alla follia finale. Un mondo spietato raccontato con immensa classe. Gloria Swanson è magnifica e l’interpretazione di Erich von Stroheim indimenticabile. Quando vidi questo film restai turbato e incantato. C’è un’atmosfera di morte e solitudine che solo un genio come Billy Wilder poteva allestire. Ecco, queste sono le mie Cinque Emozioni. Immagini che non scompariranno mai dai miei ricordi di spettatore, ignaro che un giorno avrei anche io detto ‘azione!’. Anche se non ho raggiunto e non raggiungerò queste vette, sono felice di aver imparato tanto da questi cinque capolavori che tanta autorevolezza hanno dato al cinema”.
“Carlo Verdone è uno dei pochi autori italiani che hanno accompagnato il passar del tempo della mia generazione: caratteri, aspirazioni, desideri che cambiano, e spesso ti ritrovi che non ti riconosci.” – afferma Emanuela Martini, direttore del Torino Film Festival – “Per questo sono molto affezionata ai suoi film, perché raccontano anche me e i miei amici, da ieri a oggi, per lo più prendendosi (e prendendoci) in giro, in commedia (che è una gran bella cosa). Con gran parte della mia generazione condivide anche la passione cinefila onnivora, il piacere che davanti a un film nasce da stimoli diversi, visivi, sentimentali, razionali o istintivi. La sua selezione per il Torino Film Festival dimostra questa apertura a 360 gradi, questa disponibilità all’emozione che emana dallo schermo. Immagino che avrebbe potuto sceglierne altri cento diversi e che le rinunce siano state faticose; ma apprezzo molto le cinque ‘perle’ che ci propone.”