Venezia 2009: Stone e Moore – Culo e Camicia, Camicia e Culo
Una bella lezione di cinema libero, quella di Michael Moore (rimando a un mio precedente post) e di Oliver Stone. Libero nel senso che i due vivono in un regime capitalistico e ne utilizzano liberamente tutti le valenze, ogni interstizio, per lavorare e dire la loro. La prima cosa di cui entrambi si preoccupano, è
Una bella lezione di cinema libero, quella di Michael Moore (rimando a un mio precedente post) e di Oliver Stone. Libero nel senso che i due vivono in un regime capitalistico e ne utilizzano liberamente tutti le valenze, ogni interstizio, per lavorare e dire la loro. La prima cosa di cui entrambi si preoccupano, è di coprire le spese e di far guadagnare se stessi e soprattutto chi investe su di loro.
Se non ci capisce questo, non si capisce nulla del cinema americano. Se si continua a ragionare sulla base di quanto accade da noi, l’incomprensione aumenta e aumenterà. Da noi guadagni e investimenti rispondono ad esigenze diverse. I registi e gli autori devono guadagnare, altrimenti non possono campare e pensare a nuovi progetti. Ma si contano sulle dita, gli altri campicchiano o hanno la famiglia alle spalle che li aiuta.
I produttori si dividono in due categorie. Quelli che si pongono come obiettivo il guadagno (Alfredo De Laurentiis, tanto per fare un nome) e cercano di assicurarselo con un colpo al cerchio e uno alla botte: i “cinepanettoni” da una parte o comunque film capaci di stare nel mercato, tipo le proposte di Giovanni Veronesi; dall’altra, alcuni film distribuiti, per lo più americani, con cui andare più o meno sicuro.
Poi, ci sono i produttori che vanno a caccia di aiuti ministeriali o di vendite alle televisioni, e sono in stragrande maggioranza. Essi sono portati dai committenti a zappettare sempre nello stesso orticello, in cui talvolta può germogliare qualche fiorellino ma complessivamente stentano a crescere virgulti sani e destinati a vivere. Mi accorgo che mi sono mangiato lo spazio che mi ero prefissato.
Siccome ho scritto di Moore, per adesso dico di Stone che è coerente: da “JFK”, bel film su John Kennedy, a “South of the Border” segue una linea non ideologica, di non intervento, pensa che le immagini e le parole di un Chavez siano più importanti del suo giudizio, visto che le tv presentano Chavez secondo schemi di comodo. Stone non vuole spiegare il nuovo, cerca di precisare il vecchio. Confrontiamo con la situazione italiana. Tutti a parlare del nuovo (?) in nome del vecchio, dal dopoguerra al ’68 e oltre.