Home Festival di Venezia Venezia 2011: prima locandina, note di regia e gallery fotografica per Terraferma di Emanuele Crialese

Venezia 2011: prima locandina, note di regia e gallery fotografica per Terraferma di Emanuele Crialese

Dopo aver visto il primo trailer pochi giorni fa, torniamo a parlarvi di Terraferma, ovvero il titolo italiano più atteso alla prossima Mostra del Cinema di Venezia, grazie ad una ricca pioggia di novità

pubblicato 9 Agosto 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 09:28

Dopo aver visto il primo trailer pochi giorni fa, torniamo a parlarvi di Terraferma, ovvero il titolo italiano più atteso alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. Diretto da Emanuele Crialese, e con Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Mimmo Cuticchio, Martina Codecasa e Filippo Pucillo protagonisti, il film ci regala oggi la riuscita locandina, una ricca gallery fotografica, e le note di regia di Crialese, che vi attendono dopo il saltino. Una volta vista a Venezia, la pellicola uscirà il 7 settembre nei cinema di tutta Italia.

Due donne, un’isolana e una straniera: l’una sconvolge la vita dell’altra. Eppure hanno uno stesso sogno, un futuro diverso per i loro figli, la loro Terraferma.

Terraferma è l’approdo a cui mira chi naviga, ma è anche un’isola saldamente ancorata a tradizioni ferme nel tempo. È con l’immobilità di questo tempo che la famiglia Pucillo deve confrontarsi. Ernesto ha 70 anni, vorrebbe fermare il tempo e non vorrebbe rottamare il suo peschereccio. Suo nipote Filippo ne ha 20, ha perso suo padre in mare ed è sospeso tra il tempo di suo nonno Ernesto e il tempo di suo zio Nino, che ha smesso di pescare pesci per catturare turisti. Sua madre Giulietta, giovane vedova, sente che il tempo immutabile di quest’isola li ha resi tutti stranieri e che non potrà mai esserci un futuro né per lei, né per suo figlio Filippo. Per vivere bisogna trovare il coraggio di andare. Un giorno il mare sospinge nelle loro vite altri viaggiatori, tra cui Sara e suo figlio. Ernesto li accoglie: è l’antica legge del mare. Ma la nuova legge dell’uomo non lo permette e la vita della famiglia Pucillo è destinata ad essere sconvolta e a dover scegliere una nuova rotta…












NOTE DI REGIA

Tornare sull’isola di Respiro nell’estate del 2009…
Ho trovato un luogo molto diverso da come lo ricordavo durante le riprese di Respiro… il mio scoglio sperduto in mezzo al mare è adesso terra di frontiera. Relitti di barche mezze affondate, in attesa di essere cancellate dal mare, motovedette con cannoni e mitragliatrici, confusione e disperazione. Rimango sull’isola ad aspettare…

Dopo 21 giorni alla deriva, approda a Lampedusa un barcone carico di più di settanta persone. Sepolte dai cadaveri dei compagni di viaggio, soltanto cinque sono sopravvissute. Tra questi c’è un’unica donna: Timnit T.
Vado a cercarla. La trovo sorridente, dice di essere nata una seconda volta.

Sono anni ormai che osservo le immagini di questi barconi che approdano sulle nostre coste, che ascolto i racconti dei sopravvissuti, di coloro che sono riusciti a “rimanere a galla”.
La stampa parla di “esodo”, “tsunami umano”, “clandestinità”, “immigrazione”.
Guardando Timnit mi sembrano parole vuote. Lei non porta quei nomi. Non corrisponde a quelle parole. Timnit ha lo sguardo di chi ha rischiato la vita per cambiare la sua storia, ha attraversato il mare, un’altra odissea, un altro viaggio verso l’evoluzione. Finché ci sarà vita sulla terra gli uomini partiranno per migliorare loro stessi.
Il movimento è azione e l’azione è conoscenza.
Come si può negare ad un uomo il diritto di andare, di cercare, di conoscere e quindi di evolversi?

Come raccontare una storia ed uscire da parole come “clandestino” o “ emigrato” o “extracomunitario”?

Una mattina mi sveglio pensando ad una frase: “c’era una volta”…

Comincio a scrivere come se mi rivolgessi ad un bambino, come se potessi raggiungere il bambino che è dentro di me. Ho cercato un linguaggio libero da pregiudizi e da paure.
Provo un senso di ribellione all’idea di essere trattato come un bambino disubbidiente a cui si dice ancora “ attento all’uomo nero che ti mangia tutto intero”… questa è la cantilena che ascoltiamo da anni, questo lo strumento usato per renderci più docili, più fragili, più bisognosi di protezione.

Ritorno da Timnit e le domando di imbarcarsi con me, su una barca immaginaria, quella della rappresentazione. Le propongo di reinterpretare alcuni momenti della sua storia vera con l’intesa e l’intento di poter cambiare, di poterla riscrivere, ricreare. Le propongo l’incontro con un’altra donna, un’isolana, con la stessa voglia di andare, di ricostruire altrove, per migliorare se stessa per aiutare suo figlio a crescere senza paura.

Emanuele Crialese

Festival di Venezia