Un’altra storia, a Cinecittà, 77 anni: in 6000 nei giorni della Pasqua
Nei recenti giorni festivi, i giorni prima del compleanno della fondazione della Città del cinema, una partecipazione dei visitatori tra gli studi e i viali…
Hanno aperto un caffè con libreria a Cinecittà, accanto al prato dove troneggia una gran testa uscita dalla scenografia di un film di Fellini, molto fotografata. Proprio una gentile ragazza che sta alla cassa della libreria mi riferisce che nel giorno di pasquetta 1500 persone sono entrate per visitare Cinecittà, e la sua Mostra solo in parte aperte, e frequentare caffè e libreria. La notizia mi sorprende. Chiedo conferme: mi dicono che le persone, nei giorni delle feste, sono stati in complesso 6000.
Seconda sorpresa. Un dato che fa pensare. La macchina della leggenda non è perduta, marcia a ancora, sarebbe bello che riprendesse a marciare il cinema, così come abbiamo detto e non ci stanchiamo di dire, chiedere. Attendiamo risposte. E intanto, però, continuiamo la nostra breve storia di Cinecittà. Ricordo che ci sono state tre Cinecittà: quella voluta, aperta, messa in moto dal fascismo; la seconda, quella nata dopo la chiusura (1943- 1949) a causa della guerra, che si è estesa negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta; infine, la terza, quella dei decenni successivi (1980- oggi). Per la seconda, riprendo il filo dei registi che, con attori, sceneggiatori, musicisti, scenografi e costumisti , hanno messo le basi con i produttori di un cinema che mi si rivela giorno per giorno, visto che lo sto rivedendo in grandissima parte per poi raccontarlo, molto più interessante e vivo di quanto si possa pensare.
Uno di questi registi, oltre ai citati, è Pietro Germi, bravo, geniale, dal carattere brusco, attento ai temi sociali, spesso incompreso o volutamente dimenticato, anzi criticato per motivi non di stretta qualità ma per prevenzioni politiche (non piaceva a non pochi critici di sinistra). Un regista della commedia italiana, intorno al quale si raccolgono Dino Risi e molti altri. Cinecittà continua ad aprirsi ai registi stranieri , anche europei, in questi casi nel novero di coproduzioni, lungo tutti gli anni 60.
Pietro Germi
(Un maledetto imbroglio, Divorzio all’italiana, Sedotta e abbandonata, Signore e signori). Agli inizi dei Sessanta, Germi colpisce il costume italiano, passando dal Sud e dalle province del Nord. Prima con “Divorzio all’italiana” denuncia il ritardo della regolamentazione delle separazione tra i coniugi; e poi con “Sedotta e abbandonata” i matrimoni combinati dopo la “fuitina” di una ragazza con il suo seduttore. Il terzo film è “Signore e signori”, satira provocatoria della realtà provinciale del Veneto. Con il concorso di attori Mastroianni, Stefania Sandrelli.
Dino Risi
(Operazione San Gennaro, Straziami ma di baci saziami). L’autore del “Sorpasso”, che apre gli anni Sessanta, gira a Cinecittà due film divertenti, uno affidato a Totò, a Manfredi e Pippo Baudo, “Operazione San Gennaro”; e uno ancora con Manfredi e Ugo Tognazzi, “Straziami ma di baci saziami”. Gira anche “Una vita difficile” (ritratto anticonvenzionale nell’Italia del capitalismo smodato e Corrotto) e “I mostri”, due commedie pungenti sull’Italia che vive tra speculatori e personaggi pescati nella realtà di tutti i giorni, protagonisti Tognazzi e Gassman.
Mario Monicelli
(Boccaccio ’70, Casanova ’70, L’armata Brancaleone, I compagni, Alta infedeltà). La commedia italiana con Monicelli passa con disinvoltura dalla denuncia satirica alla storia in costume messa in caricatura. A Cinecittà, il brillante regista gira “Boccaccio ‘70” e “Casanova ‘70”, film a episodi diretti da altri registi; e poi realizza lo strepitoso “L’arma Brancaleone” con Gassman ed Enrico Maria Salerno che avrà un seguito. Gli attori sono in costume ma le frecce sono dirette all’Italia degli Sessanta, con situazioni paradossali attinte a storie e personaggi caricaturali del Medioevo.
Bernard Borderie
(I tre moschettieri, Rocambole, L’agente federale). Regista francese di film in costume, e non solo, arriva a Cinecittà con “L’indomabile Angelica” e “Angelica e il gran sultano”. Si tratta di una serie di cinque film che ebbe un enorme successo, ambientata nella corte di Luigi XIV, interpretata da Michel Mercier, bellissima, che cerca di resistere alla difficile condizione della donna in quei tempi, prima della rivoluzione.
Marco Ferreri
(L’Harem). Ferreri viene dalla Spagna dove ha girato “El pisito” e “El cochecito” che lo rivelano subito come un regista di talento. Debutta in Itali nel ’62 in “Le italiane in amore”, film episodi, poi con “L’ape regina”, “La donna scimmia” e “Marcia nuziale” conquista crescenti simpatie anche di pubblico per la sua vena visionaria e sarcastica. A Cinecittà nel ’67 gira “Harem”, la storia sul filo del paradosso di un omosessuale assunto con le mansioni di eunuco da una coppia di amici. Con una diva americana allora molto famosa: Carroll Baker.
Lina Wermuller
(I basilischi, Questa volta parliamo di uomini, Rita la zanzara, Mimì metallurgico) Con Liliana Cavani, che ha debuttato con “Francesco”, film per la tv e poi circolato nelle sale, la Wermuller è una delle poche donne dei set italiani. A Cinecittà realizza “Questa volta parliamo di uomini ”, con Manfredi e Luciana Paluzzi (già comparsa in un film di James Bond); ad episodi tuttu della regista Nel primo, il tema tipico dell’epoca: un “uomo d’onore”, industriale sull’orlo della crisi incoraggia la moglie a rubare. Commedia all’italiana dalle unghie aguzze scrivono i giornali; ne farà delle altre.
Franco Zeffirelli
(Camping, La bisbetica domata, Romeo e Giulietta”). Un cast internazionale per “Romeo e Giulietta”, Olivia Hussey e Michael York; come del resto era accaduto con divi internazionali per il precedente “La bisbetica domata”nel ’67: Richard Burton e Liz Taylor. La grande, disperata, storia d’amore tra i due ragazzi veronesi ha un buon ritmo ed eleganza. Girato a Cinecittà, sostenuto da una bella colonna sonora, l’ennesimo film ispirato a Shakespeare apre a Zeffirelli la strada di Hollywood. Tornerà per dirigere “Fratello Sole, sorella Luna”, quindi si dedicherà a filmare opere: “Otello”, “La Traviata”.
Oltre ai registi-autori, il cinema italiano scopriva e dilatava i generi: poliziesco, gialli, fantascienza, storico- mitologico, commedie sexy.…quasi sempre per imitazione. I film di maggiore successo mondiale venivano messi parodia da registi e da attori abituati alla caricatura. Alcuni registi di questo tipo sono stati rivalutati negli anni Duemila anche fuori d’Italia anche grazie Quentin Tarantino. Li si contrapponeva al cinema d’autore, ricordano la vena popolaresca, garbata o invece “ardita”. Cinecittà ne produsse una quantità notevole. I titoli del film sono spesso espliciti, e dichiarano una chiara appartenenza ai generi. Vittorio Sala (Operazione polifemo); Pasquale Festa Campanile (Con amore, La cintura di castità, La matriarca); Riccardo Freda (Gli argonauti, Double face); Mario Bava (Ercole al centro della terra, Terrore nello spazio, Due mafiosi);
Luciano Salce
(Il federale,La voglia matta); Sergio Corbucci (L’uomo che ride); Ugo Tognazzi (Il fischio al naso); Vittorio Caprioli (Scusi facciamo l’amore); Fernando Cerchio (La tomba del re); Antonio Margheriti ( I luoghi capelli della morte); Mariano Laurenti (Bandiera gialla);Damiano Damiani (Il sicario); Marco Vicario (Sette uomini d’oro, Paolo il caldo, Homo eroticus); Gianni Puccini (L’attico, Io uccido tu uccidi); Mario Caiano (Eric il Vichingo);Sergio Grieco (007 dall’Oriente con furore, Missione Bloody Mary); Massimo Franciosa (Il morbidone); Bruno Corbucci (Spia spione);Franco Prosperi (Mondo cane, Qualcuno ha tradito);Steno (Dorellik, La feldmarescialla con Rita Pavone, Sette donne a testa); Marcello Lucidi (I cinque giorni del Sinai); Marcello Ciorciolini (Il barbiere di Sicilia con Franchi e Ingrassia);Alberto De Martino (Femmine insaziabili).
Un lunga pellicola che si attorcigliava intorno alle mura, provate dal tempo, della Cinecittà che vorrebbe vivere ancora.