Torino Film Festival 2008: recensioni di Die Welle di Dennis Gansel, Momma’s Mam di Azazel Jacobs, Bitter & Twisted di Christopher Weekes, We’ve never been to Venice di Blaz Kutin, Religulous di Larry Charles
Oggi il concorso del Torino Film Festival 26 ha mostrato due dei suoi frutti migliori: Die Welle e Momma’s man, entrambi papabilissimi per qualche premio. Die Welle (The Wave – L’onda: lo presentammo qui con un trailer) è uno dei film più chiacchierati già dai primissimi giorni del festival. Rainer Wenger, un professore universitario, tiene
Oggi il concorso del Torino Film Festival 26 ha mostrato due dei suoi frutti migliori: Die Welle e Momma’s man, entrambi papabilissimi per qualche premio.
Die Welle (The Wave – L’onda: lo presentammo qui con un trailer) è uno dei film più chiacchierati già dai primissimi giorni del festival. Rainer Wenger, un professore universitario, tiene per una settimana un corso sull’autoritarismo. Per far capire ai suoi studenti alla perfezione cosa sia una dittatura, inizia ad instaurare un proprio governo totalitarista tra gli studenti: il gruppo si chiamerà “L’onda”, ed è provvisto di “divisa” (una camicia bianca per tutti) e saluto riconoscibile. La situazione però non tarderà a degenerare…
Se si pensa che il film è tratto da una storia vera, Die Welle diventa ancora più inquietante. Il giovane regista Dennis Gansel sa raccontare le contraddizioni e le identità dell’adolescenza, ma il film è soprattutto il ritratto di un fraintendimento. E dimostra, in modo non banale e con ottimo senso del ritmo, quanto sia facile ricadere negli stessi errori: nonostante la Storia debba insegnare, instaurare una dittatura è più semplice di quel che si crede. Scontato, si dirà, ma il modo in cui la pellicola costruisce il suo assunto non lo è: e arriva ad un finale che si prevede, ma che colpisce duramente nel segno e non fa sconti.
Momma’s man (qui trailer e locandina) è invece il più toccante e garbato film visto in concorso fino ad ora. Mikey sta per tornare a casa sua dopo aver passato qualche giorno con gli anziani genitori; ma, mentre è in strada per l’aeroporto, decide di fare marcia indietro. Inventerà varie scuse per poter restare nella casa in cui ha abitato da bambino assieme ai genitori, ma le sue bugie pian piano verranno smascherate, anche perché la moglie non sa che fine abbia fatto…
Momma’s man è il terzo lungometraggio di Azazel Jacobs, figlio del regista Ken Jacobs, a cui il festival sta dedicando anche una piccola rassegna. Il film è girato nella vera casa dei genitori del regista; genitori interpretati tra l’altro dai suoi veri genitori, Ken e Flo Jacobs. Mikey invece non è affatto l’autoritratto di Azazel, perché una delle intenzioni del regista era di immaginare un nuovo personaggio alle prese con la sua casa e con sua madre e suo padre, ed è interpretato benissimo da Matt Boren.
Girato quasi interamente all’interno delle mura della casa, decisamente all’avanguardia e non ordinaria così come lo è davvero Ken, Momma’s man offre un ritratto commovente di un uomo alle prese con i suoi ricordi e con il suo bel passato, con il tempo che fu e che non solo sta per finire, ma non ritornerà mai più. Azazel Jacobs ha offerto al Torino Film Festival una gemma disegnata con ricordi ed emozioni, e come Lake Tahoe non fa esplodere i sentimenti ma li cova, ottenendo un risultato ancora più grande.
Meno convinenti gli altri due film in concorso, Bitter & Twisted e Nikola nisva sla v Benekte (We’ve never been to Venice). Il primo (qui foto e trailer) è un film australiano che prosegue su uno dei temi di questo festival, ossia quello del lutto. I componenti di una famiglia si devono confrontare con il fantasma di un ragazzo morto improvvisamente: padre, madre, fratello, sorella ed ex-ragazza sono tutti alle prese con la propria vita che da quella notte non è stata più la stessa. Film corale leggero e abbastanza godibile, il film di Christopher Weekes (che interpreta uno dei personaggi principali) non riesce ad approfondire molto i suoi personaggi e a descriverli così bene da poter essere amati dal pubblico; colpisce per sincerità comunque la storia omosessuale del fratello assieme ad un amico. Si guarda, con qualche riserva.
We’ve never been to Venice è invece un film sloveno diretto da Blaz Kutin: un’opera coraggiosa ma pretenziosa. Un’oretta fatta di silenzi e riprese statiche per raccontare una storia che si va scoprendo pian piano. Ancora una volta si parla di lutto, e l’intenzione del regista è di non far esplodere sentimenti e tristezze, ma piuttosto di far parlare le piccole azioni e i gesti. Che però a tratti risultano un po’ forzati. E i due protagonisti principali ricevono entrambi due scene di pianto piuttosto “importanti”: alla faccia dei piccoli gesti. Ci voleva forse una mano più esperta e navigata per parlare di dolore in questo modo. Le intenzioni si comprendono e sono nobilissime, ma si perdono.
Per concludere, parliamo di Religulous, visto nella sezione Lo Stato delle Cose: finalmente possiamo dire com’è il nuovo atteso film di Larry Charles, che dopo Borat, assieme al comico e autore televisivo Bill Maher, indaga sull'”oppio dei popoli”, sul fanatismo e sulle religioni organizzate.
E le aspettative non sono state deluse: Religulous è irriverente e intelligente come lo volevamo. Certo, qualcuno potrà ridire che la scelta del duo di intervistare delle persone decisamente stupide e assurde vada a tutto vantaggio dell’informatissimo Maher, sempre pronto con la battuta pungente e sempre pronto a ribattere con frasi che colpiscono l’intervistato lasciandolo senza parole.
Ma il fine è chiaro, e lo si vede nell’ultima parte, terribile e per niente ironica. Forse è meglio non rivelare null’altro, per ora. Si tratta comunque di un film da vedere, scomodo e con un’energia che prende.