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Venezia 2012: Le paginate non servono, a volte sono meglio le giurie

Commento a caldo sui vincitori e sui… critici

pubblicato 9 Settembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:22

Beh, i giochi sono fatti con i Leoni e Volpi; e il nostro gioco di Cineblog ha senza dubbio, e per fortuna, funzionato. Ricorderete il mio post, in cui giocavo d’azzardo a poco più di metà della Mostra. Citavo tre film, e un quarto lo avevo citato in sede di recensione. Parlavo di Leoni. Già sapete.

A Pieta di Kim Ki-duc, bellissimo e duro, è andato l’Oro. Quello d’Argento per la regia, la giuria lo ha attribuito a The Master di Paul Thomas Anderson, vivace e serio, sul non facile tema delle sette religiose americane; allo stesso film sono state assegnate le Coppe Volpi per gli attori, Philip Seymour Hoffman e Joaquim Phoenix.

La Coppa Volpi per la migliore attrice è stata attribuita a Hasad Yaron per “Fill the Void”, interessante e severo lavoro israeliano, su cui non mi ero pronunciato o annunciato candidature.

Come pure non avevo avanzato pronostici per il film austriaco “Paradise: glaube” di Ulrich Seidl che ha ricevuto il Premio speciale della giuria; e che non ero riuscito a vedere. Avevo invece segnalato per uno dei maggiori riconoscimenti “Après mai” di Olivier Assayas che infatti ha avuto il Premio per la sceneggiatura.

Avevo scritto che il buon film “E’ stato il figlio” di Daniele Ciprì aveva, anzi ha soprattutto una bella fotografia, e la giuria presieduta da Michael Mann l’ha premiata. Il giochi sono fatti e la roulette dei giurati ha messo le cose a posto, saggiamente. Sono contento per Cineblog e per gli amici del blog che erano al Lido con cui abbiamo condiviso diversi giudizi.

Sono contento che, qui, in questo blog, i giudizi siano stati misurati, e precisi; e che non si sia partecipato al corteggiamento di film italiani per divinarne Leoni o Leoncini, per celebrarli prima del tempo e del giusto. Capita a tutti di sbagliare ma l’effetto di certi articoli fa male.

Fa male leggere certe mezze o intere stroncature, o segnalare con sperticato calore ideologico questo o quell’autore già santificati, forse per suggestionare l’ambiente e la giuria.
Fanno male intere di critici o opinionisti piovra sulla stampa italiana per esaltare film e autori come propri formidabili campioni da raccomandare al pubblico.

Fa male anche vedere pubblicati su importanti supplementi culturali grandi pezzi di elogio, quasi da messaggio pubblicitario, per film volenterosi.

Ognuno può avere le opinioni che crede, ma voler anticipare al mondo tutto il bene possibile non di un semplice, normale film , ma di un oggetto d’amare, con uno spottone, mi sembra esagerato, fuorviante, come un richiamo per partito preso, da clan o da amici troppo amici degli amici.

Fa male anche agli autori e ai film, diretti interessati. Non credo che la giuria di Venezia legga Cineblog per farsi un’opinione; le cose poi accadono, come è avvenuto quest’anno, per coincidenze o imprevedibili sintonie sui temi opinabili come la qualità.

Chissà se il mio amicone Goffredo Fofi pensa il contrario, beato lui: aveva in canna sul Domenicale de “Il sole24ore” le sue pallottole, carezze di talco, troppo rosa a favore di per “E’ stato il figlio”. Tanto lodato e troppo “compromesso” da… troppo zelo. La giuria lo ha snobbato casualmente, credo almeno, salvandone un pezzetto di gran qualità, portante, la fotografia.

Visto l’esito dello spottone colto e ispirato, mi auguro che Goffredo capisca per il futuro- come dovrebbero fare anche altri critici italiani, e non sono pochi, per i loro film del cuore- che è meglio usare una saggia prudenza piuttosto che agire quasi da uomini di un clan (?), e appiccicare frettolosi, volenterosi, salvacondotti per essere promossi alla Mostra e fuori.

Siamo uomini o caporali?, direbbe il principe Antonio De Curtis, in arte Totò. Nel cinema, di caporali ce ne sono già molti, in abbondanza. Chiudo dicendo che sono venuto via da Venezia, abbastanza convinto di quel che ho visto, e convinto coma tanti dalla direzione Barbera.

Ma la prova vera per Venezia Salva avverrà tra un anno, quando la Biennale dovrà rivedere tante cose per migliore i vari settori e trovare il modo di coordinarli. Per la sua missione d’arte e per aiutare il pubblico a vivere Venezia.