Troppo Amici: intervista ai registi, poster italiano, colonna sonora e curiosità sui personaggi
I due registi di Quasi Amici tornano nei cinema d’Italia con Troppo Amici, film in realtà ‘vecchio’ di 3 anni…
Da noi qui recensito in anteprima, Troppo Amici sarà nei cinema italiani tra 48 ore, anche se con 3 anni di ritardo rispetto all’uscita originale. Perché Olivier Nakache ed Eric Toledano, registi del campione d’incassi Quasi Amici, hanno dato vita a questa commedia nel 2009. Solo il boom del film successivo, riuscito ad incassare 15 milioni di euro sul suolo italiano, ha convinto la Moviemax a distribuire anche Tellement Proches, pellicola alquanto divertente che torna quest’oggi a far sua la nostra attenzione grazie ad una serie di novità.
Dopo il saltino, infatti, potrete leggere un’intervista ai due registi, una serie di curiosità sui folli protagonisti della loro pellicola, e la colonna sonora ufficiale, oltre a poter ammirare la locandina tricolore qui a sinistra. Interpretato da Vincent Elbaz, Isabelle Carré, François-Xavier Demaison ed Omar Sy, già visto in Quasi Amici (tutto torna), il film prova a pennellare una sua visione di famiglia ‘moderna’: Quando Alain (Vincent Elbaz) ha sposato Nathalie (Isabelle Carré) non sapeva che avrebbe sposato anche tutta la sua famiglia. C’è Jean-Pierre (Francois-Xavier Demaison), il cognato accompagnato dalla moglie Catherine (Audrey Dana) e la perfettissima nipote Gaëlle. C’è Roxane (Joséphine De Meaux), la cognata, che in preda all’accelerazione del suo orologio biologico assilla la vita di Bruno (Omar Sy). Stasera tutti a cena da Jean-Pierre.
INTERVISTA COI REALIZZATORI
“Troppo amici” è il vostro terzo film, com’è nata l’idea?
Eric Toledano: «La famiglia è uno dei temi che ci ha sempre affascinato. Rappresenta uno spaccato della realtà di ognuno di noi. Passiamo la vita a cercare di staccarci dalla famiglia, ma allo stesso tempo non possiamo farne a meno tanta è l’influenza che esercita su di noi. E’ alla base della nostra vita, anche se piena di paradossi. Per alcuni è il solo rifugio possibile, per altri una specie di prigione soffocante. Una volta ho letto una definizione di famiglia che spiega bene questo dualismo: “Vivere insieme ci uccide, separarci è mortale”. Anche se la famiglia in questione non è la nostra, comunque rappresenta bene la famiglia moderna. I nostri film precedenti si basavano sulle esperienze passate, questo invece incarna i nostri pensieri sul presente».
Olivier Nakache: «Il soggetto di “Troppo Amici” ci è venuto naturale, come un’espressione dei pensieri che avevamo in comune e quelli opposti sulla famiglia. O meglio, sulle famiglie, sia quelle “di sangue” che quelle “acquisite”, come quelle culturali o religiose».
Avete tratto ispirazione dalle vostre vere famiglie per scrivere questo film?
ON: «Mah, si e no. Con Eric siamo partiti senz’altro dai nostri aneddoti familiari, di solito è così che nascono i nostri soggetti. E siccome entrambi proveniamo da famiglie numerose e molto “colorate”, col passare delle settimane ne abbiamo raccolti moltissimi. E’ chiaro che poi abbiamo dovuto esagerare ed esasperare alcune situazioni per renderle realistiche ma allo stesso tempo strane, e spero anche emozionanti. Comunque ci siamo affidati a un consulente famigliare, per poter arricchire la storia».
ET: «Gli abbiamo chiesto (al terapeuta, ndt) di raccontarci quali siano i conflitti più ricorrenti nelle famiglie che assiste. Per esempio è stato proprio grazie a una seduta con il terapeuta che abbiamo scoperto il concetto di “invasione” di un nucleo familiare da parte della famiglia di origine di uno dei due. E’ una situazione molto frequente che genera tensioni molto profonde, dalla quale abbiamo preso spunto per tracciare alcuni aspetti della vita di Jean-
(François-Xavier Demaison).
Perché l’ambientazione proprio a Choux de Creteil?
ON: «Sia io che Olivier siamo originari di Choux de Creteil, ci andiamo spesso a trovare le nostre famiglie. Dal punto di vista architettonico, è un posto fuori dal mondo. Sembra di essere su Marte, un posto slegato dal resto dell’universo, perso in un’altra dimensione. Alain ha caldo, fuma, si sente oppresso, vuole scappare via. La tensione sale, sale, sale… e a un certo punto… boom!».
L’impressione è che se Yves Robert, autore di “Certi piccolissimi peccati”, avesse deciso di fare un ritratto di famiglia, sarebbe stato molto somigliante a “Troppo amici”…
ON: «Un paragone lusinghiero. Tra i registi francesi, Robert è senz’altro una delle maggiori fonti di ispirazione per il nostro lavoro. Nel suo film, è stato capace di dipingere con un sottile senso dell’umorismo ognuno dei suoi personaggi e far loro mantenere una identità definita, il cui ricordo rimane indelebile nello spettatore. Sotto altri aspetti invece ci siamo ispirati a Claude Sautet, al suo realismo, alla finezza della sua scrittura, che sono ancora modelli molto attuali».
ET: «Abbiamo entrambi una grande passione per i film “abbondanti”, ritmati, pieni di musica e di personaggi. Ci piace il movimento, il chiasso, le risate, le emozioni, tutte cose che ritroviamo nei film di Lelouch o Klapisch, o ancora in quelli di Woody Allen. Questa famiglia è come il tronco di un albero, da cui si diparte una lunga serie di rami, che sono poi le storie collaterali: gli immigrati clandestini pakistani ospitati da Nathalie, gli scioperi sostenuti da Jean-Pierre, Catherine e la comunità religioso-ebraica, un medico praticante di origine senegalese che tutti scambiano per un badante o un portiere…».
Quanto tempo ha richiesto la stesura di una sceneggiatura così complessa?
ON: «Circa due anni. La prima stesura ci è costata sei mesi di lavoro. Alcuni autori-registi sono scrittori più esperti che sanno perfettamente come sceneggiare i loro film. Noi siamo del tutto diversi. Siamo alla ricerca continua dell’espediente in più, del valore aggiunto, di una idea nuova, dovunque provenga».
ET: «Anche se siamo molto rigorosi nel processo di scrittura, una scena non prende mai vita del tutto fintanto che non sono stati scelti gli attori ed è stata fatta un’ultima stesura del copione. A volte la scena si completa direttamente durante le riprese, con battute che esono fuori così, di getto. Potremmo paragonare questo processo a una musica molto ricercata. Al cinema, soprattutto quando si tratta di commedie, un sguardo, un respiro, una parola, una espressione, possono fare la differenza. E’ la continua ricerca della nota mancante
che caratterizza il nostro lavoro, il processo di scrittura a volte si estende anche alla fase di montaggio, al missaggio. Abbiamo fatto lo stesso con “Those Happy Days” e il risultato è stato sorprendente, anche per noi stessi. Per esempio, la scena di Roxane e del bambino al supermercato non ci soddisfaceva: è stato solo riguardandola che ci è venuta in mente la battuta “Puoi prestarmi tuo figlio ogni tanto!”. E la scena prende tutto un altro sapore».
Questo vostro modo di lavorare, quanto incide sulle riprese?
ON: «E’ un metodo che spesso destabilizza gli attori e deve essere concordato anche con il direttore della fotografia. Siamo alla seconda collaborazione con Rémy Chevrin, che sa perfettamente come improvvisare con la camera e adattarsi al ritmo degli attori. Ormai lo sanno tutti che all’improvviso possiamo chiedere di rifare una scena che andrà in una direzione totalmente opposta a quella della ripresa precedente. E’ uno dei motivi per cui usiamo molto lo zoom, è una tecnica che ci permette di cambiare prospettiva ogni volta che vogliamo».
ET: «Mentre stavamo girando il nostro primo film, con Gérard Depardieu, alla fine di una scena dissi “E’ buona, rifacciamola”. E lui si stupì, dicendo “Se è buona, perché rifarla?”. Non aveva torto, in realtà. Ma anche se una scena è buona, mi piace rifarla con quel minimo di cambiamenti “fisiologici” che ci consentiranno poi, in fase di montaggio, di avere piùnmateriale per le mani».
ON: «Anche se poi al direttore di produzione viene l’ulcera».
Tre film, tre commedie. Per quale motivo preferite questo genere?
ET: «Abbiamo in ballo la storia di una donna che si suicida una mattina dopo aver preso ilncaffè, proprio quando è pronto il suo toast… Ma non è il momento giusto, in questo momentonabbiamo ancora troppa voglia di ridere e far ridere. In qualunque modo sia possibile far ridere la gente, che si tratti di un riso leggero o più amaro. Per adesso vogliamo continuare così, visto che è già una sfida continua riuscire in questo genere di film».
ON: «Quando esce un nostro film, Eric e io ci divertiamo ad andare in incognito nelle sale cinematografiche per vedere se i nostri spettatori ridono. Sentirli divertirsi è una ricompensa immediata per il nostro lavoro, come una medicina che allevia immediatamente un dolore forte».
Nel vostro film non mettete insieme solamente famiglie e comunità diverse, manriuscite a far interagire attori provenienti da esperienze diametralmente opposte.
ET: «Non è facile nel cinema francese formare una coppia inedita di attori. Vincent Elbaz e Isabelle Carré hanno avuto formazioni diverse, non lavorano nello stesso modo, ma eravamo convinti che insieme potessero sprigionare una certa alchimia. Non ci siamo sbagliati».
ON: «Ci piace mischiare i generi, le personalità, i caratteri. “Troppo amici” è anche un incontro di attori che vengono da differenti realtà: chi dal teatro, come François-Xavier Demaison, chi dal cinema d’autore come Audrey Dana, e poi ci sono quelli con cui abbiamo già lavorato in passato, come Joséphine de Meaux e Omar Sy. Già dalla prima lettura del copione si è creato un flusso comunicativo fra tutti che si è poi rafforzato durante le riprese».
ET: «Cerchiamo di dedicare la stessa attenzione a ciascuno degli attori. Alcuni di loro hanno preso parte a quasi tutti i nostri film, anche i corti. Come nel caso di Lise Lamétrie, o Catherine Hosmalin (che balla un lento languido con Vincet Elbaz nel bel mezzo della cucina),
Jean Benguingui o ancora Lionel Abelanski…».
Le riprese di “Troppo amici” sono state più tranquille rispetto ai film precedenti?
ON: «Certamente. In “Je Préfère qu’on reste amis” abbiamo “scoperto” il lungometraggio con gioia, sicuramente, ma è stato anche stressante. In “Those Happy Days”, gestire 24 ragazzi non è stata propriamente una passeggiata. Stavolta c’erano tutte le condizioni necessarie per lavorare con tranquillità».
I vostri familiari avevano paura che poteste rivelare al mondo qualche loro piccolo segreto… dite la verità, lo avete fatto?
ET: «Mia suocera, che per adesso non ha ancora visto il film, ha detto che trova interessante essere una fonte di ispirazione. Ma del resto abbiamo mischiato talmente le carte…».
ON: «Confidiamo nel loro senso dell’umorismo, del resto abbiamo talmente esasperato le cose…».
ET: «Per quanto, qualcuno dei nostri veri parenti appare sullo schermo, ed è proprio a loro che abbiamo dedicato il film».
ON: «E’ il nostro modo, un po’ sghembo e dissacrante, di dimostrare loro quanto siano importanti».
Prossimi progetti?
ON: «C’è sempre la storia di questa donna e del suo toast a colazione… ci stiamo lavorando».
PERSONAGGI:
VINCENT ELBAZ (ALAIN)
Carta d’identità
Nome: Alain
Soprannome al Club Med: Pipo
Situazione familiare: sposato con Nathalie. Due figli: Lucien e Prosper
Professione: disoccupato. E non fa nulla per trovare un lavoro
Manie: quando si annoia, racconta a Nathalie la storia dell’architetto che ha costruito Choux
de Creteil e che si è suicidato dopo aver visto il risultato
Abitudini: mettere le vecchie magliette del Club Med. O “sfilare” davanti alle baby sitter in
smoking ormai troppo stretti
Il suo segreto: mangiare madeleine e altri dolci di nascosto dalla moglie. E chi se ne importa
della dieta!
Non sopporta più: vedere l’attaccamento morboso che hanno sua moglie e la sua
famiglia, «come le cozze a uno scoglio» e dover andare tutti i sabati a cena a Creteil a casa
del cognato Jean-Pierre.
ISABELLE CARRE’ (NATHALIE)
Carta d’identità
Nome: Nathalie
Situazione familiare: sposata con Alain. Due figli, Lucien e Prosper
Professione: dirige un supermarket
Manie: vive in simbiosi coi fratelli Jean-Pierre e Roxane, «come le cozze su uno scoglio»
Il suo segreto: spilla soldi dalle casse del supermercato per aiutare il fratello Jean-Pierre
Non digerisce: il primo regalo ricevuto dal suocero, un profumo chiamato Poison
Non sopporta: che suo marito si comporti come un amico con i figli, e non come un padre,
tanto da spingerla ad affidarsi a un consulente familiare
FRANÇOIS-XAVIER DEMAISON (JEAN-PIERRE)
Carta d’identità
Nome: Jean-Pierre
Situazione familiare: sposato con Catherine. Due figlie, Gaëlle e Juliette
Professione: avvocato
Manie: pretende di dare lezioni di vita a tutti, soprattutto a chi non glielo ha chiesto
Il suo segreto: smercia tostapane insieme a un vecchio cliente, Patrice
Tasso alcolemico: troppo alto. Soprattutto dopo aver bevuto troppi bicchieri di un liquore
pakistano che gli ha portato Farath
Motivo d’orgoglio: i disegni della figlia di sei anni e mezzo che ha incorniciato e appeso al
muro in corridoio
Non sopporta: che la moglie, Catherine-Marie Poitevin, all’improvviso decida di farsi chiamare
Rebecca. E che sua suocera Colette abbia una passione smodata per i suoi slip
AUDREY DANA (CATHERINE)
Carta d’identità
Nome: Catherine
Situazione familiare: sposata con Jean-Pierre. Due figlie, Gaëlle e Juliette
Professione: madre di famiglia
Manie: pretende che chiunque entri in casa sua si tolga le scarpe e le lasci all’ingresso
Abitudini: indossa spesso dei lunghi chemisier bordeaux che si intonano con la tinta delle
pareti
Religione: ebraica. O almeno è quello che vuol far credere a Monsieur Kadoche, attaccando
mezuzah a rotta di collo sui muri di casa o organizzando corsi di talmud in salotto
Il suo orgoglio: che sua figlia canti “Clip Clap Clip Clap” in tedesco davanti agli invitati
Non sopporta: il disordine, il baccano, e soprattutto suo nipote Lucien
OMAR SY (BRUNO)
Carta d’identità
Nome: Bruno
Situazione familiare: fidanzato con Roxane. Be’, dipende dai giorni
Professione: medico praticante
Manie: ha la rara capacità di esasperare Roxane, soprattutto di notte, quando lei è alla guida
di ritorno da una cena
Abitudini: nei giorni di pioggia mette un impermeabile e tira su il cappuccio in maniera molto
sexy. Non stupisce che Roxane si sia innamorata di lui
Sex appeal: a sua insaputa, Jean-Pierre gli ha dato un 13/20, Catherine 15… non male!
Difetti: vuole prima finire il suo internato di quattro anni e poi avere dei figli
Non sopporta più: che tutti lo scambino per un badante, un infermiere, un portiere o un
venditore ambulante
JOSEPHINE DE MEAUX (ROXANE)
Carta d’identità
Nome: Roxane
Situazione familiare: fidanzata con Bruno. Be’, dipende dai giorni!
Professione: responsabile in un supermercato
Manie: abbandonare il fidanzato sul ciglio dell’autostrada, di notte, quando lui si permette di
contraddirla
Ossessione: vuole talmente tanto un figlio che ne prenderà a prestito uno per qualche
secondo da una madre decisamente irritata dal suo gesto
Alimentazione: interi vasetti di miele d’acacia che le ha regalato Bruno e che mangia a
cucchiaiate ingozzandosi nei momenti di depressione
Cosa la stupisce: che Bruno abbia ottenuto un 13/20 da Jean-Pierre
Non sopporta: che i trasportatori parcheggino ovunque vogliano, che Bruno abbia a che fare
con la sua famiglia, le manie giudaico religiose di sua cognata, e svariate altre cose.
Colonna Sonora
01 – For Once In My Life
02 – Spooky
03 – Take Yo’ Praise
04 – Spleen d’Alain
05 – Es Klappert Die Mühle
06 – Seven Days In Sunny June
07 – Family Business
08 – You’re The One
09 – Kol Aolam
10 – Let’s All Chant
11 – Say It Ain’t So, Joe
12 – Bruno & Roxane
13 – Beggin
15 – Tellement Proches: Piano Solo