Venezia 2010: voti e considerazioni finali
Che gran peccato finire una Mostra del Cinema di Venezia in questo modo. Certo, i premi devono restare tali, al di là della qualità della selezione, ma si sa, alla fine ci si ferma sempre al giudizio sul Leone d’Oro, perdendo di vista 12 giorni di cinema, scoperte e sorprese, Oselle varie e tutto quel
Che gran peccato finire una Mostra del Cinema di Venezia in questo modo. Certo, i premi devono restare tali, al di là della qualità della selezione, ma si sa, alla fine ci si ferma sempre al giudizio sul Leone d’Oro, perdendo di vista 12 giorni di cinema, scoperte e sorprese, Oselle varie e tutto quel che volete. E così per ora la 67. Mostra finisce tra la rabbia e la delusione, con tanto di buu a Tarantino in sala stampa da parte dei giornalisti e un gestaccio di ritorno da parte del Presidente.
Ma il Leone d’Oro a Somewhere è solo la punta dell’iceberg di un meccanismo rovinato alla base. Perché Venezia il disagio lo sa creare benissimo, purtroppo. Se i malumori esplodono è perché sono stati ben coltivati per tutto il periodo del festival, colpa in primis di un programma realizzato malissimo e che ha costretto gli accreditati a dover fare scelte discutibili per vedere un film, perdendone altri.
Perché La pecora nera e Balada triste de Trompeta non hanno avuto la loro proiezione in Sala Darsena come tutti gli altri film del concorso? Perché se uno vuole o deve seguire tutti i film in concorso è praticamente costretto a perdersi il film di Scorsese? E perché The Town non aveva una proiezione per gli accrediti cinema (i famosi verde speranza)?
Continuiamo: perché I’m Still Here è stato proiettato solo in Sala Grande e poi nell’allucinante Sala Pasinetti (esiste ancora?)? Perché gli accrediti verdi devono sempre supplicare per entrare nelle sale che non sono per loro anche se ci sono ancora posti? E perché se nel programma un film può essere visto da “tutti gli accrediti” (rossi, blu, arancioni, verdi) si fanno passare prima i giornalisti anche se la priorità non esiste più? Che i rossi (e mi ci metto anche io, quindi anche i blu) imparino una volta per tutte ad andare alle loro proiezioni invece di far festa.
Aggiungiamoci le due alluvioni universali che si sono abbattute senza pietà sul Lido, paralizzando tutto, compresi sala stampa e wi-fi, e la frittata è fatta. Colpa forse dei troppi film selezionati e buttati nel calderone senza dare al pubblico la possibilità di vedere tutto? Forse, vista anche la programmazione degli ultimi film (chi ha visto Hong Sang-Soo e Lope?). Con il nuovo Palazzo del cinema la situazione dovrebbe migliorare. Peccato che sarà pronto per il 2012, forse, mentre la zona della Mostra è sempre più brutta e scomoda.
Passiamo finalmente ai film dopo esserci tolti i soliti sassolini dalla scarpa. Personalmente credo che quest’anno la Mostra sia riuscita pienamente a cogliere il senso di un festival. Non tutti saranno d’accordo, ma a questo punto forse è questione di gusti. Molti si lamentavano di una selezione con film troppo lenti. Effettivamente il concorso è forse quello più d'”élite” (si prenda il termine con le pinze, please) degli ultimi anni, ma anche uno dei più stimolanti e coraggiosi.
Intanto Venezia conferma importanti maestri, ad esempio con una spettacolare giornata dedicata a Takashi Miike (in gran forma), e lancia alcuni grandi nomi di domani con i quali i giornalisti dovranno fare i conti, come Pablo Larrain e Kelly Reichardt, che magari avrebbero meritato una spinta in più da parte di una giuria addormentata. E’ capace di affiancare il nuovo Paul Morrissey a Robert Rodriguez, Kechiche e i fratelli Pang, in un frullato che trova magnificamente il suo senso nella passione cinefila più pura.
Passiamo al concorso di questa edizione. Secondo la classifica del Mouse d’Oro (composta da 42 webzine e oltre 100 giurati: mica poco…) su 24 titoli della competizione ben 16 sono ampiamente sopra la sufficienza, e quasi 10 ottengono un punteggio davvero importante (tutti sopra il 7.0, a parte Somewhere al limite con un 6.98). A livello numerico, e quindi di gioco, si tratta di un gran bel concorso, con poche insufficienze pesanti e un po’ di titoli sul “più no che sì” (e se un film prende meno di 5.0 è praticamente una schifezza).
Rispetto all’anno scorso è vero che il film con la media più alta, Silent Souls, si ferma ad un 7.44, punteggio che a Venezia 66 superavano almeno in 5, ma è anche vero che il numero di votanti è aumentato considerevolmente, e si sa quanto la varietà di giudizio spacchi l’unanimità. Per la serie: un voto come quello ottenuto la scorsa edizione da Solondz (7.9) sarà difficilmente ripetibile e complicato da ottenere. E quindi direi che il punteggio del Mouse d’Oro si fa ancora più affidabile, nonché più severo ed eterogeneo.
Cosa ha funzionato del concorso. In prima linea Post Mortem, il vero scandalo del palmares, dimenticato clamorosamente anche dai premi collaterali, colpo al cuore e allo stomaco dall’autore di Tony Manero, Pablo Larrain; film fortissimo, angosciante, sporco e con un finale da restare con i brividi addosso per ore. Balada triste de trompeta ci riporta l’Alex de la Iglesia che adoriamo, con una miscela di divertimento, azione, sangue ed intelligenza. Guardacaso, dietro c’è uno sfondo politico importante, come per Post Mortem.
Magnifico il lentissimo ed ipnotico Meek’s Cutoff di Kelly Reichardt: deserto dell’Oregon, 4:3 di formato, il mito americano e tanti silenzi per una variazione western entusiasmante. Silent Souls di Aleksei Fedorchenko (Mouse d’Oro!) è l’ufo del festival, un po’ come lo fu Lourdes l’anno scorso; ha il carattere della lezione etnografica, ma è lirico e non classificabile, con momenti da urlo. Potiche ci ricorda quanto possa essere versatile François Ozon, che dirige una commedia molto seventies e camp, con l’aiuto fondamentale di una Deneuve strepitosa.
Molto odiato e criticato Black Swan di Darren Aronofsky, fischiato in Sala Perla (sì sì, Perla…). Ma è cinema viscerale, che se ti prende non ti molla più e ti fa star male, malissimo. Sarà anche stato criticato, ma la rete apprezza con un quarto posto in classifica ed un alto 7.25. Il Leone d’Oro Somewhere conferma la poetica di Sofia Coppola ed è forse il suo film più criticabile, ma avercene di registi che non urlano mai, non cedono neanche per un fotogramma al patetico, non hanno intenzione di uscire dalle proprie righe. E avercene di film così su Los Angeles…
Bello Essential Killing di Jerzy Skolimowski, con Vincent Gallo talebano in corsa per la sopravvivenza; regia solida per un film quasi senza dialoghi ma tosto, capace di sconfinare a tratti nella “fantascienza” delle ambientazioni come Amir Naderi. Controverso Venus Noire di Abdellatif Kechiche, che va oltre al suo cinema e si fa chirurgico, scientifico; non tutti hanno apprezzato, comunque. Dopo una prima parte noiosetta, 13 Assassins di Takashi Miike diventa spettacolo purissimo e magnifico, così come Detective dee and the mystery of phantom flame ci ricorda come Tsui Hark riesca ad essere maledettamente divertente anche con una trama un po’ contorta. Urgente, anche se non perfetto, il film a sorpresa The Ditch di Wang Bing, ma si passa volentieri sopra alle lungaggini per alcuni colpi ben assestati.
Capitolo delusioni. Uno su tutti: Saverio Costanzo con La solitudine dei numeri primi, pasticcio autorial-horror-psicologico che nasconde un prodotto sfilacciato e senza passione. Vincent Gallo ha i suoi forti sostenitori, ma Promises Written in the Water ci sembra più che narcisista soltanto vecchiotto nelle idee; non ci ha affatto irritato, solo che stiamo qui ancora a chiederci “Perché?”. Tanto con il corto The Agent Gallo ha risposto a tutti, dicendo palesemente che ci ha preso tutti in giro. E’ piaciuto molto ad alcuni il greco Attenberg di Athina Rachel Tsangari dal quale mi aspettavo grandi sorprese: ma il prodottino indie è fastidiosissimo e furbetto.
Happy Few è francese ed erotico, pieno di scambismo e sesso, e alla lunga stanca. Chi osa fare paragoni con Persecution di Chereau, visto l’anno scorso, sappia che veniamo a cercarlo a casa, eh! Debolissimo e piatto Miral di Julian Schnabel, che dopo la delusione post-visione continua a scadere giorno dopo giorno; perché un autore deve ridursi così? Simpatico il gioco metacinematografico di Monte Hellman, Road to Nowhere, di cui molti non hanno capito la trama (ma perché?); personalmente però trovo le idee un po’ scontate. Un altro vecchietto arzillo aveva fatto ben di meglio con un fine simile, ovvero Romero con Diary of the Dead.
Dubbi su Norwegian Wood di Tran Anh Hung, calligrafico e perfettino, bello da vedere ma freddo, e Noi credevamo di Mario Martone, per molti un capolavoro, per chi scrive un film importante, coraggioso ma che non riesce a togliersi una patina di freddo e (lesa maestà?) televisione, nonostante sia davvero cinema (un paradosso che non mi spiego…). Personale, e per questo attaccabilissimo e criticabile, guilty pleasure: Drei, il film che non ti aspetti da Tykwer, libero e divertente.
Spiccano nel Fuori concorso I’m Still Here, ritratto (docu? mocku? entrambi?) di Joaquin Phoenix ad opera di Casey Affleck, straordinariamente interessante e stimolante per le questioni che tira in ballo a livello cinematografico ed umano; Machete, ennesima, grande prova che Robert Rodriguez è nato per operazioni del genere, intelligenti e divertenti come una serata alcolica; Zebraman 2 di Takashi Miike, sempre folle ma anche più serio e complesso del primo episodio; The Town di Ben Affleck, solido heist movie che più per il plot è interessante per il rapporto tra esseri umani e ambientazione.
Un film per altre tre sezioni: Cold Fish di Sion Sono (Orizzonti), lungo 140 minuti ma imprevedibile e violentissimo, esagerato ma con le idee ben chiare; Cirkus Columbia di Danis Tanović (Giornate degli Autori), che ci riporta il regista ad alti livelli, facendoci ridere e poi piangere; Angèle e Tony di Alix Delaporte (Settimana della Critica), un film po’ alla Dardenne, con un personaggio femminile da ricordare, interpretato dalla sempre meravigliosa Clotilde Hesme. Tre film che potevano benissimo stare nel concorso, insomma.
Chi ha il coraggio di parlare di Mostra brutta e noiosa dovrebbe pensare che dal momento che Müller non ci sarà più ci potrebbero essere cambiamenti davvero seri. Così a priori ci viene da pensare sicuramente in peggio…
Di seguito tutti i voti ai film visti, con i link alle opinioni e recensioni scritte durante la Mostra. Accanto ai film in concorso, tra parentesi, trovate la media voto della classifica del Mouse d’Oro.
Concorso Venezia 67
Black Swan – di Darren Aronofsky (7.25)
Voto: 8
La pecora nera – di Ascanio Celestini (5.93)
Voto: 6.5
Somewhere – di Sofia Coppola (6.98)
Voto: 8
Happy Few – di Antony Cordier (4.73)
Voto: 4
La solitudine dei numeri primi – di Saverio Costanzo (5.76)
Voto: 3
Silent Souls – di Aleksei Fedorchenko (7.44)
Voto: 8
Promises Written in Water – di Vincent Gallo (3.73)
Voto: 3
Road to Nowhere – di Monte Hellman (5.71)
Voto: 5.5
Balada triste de trompeta – di Alex de la Iglesia (7.24)
Voto: 9
Venus Noire – di Abdellatif Kechiche (6.81)
Voto: 7.5
Post Mortem – di Pablo Larrain (7.35)
Voto: 10
Barney’s Version – di Richard J. Lewis (7.21)
Voto: 6.5
Noi credevamo – di Mario Martone (5.77)
Voto: 6
La passione – di Carlo Mazzacurati (6.72)
Voto: 7
13 Assassins – di Takashi Miike (7.03)
Voto: 7.5
Potiche – di François Ozon (7.36)
Voto: 8
Meek’s Cutoff – di Kelly Reichardt (6.84)
Voto: 8.5
Miral – di Julian Schnabel (5.54)
Voto: 4.5
Essential Killing – di Jerzy Skolimowski (7.11)
Voto: 7.5
Norwegian Wood – di Tran Anh Hung (6.23)
Voto: 6
Attenberg – di Athina Rachel Tsangari (5.70)
Voto: 2
Detective dee and the mystery of phantom flame – di Tsui Hark (7.07)
Voto: 7
Drei – di Tom Tykwer (6.68)
Voto: 7
The Ditch – di Wang Bing (6.60)
Voto: 7
Fuori concorso
The Town – di Ben Affleck
Voto: 7
I’m Still Here: The Lost Year of Joaquin Phoenix – di Casey Affleck
Voto: 8.5
Sorelle mai – di Marco Bellocchio
Voto: 5.5
Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen – di Andrew Lau
Voto: 4
Zebraman 2 – di Takashi Miike
Voto: 7.5
Tungngaan 3D (The Child’s Eye) – di Oxide e Danny Pang
Voto: 3
Vallanzasca – Gli angeli del male – di Michele Placido
Voto: 7
Machete – di Robert Rodriguez
Voto: 8.5
The Tempest – di Julie Taymor
Voto: 4
Reign of Assassins – di John Woo e Su Chao-Pin
Voto: 5
Orizzonti
La Belle Endormie – di Catherine Breillat
Voto: 4
News from Nowhere – di Paul Morrissey
Voto: 6 (di stima e simpatia, ma il film non è così notevole)
Tsumetai Nettaigyo (Cold Fish) – di Sion Sono
Voto: 7.5
Giornate degli Autori
Cirkus Columbia – di Danis Tanović
Voto: 8
Et in terra pax – di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini
Voto: 6
L’amore buio – di Antonio Capuano
Voto: 6
Le bruit des glaçons – di Bertrand Blier
Voto: 5
Pequeñas voces – di Jairo Eduardo Carrillo e Oscar Andrade
Voto: 7
The Happy Poet – di Paul Gordon
Voto: 7
Settimana della critica
Angèle e Tony – di Alix Delaporte
Voto: 7.5
Hitparzut X (Naomi) – di Eitan Zur
Voto: 7
Hai paura del buio – di Massimo Coppola
Voto: 4
P.S.: ecco il link, come ha fatto anche lui, all’opinione, diversa dalla mia, di Italo Moscati sulla Mostra. Per continuare a discutere: ecco un altro compito dei festival, ecco un altro punto a favore di questa edizione.