Home Curiosità “Totòtruffa 2013”: produttore vende senza diritti 133 pellicole agli USA

“Totòtruffa 2013”: produttore vende senza diritti 133 pellicole agli USA

Denunciato Alessandrio Jacchia, titolare della Albatros Entertainment: i militari della GdF insospettiti dall’improvviso boom nei conti della società.

pubblicato 17 Luglio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 11:57

Antonio De Curtis, in arte Totò e Nino Taranto, nel ’61 furono protagonisti dell’indimenticabile Totòtruffa ’62, con la famosissima scena della vendita della Fontana di Trevi allo sprovveduto turista americano. Ironia della sorte proprio molti film dell’artista partenopeo sono finiti coinvolti in una truffa milionaria scoperta dalla Guardia di Finanza di Roma: il produttore Angelo Jacchia, presidente della Albatros Entertainment, già conosciuto per serie tv come Don Matteo 3 e Lo scandalo della Banca Romana, è stato denunciato dalle fiamme gialle e gli sono stati sequestrati beni, in immobili, per due milioni di euro.

Il motivo? Tramite un giro di “scatole cinesi”, di società di comodo insomma, Jacchia avrebbe venduto a una società statunitense, attraverso un prestanome pakistano che avrebbe prima venduto a un avvocato italiano, ben 133 titoli di film, di cui buona parte con protagonista proprio Totò o altri grandi del nostro cinema d’epoca. Totòtruffa, Totò al Giro d’Italia, Totò le Mokò, Desiderio, Il signor Max e tanti altri: peccato che il sig. Jacchia non ne detenesse i diritti, in gran parte di proprietà Rai e che tutto questo giro fosse stato messo in piedi per ottenere illegalmente il rimborso dell’Iva. Tutto è iniziato nel 2008, quando la Guardia di Finanza ha iniziato a insospettirsi per gli improvvisi e cospicui versamenti che arrivavano nelle casse della Albatros: 11 milioni di euro in pochissimo tempo, derivati, appunto dalla vendita di 133 pellicole a una società americana. Le indagini hanno però messo in luce una verità complessa e truffaldina: inizialmente i film erano stati acquistati da un produttore pakistano e poi rivenduti a tale Giorgio Rosa, titolare di un’agenzia pubblicitaria. Quest’ultimo li avrebbe passati alla Albatros che infine li avrebbe venduti agli americani. Un giro d’affari da 21 milioni di euro, spesi però solo sulla carta per recuperare l’Iva, ma il lungo giro di compravendite non ha depistato gli investigatori.