Underworld – Blood Wars: recensione in anteprima
In questa quinta iterazione Underworld prosegue imperterrito per la propria strada, che è poi quella della sua protagonista, Selene, una Kate Beckinsale oramai fagocitata da questa saga
È sempre Selene (Kate Beckinsale): da lei tutto parte e a lei tutto torna, anche in Underworld – Blood Wars. Dopo aver promesso alla figlia Eve che non l’avrebbe cercata per nessuna ragione, nondimeno la più letale dei vampiri si trova nuovamente a fronteggiare i lycan. I più avvezzi alla saga ricorderanno che precedentemente Selene ha dovuto destreggiarsi tra la diffidenza dei suoi simili e l’atavico odio dei licantropi, restando praticamente sola. I nemici di una vita sono però tornati, alle dipendenze di un Marius sempre più convinto nel perseguire l’estinzione dei vampiri; per riuscirci sa di dover trovare Eve per servirsi del sangue della giovane, sulla quale, in quanto ibrido, sta o cade l’esito di questa millenaria guerra tra specie.
La scelta di affidare il quinto capitolo della saga ad un’esordiente è senz’altro dettata dall’esigenza pressante di infondere un po’ di vita ad una saga che, al contrario, è più di là che di qua; Anna Foerster non va per il sottile, evitando di appesantire un prodotto che si rivolge ad un’audience specifica, alla quale presumibilmente certi fronzoli non interessano. Dunque impossibile resistere alla tentazione di indulgere in certi trick visivi e scene ad effetto, ai limiti di quel truculento che però ha un suo perché nell’economia del progetto. Rispetto a Resident Evil peraltro, con particolare riferimento all’Apocalypse, la presenza della Beckinsale risulta sì pesante ma non a tal punto da calamitare su di sé ogni cosa. Blood Wars è evidentemente episodio di passaggio, che introduce il prossimo atto di Underworld e che, come eloquentemente lascia intendere il titolo, parla di dinastie e successioni.
Tematica che, manco a dirlo, non viene esplorata in nessun senso, al netto di doppi-giochi e tradimenti da entrambe le parti, giusto per aggiungere un pizzico di pepe e proprio in funzione di quell’asciuttezza narrativa che non finisca col risultare ingombrante rispetto allo spettacolo. Anche su altri fronti si tende al risparmio, il che non necessariamente un male; lato Fantasy, infatti, l’immaginario della saga ha sempre meno da dire, limitandosi giusto a quei due/tre ineludibili rimandi. Sempre per tornare al parallelo con Resident Evil, poi, Underworld può far leva su un elemento che ha implicazioni notevoli in termini di racconto e su cui non per nulla Blood Wars fa affidamento in più di un’occasione sia per mettere al corrente i neofiti di certi antefatti, sia per rivelare notizie inedite; insomma, un recap più “raffinato”, che integra quello molto basico che apre il film. Brevissimi spezzoni a mo’ di ricordi che non intaccano un ritmo che si mantiene costante per l’intera durata del film e che da questo punto di vista scorre in maniera piuttosto fluida. Peccato non ci sia granché da esporre.
Sul fronte visivo, in alcuni casi la povertà degli effetti speciali si nota vistosamente, in particolare durante le trasformazioni dei licantropi ed in quelle situazioni in cui il sangue scorre a fiotti, sensazione acuita dalla scelta di ricorrere addirittura allo slow motion, dando tutto il tempo al nostro occhio di cogliere le imperfezioni. Malgrado tale appunto, sul fronte dell’azione non c’è da lamentarsi troppo: quest’ultima iterazione offre quanto promette, né più né meno. Difficile smarcarsi in toto dalla parodia, o per lo meno dallo splatter ironico, magari per agganciare un’ulteriore fetta di pubblico che, diversamente, di vampiri e licantropi non saprebbe cosa farsene e già da prima di Twilight.
Resta da capire come altro sia possibile tenere in piedi la saga attirando al tempo stesso nuove leve; è palese il disinteresse di reinventare il brand o anche solo infondere in esso nuova vita, perciò si tratta di lavorare su delle mere variazioni a tema, un trattamento che, pur piluccando da altri fenomeni, sta già esaurendo la propria verve, ed anche parecchio in fretta. D’altro canto un eventuale reboot rappresenta un rischio che evidentemente non si vuole correre, perciò la soluzione sembra consistere nell’indulgere ad libitum nello sviluppo della vicenda che coinvolge Selene, una Beckinsale a questo punto ingabbiata dal ruolo. Altro si potrebbe dire sulla totale assenza di epicità, quantunque accarezzata per non dire implicita nella vicenda di questo ennemsimo scontro epocale, o per lo meno così ci viene offerto: non insistiamo, anche perché pure tale fattispecie tende a reiterare una certa coerenza, perversa magari, ma tant’è.
Ancora una volta, infatti, si testa la soglia di sopportazione dei fan, i quali, finché risponderanno, garantiranno lunga vita ad una saga che non nasconde, proprio in chiusura di film, di poter continuare ancora ancora e ancora di nuovo: «non c’è inizio, né fine. C’è solo il divenire». D’altronde i produttori hanno saggiamente optato per un budget tutto sommato contenuto (35 milioni di dollari), scelta che ha già ripagato, di conseguenza, a questo punto, si tratta per lo più di logiche commerciali, qui più che altrove. E in fin dei conti, per quanto trascurabile, trattasi di un discreto action, che nelle sequenze iniziali vede uno dei protagonisti (Theo James) irrompere nella scena a bordo di una Porsche per trarre in salvo una Selene leggermente in difficoltà. Spazi ristretti, non ci si preoccupa di verosimiglianza e alcunché: Theo si materializza davanti alla telecamera per poi uscirsene con uno dei quote più emblematici di Blood Wars, ossia «è quello che cercavo di dirti: questi licantropi sono sofisticati». Underworld 5 per niente, ma forse va bene così.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
Underworld – Blood Wars (USA, 2016) di Anna Foerster. Con Theo James, Kate Beckinsale, Bradley James, Lara Pulver, Daisy Head, Clementine Nicholson, Tobias Menzies, Charles Dance, Alicia Vela-Bailey, James Faulkner, Trent Garrett, Oliver Stark, Peter Andersson Brian Caspe. Nelle nostre sale da giovedì 6 aprile 2017.