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Venezia 2015, Tanna – Recensione in Anteprima

Gli indigeni innamorati di Tanna in trionfo alla 30. Settimana Internazionale della Critica

pubblicato 12 Settembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:47

Sbarcato al Lido sul fiammeggiante tappeto rosso del Festival con alcuni componenti della tribù protagonista del film, Tanna di Bentley Dean e Martin Butler ha vinto il Premio del Pubblico Pietro Barzisa della 30. Settimana Internazionale della Critica, convincendo appassionati ed esperti del settore grazie alla potenza delle immagini messe al servizio di una storia shakespeariana.

Il film dei due documentaristi, qui all’esordio in un film di ‘finzione’, non è infatti altro che uno straordinario melò indigeno ambientato nel meraviglioso arcipelago di Vanuatu, apparentemente fuori dal mondo ma in realtà situato nel sud del Pacifico. Qui, andando contro le regole della secolare cultura ‘Kastom’, due giovani innamorati hanno il coraggio di negarsi al loro destino. Perché la tradizione vuole che siano i capi del villaggio a combinare i matrimoni, se non fosse che Wawa e Dain, incapaci di stare lontano l’uno dall’altra, si ribellino alle nozze prestabilite mettendo a rischio la già precaria pace tra tribù nemiche.

Un’isola incontaminata, la Tanna del titolo, in cui ancora oggi vivono tribù che vanno a caccia con archi e frecce, producendo i propri abiti e le proprie case con i materiali trovati nel cuore della foresta. Dean e Butler hanno vissuto per sette mesi a stretto contatto con questi indigeni, chiamati poi a tramutarsi in attori per riportare in vita uno storico fatto realmente avvenuto nel 1987.

Perché i due inediti ‘Romeo e Giulietta‘ furono i primi a ribellarsi dinanzi ad una tradizione tanto secolare quanto barbara, imponendo alla silente donna un uomo a lei sconosciuto. Diventati leggenda, tanto da ispirare una canzone d’amore che i due registi faranno risuonare nella parte finale del film, Wawa e Dain si ritrovarono a dover scegliere tra la potenza dell’amore e il futuro della loro tribù, minacciata e messa in pericolo dal loro inedito e ‘disperato’ gesto’ di ribellione.

Realtà e finzione che si incontrano tra vulcani fiammeggianti, rigogliose foreste, rigeneranti cascate e tradizioni da onorare rimanendo ai margini della ‘civiltà’. Opera suggestiva, toccante e affascinante quella realizzata da Bentley Dean e Martin Butler, grazie alla dirompente forza della natura che invade lo schermo. Nel rappresentare questa combattuta passione i due registi hanno seminato rapporti, tra genitori e figli, tra sorelle e parenti, tra capi tribù e credenze mistiche, tra tradizione e ostinato amore. Interpretato dagli stessi indigeni della tribù di Tanna, il film che ha trionfato alla 30. Settimana Internazionale della Critica di Venezia non è altro che un inno al sentimento, quello in grado di far breccia dove neanche i cristiani, i coloni e il denaro riuscirono ad arrivare nel corso dei secoli.

Vero è che l’evoluzione della trama non concede particolari sorprese, perché tutto quel che immaginate possa accadere neanche a dirlo accadrà, ma la storia d’amore tra Wawa e Dain si fa comunque largo con ardente forza, tanto dall’ottenere la benedizione di quel ‘divino’ vulcano da cui tutti i componenti della tribù dovevano trarre comportamenti ‘rispettosi’, essendo loro al cospetto di una forza quasi ultraterrena. Un rispettoso diritto d’amore che a Tanna, nel lontano 1987, conobbero nel più tragico dei modi.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]

Tanna (Australia, Vanuatu, drammatico, 2015) di Bentley Dean e Martin Butler; con Mungau Dain, Marie Wawa, Marceline Rofit, Chief Charlie Kahla, Albi Nangia, Lingai Kowia, Dadwa Mungau, Linette Yowayin, Kapan Cook, Chief Mikum Tainakou.