Venezia 2019, Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores: road movie dai facili sentimenti
Il regista di Educazione Siberiana porta al cinema la vera storia di Andrea e Franco Antonello.
Liberamente ispirato al romanzo Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas, che raccontava la storia vera di Andrea e Franco Antonello, padre e figlio autistico che hanno viaggiato in moto dagli Stati Uniti al Sud America, Tutto il mio folle amore è sbarcato fuori Concorso alla 76esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
Protagonista è Vincent, adolescente autistico che nel corso della propria vita non ha mai conosciuto il padre biologico. Al suo fianco ha la protettiva madre, interpretata da Valeria Golino, e suo marito, un pacato ed esilarante editore interpretato da Diego Abatantuono, fino a quando dal nulla, una sera, non si fa vivo Willi, Domenico Modugno della Dalmazia interpretato da Claudio Santamaria. Cantante fallito che girovaga tra Slovenia e Croazia, Willie irrompe nella vita di Vincent, portandolo con sè in tour. Una folle avventura che obbligherà entrambi a conoscersi, ad avvicinarsi l’uno all’altro, a volersi bene, mentre Elena e Mario, ovvero i due genitori del 16enne, sono disperatamente sulle loro tracce.
Un road movie dei facili sentimenti, quello diretto da Salvatores, con un adolescente che di fatto obbliga tre adulti a inseguirlo, facendo i conti con sé stessi. In uscita al cinema a fine ottobre, Tutto il mio folle amore è un feel good movie, ovvero uno di quei titoli che attraverso il dolore, le lacrime, finisce per suscitare sentimenti positivi nei confronti dello spettatore, attraverso sorrisi che cavalcando la strada dell’irriverenza provano a soppesare l’immancabile ricatto emotivo, puntualmente dietro l’angolo.
Santamaria, che nel 2007 fu Rino Gaetano per la tv, indossa in questo caso gli abiti di un Modugno dei poracci, cialtrone nonché sciupafemmine dal baffo intrigante e dal portafoglio leggerissimo, fuggito a suo tempo dinanzi alla responsabilità della paternità e ora ritrovatosi tra le braccia di un ragazzino ‘diverso’ da tutti gli altri, interpretato da Giulio Pranno. Il regista di Mediterraneo guarda all’amore genitoriale, che in questo caso coinvolge legami di sangue e non, rimarcando l’unicità, la bellezza e la dirompente forza della diversità.
Nel farlo Salvatores, ma soprattutto gli sceneggiatori Umberto Contarello e Sara Mosetti, va incontro a tutti i cliché di genere forzando pesantemente la mano dell’emotività, accentuata dalle musiche e scossa ripetutamente per 3/4 di pellicola, che di base parte con pochi slanci di credibilità. D’altronde un minorenne autistico sparisce nel cuore della notte a causa di un inaffidabile padre da lui mai visto prima, eppure la reazione dei due genitori che l’hanno cresciuto non è certamente quella che chiunque sano di mente si aspetterebbe (soprattutto da parte del padre adottivo). Non poche altre situazioni lasciano perplessi, con la strada del grottesco che faticosamente incrocia quella della verosimiglianza, mentre il road movie si fa automaticamente doppio, tra chi scappa e chi insegue, così come il confronto serrato, che se da una parte vede padre e figlio per la prima volta faccia a faccia, dall’altra obbliga moglie e marito a dirsi quello che forse non si erano mai detti prima.
Un nuovo viaggio esistenziale, quello diretto da Salvatores, per condurre i suoi protagonisti al tanto atteso cambiamento, rappresentato con cura nella sua forma puramente estetica ma sentimentalmente forzato nei contenuti.
[rating title=”Voto di Federico” value=”5.5″ layout=”left”]
Tutto il mio folle amore (Ita, drammatico, 2019) di Gabriele Salvatores; con Claudio Santamaria, Valeria Golino, Diego Abatantuono, Giulio Pranno – FUORI CONCORSO