Totò e Tina, il cinema dell’oltre mondo piace ancora, Forever
I giorni del ricordo hanno messo insieme Totò e Tina, portati dal valore del loro talento e anche del vuoto di idee e di forza di cui è ammalato il cinema italiano
D’accordo, il protagonista di “L’imperatore di Capri”, Totò, Luigi Comencini regista; la co-protagonista Tina, con Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida, Comencini regista,in “Pane, amore e fantasia”, sono figure e film dei lontani anni Cinquanta. Pellicole da museo? Sì, tuttavia quando escono alla luce delle proiezioni recuperate, tutti questi signori d’antan splendono di una luce che non si deve soltanto al recupero di memorie infantili, ma a un bisogno insoddisfatto. I nostri bisogni insoddisfatti. I nostri bisogni costretti a prodotti nazionali insufficienti in un dilagare di operine d’ogni parte della terra che sono copie di neorealismi stiracchiati e stanchi.
Non si tratta solo di stabilire che il cinema italiano è in coma sorvegliato, con salvavita in azione; si tratta qualcosa di più: la fine di una creatività, tecnica più genio, che anche oggi magari c’è ma che nessuno, dico nessuno, è in grado di ravvivare, rivitalizzare.
Noi tutti sappiamo perché. Perché, detto in breve, il deserto di idee e di forme è autorizzare dal sistema di finanziamenti in cui si crogiola ingloriosa, o gloriosa per etichette attribuite da festival ormai sempre più assurdi, un attivismo mediocre che secerne speranze che presto tramontano, quasi sempre per inadeguatezza di soggetti validi, sostegni finanziari adeguati, confronto intelligente fra produttori e sceneggiatori e registi nell’elaborazione dei progetti da mandare (allo sbaraglio) sul mercato in affanno.
Non ho proposte da fare, né soluzioni, né contestazioni generiche. Osservo, sulla suggestione della formidabile coppia Totò e Tina, insieme o separata, che la sostanza del loro lavoro negli anni d’attività, non pochi, aveva un sapore e una sostanza precisi. Nel loro lavoro, non erano presenti, usati, né storie né personaggi fittizi, imposti, inventati, astratti. Al contrario, erano “uscite” dal crogiolo della società italiana che col tempo si scopriva diversa e nello stesso tempo cercava di dotarsi di uno sguardo libero, sereno, pungente; e di darsi caratteristiche e caratteri nuovi, da italiani in cerca di un destino comune, in un mondo con i piedi per terra e la mente aperta. Muoversi dentro un crogiolo di tradizioni ma anche di esperienze, impulsi, fascinazioni che arrivavano dal resto del mondo, nuovi costumi, nuovi modelli.
Negli anni di Totò e di Tina- a loro e a molti come loro (produttori, sceneggiatori, registi, attori)- si mescolava il cinema che veniva da Hollywood ma anche dalla Francia, dall’Inghilterra e da altri parti del globo. Totò e Tina, per età, erano figure dell’Italia del primo Novecento ma avevano l’intelligenza e la sapienza dell’Italia che era stata liberata dal fascismo e dalle sue manie autarchiche, e stava cercando un nuovo paese per un nuovo pubblico.
Questa intelligenza e sapienza si è smarrita. Come e perché? Il seguito alla prossima puntata di quello che non è un fumetto seriale ma una analisi senza pretese, sperimentale, di una situazione insostenibile, cambia lentamente, ostacolata da freni che penalizzano la creatività e sterilizzano in formule l’assoluta necessità di aggiornarsi, cambiare.