Home Trionfalisti e Depressi: mi sto preparando al Roma Film Fest 2010

Trionfalisti e Depressi: mi sto preparando al Roma Film Fest 2010

Dopo la Mostra di Venezia, arriva il Roma Film Festival dal 28 ottobre al 5 novembre. Ci andrò, incuriosito, sia sul programma che proporrà, sia per quanto riguarda le ondate polemiche che dalla Laguna si sono accanite, spostandosi, come uno tsunami (risaputo) che ha urtato tutta la situazione del cinema italiano. Che non vince più

pubblicato 30 Settembre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 19:56


Dopo la Mostra di Venezia, arriva il Roma Film Festival dal 28 ottobre al 5 novembre. Ci andrò, incuriosito, sia sul programma che proporrà, sia per quanto riguarda le ondate polemiche che dalla Laguna si sono accanite, spostandosi, come uno tsunami (risaputo) che ha urtato tutta la situazione del cinema italiano. Che non vince più niente. Gomorra di Matteo Garrone e Il divo di Paolo Sorrentino, film premiati all’ormai stinto Festival di Cannes, sembrano lontanissimi.

Credo che questa “enorme” distanza (tutto sommato due anni) possieda una forte suggestione psicologica. Ovvero, il successo lo distanziamo perché siamo un pubblico di addetti ai lavori affetti da masochismo. Ovvero, meglio: che oscilla fra un trionfalismo esagerato e una depressione esasperata. Adesso, il punto è questo: questa schizofrenia è dovuta a una consapevolezza profonda che consiste nel non ritrovare nel nostro cinema quella solidità che pure aveva, e che lo ha reso famoso nel mondo.

La solidità non viene soltanto dal prestigio che ebbe il neorealismo di Rossellini, De Sica, Visconti & Co., prestigio che dilagò da Truffaut e Scorsese; ma viene dalla potenza complessiva del cinema italiano che seguì il neorealismo. Tutta la storia da Pane, amore e fantasia, 1952-considerato il film di svolta dal melodramma neorealistico alla commedia ironico e sentimentale del lungo dopoguerra- agli anni Settanta, e poco dopo, è una sintesi avventurosa e straordinaria di un passato discusso e un futuro che ha tardato parecchio a comparire (vogliamo indicare Garrone e Sorrentino i nuovi di questo futuro in cammino?).

Il passato era il cinema degli anni Trenta e Quaranta, dai film epici di Blasetti alle commedie di Camerini, che travasò la sua lezione negli allievi Rossellini & Co., i quali a loro volta diedero una scossa decisiva a tutto il nostro cinema, ispirando tutta la cosiddetta commedia all’italiana dei Risi, Monicelli, Germi & C. Mi fermo qui. Non voglio farla io una lezione. Vorrei limitarmi a dire che questa è stata l’ossatura della grandezza di un un cinema, quello italiano, che resiste nonostante la marea di finti competenti, affaristi di stato, imbroglioni, mistificatori che inquina i produttori veri (pochi), i finanziatori seri fuori e dentro le televisioni (pochi), gli autori stessi (pochi, in quanto la maggior parte di essi hanno, come dire, lo spirito di dipendenti statali).

Ecco, dopo Venezia, vado a Roma per vedere che aria si respira. Se spariranno almeno un tantino le sofferenze per i mancati (giustamente) premi e per tutti i dibattiti catastrofici che sono venuti dopo, e che continuano. Spero anche in una scelta di film stranieri ben diversa da quella premiata a Venezia dal diabolico familista Quentin Tarantino. Questa Coppola, questo Hellman, questo De La Iglesia se li può tenere lui con gli accoliti tarantiniani tarantolati. Non si tratta di boiate, sono peggio: sono equivoci del commediante Tarantino fra scolorito tricolore del padre italiano e stelle a strisce del suo cinema. Mentalità da serie B.

Festival di Venezia