Tribeca 2017, commento: la realtà virtuale resta la punta di diamante, The Endless il film da non perdere
Tribeca Film Festival 2017: il caos regna sempre un po’ sovrano nel programma della rassegna ideata da Robert De Niro. Non mancano i bei film, ma è di nuovo la sezione dei lavori in realtà virtuale, con Arden’s Wake e il primo film VR di Kathryn Bigelow, il vero fiore all’occhiello.
Mettiamola così: a prescindere dai risultati, da chi ha vinto e da chi se n’è andato a casa a mani vuote, dovreste essere più curiosi per il vincitore della sezione Storyscape che per i vincitori delle categorie filmiche canoniche. Dovreste sperare che molti dei lavori in realtà virtuale, dei giochi e delle installazioni arrivino da qualche parte in Italia il prima possibile.
Perché se l’altr’anno il Tribeca Film Festival si era prepotentemente posizionato sulla mappa internazionale tra le rassegne di punta nella scoperta del meglio dell’offerta VR, AR e immersive, nell’edizione 2017 conferma la sua affascinante capacità di scoprire e presentare i talenti che contano e le nuove compagnie digitali di punta.
Così, se Tribeca l’anno scorso presentava il primo capolavoro in immersive VR, Allumette, quest’anno presenta il nuovo straordinario lavoro dello stesso studio, il Penrose di Eugene Chung. Lo stile e il ‘mondo’ di Arden’s Wake sono in sintonia con il lavoro d’animazione precedente, ma invece di stare fra le nuvole qui si sprofonda negli abissi con un’eroina in cerca del padre tra le acque del mare. Si finisce inghiottiti a sorpresa (e con terrore) da un enorme drago marino. Il corto di 15 minuti fa parte di una trilogia: non vediamo l’ora di esplorare i due prossimi capitoli.
Arden’s Wake fa parte della sezione VR Arcade, dedicata solo a lavori in realtà virtuale. Qui è stato presentato The Protectors: Walk in the Ranger’s Shoes, co-diretto da Kathryn Bigelow. Un corto documentario in 360° ad alto impatto emotivo che ci fa vivere un giorno nella vita dei ranger del Garamba National Park in Congo. Con le sue implicazioni finali ricorda quasi The Hurt Locker.
Altra sorpresa, già vista al Sundance, è la prima escursione VR di Annapurna, lo studio dietro a film come Zero Dark Thirty, Spring Breakers e The Master, ora scesa anche in campo distributivo con Detroit della Bigelow. Life of Us di Chris Milk è una divertentissima corsa verso l’evoluzione umana tra dinosauri che ti rincorrono, scimmie che ti si attaccano addosso, e macchine che possono investirti. Interessanti anche altri lavori come il folle Extravaganza, che ci fa diventare pupazzetti di un puppet show, The People’s House, tour inedito per la Casa Bianca assieme a Barack e Michelle Obama, e Broken Night, che mette in posizione di rilievo la compagnia Eko (ex Interlude).
Ma è appunto il vincitore di Storyscapes a sorprendere, Treehugger: Wawona: un’esperienza totalmente sensoriale che permette al pubblico di abbracciare un soffice gigante albero finto, di ‘esplorarlo’ entrandoci dentro indossando un VR headset, uno zaino che dà vibrazioni al corpo, e dei sensori alle mani attraverso i quali muovere colori e forme nel mondo virtuale. C’è persino una forte componente olfattiva! Citazione d’obbligo per The Last Goodbye di Gabo Arora, tra i pionieri della realtà virtuale documentaristica. Si tratta del primo film VR che mette il pubblico in un campo di concentramento (quello di Majdanek), con la testimonianza del sopravvissuto Pinchas Gutter che racconta la sua storia.
Tra i lungometraggi, scelgo quattro tra i troppi titoli ‘nascosti’ e sperduti in troppe sottosezioni (che poi, nonostante i tagli, si trovano film mediocri e sopravvalutati come One Percent More Humid, addirittura vincitore di un premio). The Endless è la conferma del marchio Moorhead & Benson, coppia che continua a non vincere nulla ai festival ma con un bacino di fan in continua espansione. La loro ultima follia sci-fi espande addirittura l’universo del loro primo lavoro, l’ottimo Resolution, visto in Italia al Science+Fiction di Trieste. Quanta inventiva e capacità di creare un proprio universo che ha questa coppia di registi, tra i più entusiasmanti della scena indie americana.
City of Ghosts, punta di diamante tra i documentari, è il film che Matthew Heineman ha girato dopo Cartel Land. Si tratta di un altro solido, robusto documentario che conferma il coraggio del regista nell’affrontare materia pericolosissima (in tutti i sensi). Seguendo la cellula che ha iniziato la prima resistenza locale contro l’ISIS, Heineman colpisce duro e non fa sconti. Nella sezione di mezzanotte, spicca Super Dark Times, coming of age ambientato negli anni 90 con spruzzate di Netflix e inaspettate botte di violenza, mentre tra i film internazionali il film più giusto e dolceamaro è la composta commedia cecoslovacca Ice Mother.
Quello che continua a mancare a Tribeca è forse però qualche rischio in più in fatto di programmazione. La sua collocazione tra Sundance/SXSW e Cannes compromette molte delle sue potenzialità, ma non può continuare ad essere un alibi in eterno. The Endless, alla fin fine, rischia di ritrovarsi perduto tra i troppi titoli (e il fatto che non abbia vinto premi non aiuta). Allo stesso tempo, la sezione VR vola, così come quella dedicata a TV e serie, con l’ottima The Handmaid’s Tale e la follia indie di The Eyeslicer a catalizzare l’attenzione. Che bello sarebbe se Tribeca riuscire a trovare una formula per celebrare Moorhead & Benson come si deve accanto a progetti che non sono film tradizionali!