Roma 2019, Tornare, la recensione: indigeribile thriller sentimentale per Cristina Comencini
Ambientato negli anni ’90, il nuovo film di Cristina Comencini è un dramma tutto centrato sul cambiamento dettato dal trascorrere del tempo.
14 anni dopo La Bestia nel Cuore, nel 2006 candidato agli Oscar come miglior film straniero (vinse Il suo nome è Tsotsi di Gavin Hood), Cristina Comencini e Giovanna Mezzogiorno si sono ritrovate sul set con Tornare, film di chiusura della 14esima Festa del Cinema di Roma. Un ritorno alle pendici del Vesuvio per la 45enne attrice romana, a due anni da Napoli Velata di Ferzan Ozpetek e La Tenerezza di Gianni Amelio, e un ritorno in sala al fianco della fidata co-sceneggiatrice Giulia Calenda per la Comencini, mai tanto sproporzionata nei toni, nella gestione di uno script continuamente in bilico tra realtà e immaginazione, tra presente e passato, tra reminiscenze e traumi mai del tutto dimenticati.
Protagonista della pellicola è Alice, quarantenne al suo rientro dall’America dopo una lunga assenza, a seguito della morte del padre, militare in pensione. Un ritorno in quella grande casa, con vista sul golfo di Napoli, che riapre inaspettatamente lo scrigno dei ricordi, per la solitaria e visibilmente scossa Alice, che si ritrova così a dover riaffrontare i fantasmi del proprio passato, riscoprendo verità volutamente rimosse legate al proprio io adolescenziale, ad un bimbo di nome Mark con cui giocava da bambina, e ad un drammatico giorno del 1967 che le ha cambiato l’esistenza…
“Non c’è passato e non c’è futuro. Il tempo è la misura del cambiamento“. La Comencini cita il fisico Carlo Rovelli nel presentare la sua ultima fatica, che vive costantemente su questo rapporto tra passato e presente, con sovrapposizioni continue tra linee temporali che si fanno addirittura dialogo esplicitato tra l’adulta, l’adolescente (Beatrice Grannò) e la bambina Alice. Come se fosse una matrioska, la Comencini delinea i molteplici tratti di una protagonista stravolta da un trauma, con tutti i suoi ‘io’ apparentemente differenti, perché segnati da quel fatidico 8 maggio del 1967.
Le due sceneggiatrici si ritrovano così a dover svelare un mistero (cosa è successo quel giorno?), che si accartoccia sempre più dinanzi ad uno sviluppo forzato e smisurato, solo parzialmente sorretto da un’intensa Giovanna Mezzogiorno, struccata, invecchiata, semplicemente mutata nel tempo. La sua Alice paga lo scotto di doversi rapportare a comprimari che non riescono a tenere il suo passo, dal punto di vista puramente recitativo, mentre la Comencini perde lentamente il controllo di un film dalla scrittura teatrale che nel raccontare il dramma di una violenza si fa sbrigativo e molto poco incisivo, causa finale gratuitamente e forzatamente rivelatorio.
Interamente girato a Napoli, tra Nisida, Posillipo e Bagnoli, eppure misteriosamente finanziariamente sostenuto dalla Regione Lazio con il Fondo Regionale per il Cinema e l’Audiovisivo, Tornare è un’opera a tratti inspiegabile e ingiustificabile nella sua discutibile evoluzione, anche perché elegante dal punto di vista registico e con una credibile Mezzogiorno, ma il ritrovato e pericoloso mondo di Alice si fa quasi immediatamente confuso puzzle di difficile (di)gestione. Il complicato rapporto con il padre militare, l’ingombrante assenza della madre, l’inesistente sorella minore e soprattutto questo ambiguo (ma scontatissimo nella sua finale rivelazione) Mark (interpretato da un molto poco convincente Vincenzo Amato) fanno da contorno ad una triplice Alice, accecata dai sensi di colpa e dalle domande inespresse. Un thriller sentimentale sviluppato su più piani temporali ingestibile per la stessa regista romana, mai apparsa tanto sfasata nella direzione da prendere e nel modo in cui prenderla, a tal punto da precipitare da uno scoglio evidentemente troppo irto e a strapiombo sul mare.
[rating title=”Voto di Federico” value=”3″ layout=”left”]
Tornare (Ita, drammatico, 2019) di Cristina Comencini; con Giovanna Mezzogiorno, Vincenzo Amato, Beatrice Grannò, Clelia Rossi Marcelli, Marco Valerio Montesano, Alessandro Acampora, Trevor White, Astrid Meloni, Tim Ahern, Barbara Ronchi, Lynn Swanson, Carla Carfagna