Home Festival di Venezia Venezia 2011: A Dangerous Method – Recensione in anteprima del film di David Cronenberg

Venezia 2011: A Dangerous Method – Recensione in anteprima del film di David Cronenberg

Cronenberg divide la critica al Lido: leggi cosa ne pensa la redazione di Cineblog

pubblicato 2 Settembre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 08:48

Lo spettro delle guerre incombe su Zurigo e Vienna, e su questo scenario si intrecciano le storie e le vite di due figure storiche e fondamentali per la nascita della psicoanalisi. Carl Jung utilizza il metodo di Sigmund Freud per curare Sabina Spielrein, una giovane isterica russa di cui si innamora. Colpito dai risultati ottenuti da Jung, Freud lo nomina suo successore, ma quando Jung sviluppa le proprie personali teorie, le loro strade si dividono…

Prima o poi doveva arrivare un film nella filmografia di David Cronenberg che affrontasse di petto la psicoanalisi. La tematica è sempre stata centrale nel cinema del genio canadese, e nasceva spontanea in ogni ragionamento che Cronenberg ci ha sempre invitato a fare con le sue opere. Che A Dangerous Method arrivi dopo due film gemelli come A History of Violence e La promessa dell’assassino è solo la naturale continuazione del percorso intrapreso dall’autore. O forse l’omaggio più doveroso e sincero che il regista ha voluto fare al fulcro della sua poetica.

Cronenberg ha sempre voluto scavare nella materia, nella carne, nei nostri modi di comunicare, nelle relazioni, nell’anima delle nazioni. Scavare nell’uomo, e quindi nel suo incoscio, tirandone fuori la parte più “vera”: la nostra violenza, le nostre paure, le nostre ossessioni, le nostre morbosità e i nostri demoni. Lo faceva già ai tempi dei suoi “b-movie” (Il demone sotto la pelle, Rabid, Brood), e ha continuato a farlo quando la sua estetica si è raffinata quasi chirurgicamente (di cui il punto più alto, per chi scrive, è Crash: ma ognuno avrà una sua personale preferenza).

Keira Knightley in A Dangerous Method

Affrontare direttamente la nascita della psicoanalisi è quindi non un “atto dovuto”, per carità, ma un atto spontaneo, che nasce direttamente da tutto ciò che il regista ha fatto e detto fino ad ora. Detto ciò, A Dangerous Method ha tante anime al suo interno, ben amalgamate e quasi nascoste dalla patina da period drama o addirittura da biopic. La critica sembra non aver apprezzato molto, non a caso, essendo questo il film più “scomodo” di Cronenberg, il suo più rischioso, difficile, intimo, a rischio ridicolo: a noi però è parso un grande film. Vediamo perché.

Punto primo. A Dangerous Method è un film sulla nascita della psicoanalisi. Vero, nel senso che ce lo dice il plot, ce lo dicono i pressbook, ce lo ripetono ovunque. Così noi che guardiamo ci fermiamo lì e stiamo a posto, dimenticando anche chi è Cronenberg e cosa gli interessa veramente. Il maestro canadese ci racconta senz’altro le teorie di Freud, che influenzarono Jung, e ci racconta anche il trattamento riservato da quest’ultimo a Sabina: ma la “cura parlata” dura solo per i primi minuti del film. Poco dopo infatti siamo già con un’ellisse 2 anni dopo, nel periodo dell’incontro con Otto Gross (momento determinante e forse spartiacque del film), e questo dovrebbe essere un campanello d’allarme. Certo, poi Sabina divenne la fondatrice della psicoanalisi in Russia, ma ce lo ricordano solo le didascalie finali.

Punto secondo. A Dangerous Method è un film su uno scontro. È una nuova storia di violenza, senza che ci sia una sola goccia di sangue, a parte nel momento in cui una rabbiosa Sabina sfiora il volto di Jung con un tagliacarte. È un film su un’epoca e sugli intellettuali che l’hanno vissuta, un’epoca di certo imbalsamata (come la confezione perfetta?) ma forse non tanto diversa dalla nostra, e in cui la parola “libido” dovrebbe essere sostituita per non creare confusione e imbarazzo. Lo scontro tra Jung e Freud è professionale, ma anche umano, torbido, “pericoloso” (per chi? Per loro? Per tutti? “Stiamo portando la peste in America”), e il contesto è fondamentale.

Punto terzo. A Dangerous Method è un mèlo. Senza inutili paragoni, ma visto che siamo nel contesto veneziano e ci ricordiamo soprattutto gli ultimi film visti, provate a confrontarlo con W.E. (siamo scorretti, lo sappiamo…): e guardate come sotto la forma di uno c’è ben poco, mentre nell’altro scorrono passioni e dolori palpabili. Si era detto che il film fosse quello più vicino a M. Butterfly, o addirittura a Inseparabili: ma no, il film è unico nonostante il “genere”, e cattura proprio per la sua storia d’amore frustrata, in cui la passione riesce a scaturire solo poche, pochissime volte. Le sculacciate e le frustate inflitte da Jung a Sabina si contano nel film sulle dita di una mano: perché lui è sposato e i sensi di colpa lo dilaniano.

Punto quarto. Allora A Dangerous Method racconta una mutazione. Un percorso di liberazione e presa di coscienza da parte di un uomo, che ha appena salvato una donna e si trova nella sua stessa situazione. Un cammino verso la libertà (degli impulsi, dalle regole, di ciò che è socialmente sbagliato): e qui dentro c’è tutto il David Cronenberg che conta, nonostante molti non lo riconosceranno. Eppure come non notare le cicatrici che restano all’interno dei personaggi? “Solo un medico ferito può curare un paziente”, dirà Jung. E c’è tutto un mondo in una frase del genere.

Che tutti si fermino a dire che si tratta di un film parlato è quasi questione di cecità, se permettete. E anche ribadire quanto siano bravi Mortensen e Fassbender rispetto alla Knightley (che soprattutto all’inizio esagera come poche, ahinoi) è alla fin fine mettere sul bilancino le singole componenti senza trarre il succo del film. Un film che invece è quasi un testamento doloroso, faticoso (questo sì, lo concediamo), intellettuale ma soprattutto a suo modo sorprendente senza alcun colpo di scena o scena madre, e tutt’altro che un film teatrale, o formalmente semplice, o tematicamente banale.

Perché A Dangerous Method è anche un film tenero, di una dolcezza che lascia disarmati, come dimostra il momento in cui Jung piange in ginocchio abbracciato alle gambe di Sabina. Se vi sarete commossi anche voi con l’ultimo discorso (e attenzione all’ultima inquadratura: speculare a quella di Eastern Promises), allora avrete abbracciato per un momento una parte di Cronenberg che sospettavamo da tempo che esistesse, ma che per la prima volta esce fuori a carte scoperte. Come dovrebbero essere lasciati liberi più spesso quegli impulsi repressi, per vivere finalmente per quello che sì è. Secondo la propria natura, secondo una nuova carne.

Voto Gabriele: 8.5
Voto Simona: 7
Voto Federico: 6

Voto Carla: 6.5

A Dangerous Method (A Dangerous Method, Francia / Irlanda / Gran Bretagna / Germania / Canada, 2011) di David Cronenberg; con Viggo Mortensen, Keira Knightley, Michael Fassbender, Vincent Cassel, Sarah Gadon, Katharina Palm, André Dietz, Andrea Magro, Bjorn Geske, Christian Serritiello.

Dal 30 settembre nelle sale italiane. Ecco il trailer italiano.

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