Home Festival di Venezia Venezia 2011: La Talpa è un film che vive sottoterra e ricorda gli scheletri dell’Europa

Venezia 2011: La Talpa è un film che vive sottoterra e ricorda gli scheletri dell’Europa

Italo Moscati ci parla di Tinker Tailor Soldier Spy: in Italia arriverà con il titolo La Talpa

pubblicato 5 Settembre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 08:43

Tomas Alfredson è un noiosone ma con Tinker, Tailor, Soldier, Spy muove le acque profonde del cinema e della storia. Il titolo significa “Stagnaio, Sarto, Soldato, Spia” e in italiano sarà La talpa, come il libro di John Le Carrè, specialista di spie che vengono dal freddo e da sotto i tombini, da Londra, Mosca, Budapest, Parigi e anche se non si vede, in questo film, Washington.

E’ bello risciacquare i panni delle torpide acque del Tamigi e delle menti nei servizi segreti. Peccato che il noiosone Alfredson sia freddo di suo e solo a tratti e nel finale riesca a sollecitare l’attenzione in un ginepraio di nomi, risvolti, piccoli o piccolissimi colpi di scena, amori pochi e tante morti.

Il film è in concorso, e si vedrà cosa desidererà giuria, con i membri italiani sotto ricatto: devono fare vincere ad ogni un nostro film, dopo molti anni (“Così ridevano” di Amelio). Lo ha detto il ministro.

Il_TERZO_UOMO_POSTEROggi pioggia al Lido. Per arrivare al PalaDarsena tutti bagnati anche nell’anima. Il film aggiunge altra pioggia. Mi si muove la memoria in due direzioni. Verso un film di spionaggio, e non solo, di Carol Reed, “Il terzo uomo”con Orson Welles e Alida Valli. Straordinario. Ambientato a Vienna nel dopoguerra, uscito nel 1949, pone le basi per raccontare l’inizio di un altro conflitto- “la guerra fredda” che finirà nel 1989 con il crollo del muro di Berlino. Il clima descritto da Reed è malsano, intriso di odio (tra gli alleati che hanno battuto Hitler e Mussolini), cupo, odore di sangue, di medicinali guasti, di sospetti e di delitti. Al buio, sotto la pioggia. Verso il Lido, sotto la pioggia che scarica altri ricordi, porta alla guerra fredda che diventò ideologica e dilagò dovunque, durò a lungo. Anche in Italia, al suo interno, negli anni del muro.

La pioggia degli scontri e dei livori venne giù nei giorni della contestazione nel 1968 alla Mostra. Una contestazione con retroscena. Il vecchio potere suonato difendeva le cose alla Mostra così com’erano, incurante del suo vecchio statuto fascista, delle censure e dei rituali democristiani. I contestatori volevano il cambiamento ma la strada scelta portò, per l’impuntatura delle parti in conflitto, all’intervento della polizia, ai gas lacrimogeni, a qualche botta data qua e là, e a Zavattini trascinato a forza fuori da un’assemblea con intervento degli agenti.

Tra i contestatori c’era Pier Paolo Pasolini. La Mostra aveva scelto per il concorso il suo film “Teorema”. I contestatori chiesero al regista di negarlo. Pasolini era addolorato di non condividere il ritiro di un film che dal Lido avrebbe potuto circolare più agevolmente, sdoganato, poiché al centro ha il tema della omosessualità liberatrice, allora un vero tabù.

Alla fine fu trovato un compromesso. Il produttore di “Teorema”avrebbe concesso la pellicola, contro la volontà del regista di non concederla. Il regista in realtà voleva andare di persona a presenziare alla proiezione e a sostenerla al Palazzo del cinema. Quando in una conferenza al Quatto Fontane, mentre gli alberi sgocciolavano per la pioggia, Pasolini arrivò -per spiegare la situazione- la tensione era alta. Si sapeva che aveva dovuto cedere. I contestatori erano stati inflessibili. Tra di loro non mancò chi lo minacciasse per indurlo a rifiutarsi alla Mostra, lui e il film.

Pasolini disse soltanto con parole incerte quel che sarebbe avvenuto.Non ero molto lontano da lui. Vidi che tremava per l’emozione, le parole gli uscirono a stento. Il film “La talpa”, con le sue atmosfere plumbee e le metereologie ideologiche afflitte da violenze psicologiche e omicide, riecheggia per fortuna- riecheggia ? – le ombre di un passato dove la pesantezza degli orientamenti, delle fedi, delle scelte di campo si misurava nella intensità visibile (i delitti, le sparizioni di spie) e invisibile (controversie, rappresaglie, delegittimazioni) nell’arte e nella cultura.

Il film di Alfredson purtroppo si nutre di pesantezze, peccato per il risultato. La sceneggiatura fa le capriole. Gli attori sono bravissimi. Rimediano ma non a tutto. Resta il sapore di una visita dietro le quinte di ieri; e quelle di oggi? Domanda finale: chissà cosa succede dietro i separè della finanza e della economia? Dove scorrono odio e sangue. Dov’è un Le Carrè che sappia svelarle? Carol Reed, il tuo “Terzo uomo” continua ad essere il migliore del genere spionistico ; e i tuoi attori- Orson e Alida-non erano per niente male.

Trailer di La Talpa
Le foto di Tom Hardy sul set del film

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