Venezia 2015, Anomalisa: recensione in anteprima del film d’animazione in stop-motion
L’atteso stop-motion sceneggiato da Charlie Kaufman e co-diretto insieme a Duke Johnson si palesa alla Mostra. Ed è un gioiello per scrittura, tecnica ed intensità. Un Kaufman ben più incisivo rispetto al suo debutto da regista con Synecdoche, New York
[quote layout=”big”]Geoffrey loves me, Geoffrey loves me! I don’t care. Geoffrey loves me![/quote]
Nella stanza di un lussuoso albergo la TV trasmette un vecchio film in bianco e nero. È la stanza di Michael Stone, la 1007, atterrato a Cincinnati per tenere una conferenza sulla gestione dei servizi clienti. Michael ha scritto un bestseller dai risultati sperimentati: la lettura comporta un incremento di produttività sul lavoro pari al 90%. Lo dicono gli acquirenti eh.
Michael è però irrequieto. Stringe tra le mani una lettera del ’95, proprio quella che gli scrisse colei che stava per diventare sua moglie, abbandonata a un passo dal matrimonio. È forse lei la ragione di tanta inquietudine? Beh, questo è ciò che a Michael piace credere almeno. La verità è più profonda però, così come il malessere di Michael, che in un giorno qualunque, in un hotel di lusso qualunque, sta per rendersi conto di ciò che in fondo ha sempre saputo. Lo sapeva quando inseguiva fantasmi creati dalla propria mente. Quando inseguiva sé stesso.
Il Charlie Kaufman di Synecdoche, New York dimostra di aver appreso parecchio da quell’ambizioso e accattivante pasticcio; forse anche per via della co-regia di Duke Johnson, Anomalisa è la dimostrazione che «meno è di più», pur restando un film di Kaufman a pieno titolo. Lo si riconosce dall’oggetto che tratta, ma soprattutto dal modo in cui lo tratta. Un film praticamente ambientato in una stanza, in un albergo al massimo. Che dura un’ora e mezza ma dal quale ci si alza come se fossero trascorsi appena trenta minuti.
Le questioni sollevate sono universali, sebbene Michael tenti di incanalarle tutte in poche, generali domande: «cos’è cambiato? Noi siamo cambiati? Sono cambiato io?». Domande che non conducono da alcuna parte, per certi versi banali, come banale può essere l’ordinarietà, le certezze di questa vita, che con la scusa di proteggerci al contrario ci uccidono… solo, lentamente, giorno dopo giorno. Finché non irrompe, rigorosamente inaspettato, l’evento, la situazione, la persona che ci forza a rimettere in discussione ogni cosa.
Per Michael è Lisa, una fan che pernotta nello stesso albergo. Stone si guarda allo specchio e nota che qualcosa non va: una serie di tic lo spaventano. È forse una chiamata a muoversi da lì e andare incontro a ciò che di lì a poco stravolgerà la sua esistenza? Che sia così o meno Michael esce di corsa e comincia a bussare alle porte nel corridoio, finché non incappa in queste due donne giunte a Cincinnati proprio per ascoltare il motivatore che hanno difronte. E, dopo le tediose cerimonie, giù di Martini e Mojito alla mela al bar di sotto.
Un’apparente ode alla perfezione, capace di accarezzarci con una straordinaria Girls Just Want to Have Fun (uno dei momenti più alti del film), per poi un attimo dopo assestarci un cazzotto in pieno naso. Un cambio d’umore nient’affatto gratuito, anzi, oseremmo dire consequenziale. Michael, suo malgrado, è costretto ad andare sino in fondo, testare quanto sia proponibile ciò che crede di stare vivendo. Attraverso una serie di episodi grotteschi ma totalmente inseriti nello sviluppo della trama, la quale procede proprio attraverso piccole cose, forse addirittura banali, come una scheda magnetica che non apre la porta, un tassista o un fattorino inconsapevolmente molesti, una paio di mutande che non si trovano, addirittura una caduta di faccia per terra.
Bisogna capire che, a dispetto di ciò che pare, Anomalisa tiene fede al suo titolo. Proprio quando da film disperato sembra aver imboccato la love story redentrice, ecco l’inversione a U che lo riporta nel senso di marcia precedente… con la differenza che d’ora in avanti si guida in contromano. Antiromantico, Kaufman rifiuta qualsivoglia morale e/o palliativo in genere: «forse la vera lezione da imparare è che non ci sono lezioni», esclama Michael. Eppure quella donna ha davvero qualcosa di speciale. Ed allo spettatore viene dato modo di capire di che si tratta poiché, come sempre, Kaufman ci consente di affacciarci dal balcone della mente dei suoi protagonisti. Le persone che popolano il mondo percepito da Michael hanno tutte la stessa faccia, finanche la stessa voce maschile. Non Lisa, lei è diversa, impacciata, goffa, dall’aspetto non particolarmente piacevole. Tuttavia spicca, perché unica nel viso così come nella voce.
Un escamotage semplice ma delizioso, a tutta prima sdolcinato, se non fosse che questo altro non è che un passaggio. Anomalisa ribalta certe affermazioni per puri di cuore, roba sulla falsa riga di Amore a prima svista (2001), di cui Anomalisa, tra l’altro, potrebbe rivelarsi il serio, intellettuale ed ottimo antidoto. Anche a costo di peccare di cinismo, deriva che evita perché per ribaltare il discorso di Anomalisa serve altrettanta sincerità, dato che non si approda a quel punto senza prima aver costruito ed in maniera tutt’altro che forzata. Niente Baci Perugina; se le peripezie di Michael Stone non sono la vita, beh… allora vi assomigliano maledettamente.
Al di là perciò di una tecnica sopraffina, con uno stop-motion che non ci sembra scimmiotti tante altre cose, per quel suo tono estremamente realistico, quasi una riproduzione esatta di un film girato prima in live-action, Anomalisa tocca i tasti giusti e lo fa con un ragionamento onesto, per quanto cupo. Cupa come può essere una parabola discendente, che, come spesso accade con Kaufman, poggia sul concetto di gabbia, facendo della circolarità il destino stesso dei suoi personaggi, persi in un loop da cui è impossibile uscire. Anche Michael è vittima di sé stesso, e questa è la vera, devastante rivelazione. Per quanto assurde possano essere le situazioni in cui incappa, da lì non c’è scampo; anche questo non significa che non se ne possa ridere durante, quantunque l’epilogo sia segnato e non è può che essere tragico. D’altronde, come scrisse Cicerone, «non esiste peggior nemico di sé stessi».
[rating title=”Voto di Antonio” value=”9″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”9″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”8″ layout=”left”]
Anomalisa (USA, 2015) di Charlie Kaufman e Duke Johnson. Con Jennifer Jason Leigh, Tom Noonan e David Thewlis.