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Venezia 2015 – The Endless River: Recensione in Anteprima

Pioggia di fischi per il sudafricano The Endless River, film in Concorso alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia

pubblicato 7 Settembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:59

Fischi, ululati e insulti. Così la stampa ha accolto The Endless River, film sudafricano diretto dal 32enne Oliver Hermanus e in corsa per il Leone d’Oro alla 72. Mostra del Cinema di Venezia. Nella giornata in cui A Bigger Splash di Luca Guadagnino aveva suscitato uguale clamore, il titolo di Hernanus è quindi riuscito nella complicata impresa di fare di meglio, scatenando la furia critica di un Festival che almeno dal punto di vista del Concorso non ha ancora lasciato il segno.

Melò che presto si tramuta in thriller, The Endless River è suddiviso in capitoli, neanche dovesse sviscerare chissà quale clamorosa e inattesa verità. Protagonisti una giovane cameriera che ritrova l’amato marito dopo 4 anni da lui passati in carcere e un francese trapiantato nella cittadina sudafricana di Riviersonderend (Fiume Infinito), travolto da un efferato omicidio che vedrà perire moglie e figli. Ad unire i due, conosciutisi in un bar, il dolore del lutto che li porterà di fatto ad incontrarsi e ad incrociarsi, tanto da intrappolarli in un improbabile e assurdo legame ‘fisico-sentimentale’ nato per trascendere rabbia e solitudine.

Splendidi titoli di testo dal taglio grafico anni ’50, ammaliante musica strappalacrime, immensi paesaggi e fotografia quasi slavata. Una partenza roboante e assai promettente, quella di The Endless River, che da subito prova ad attrarre l’attenzione dello spettatore regalandogli una drammatica scena di stupro. C’è del marcio nel violento Sud Africa, verrebbe da dirci, con il fascinoso Nicolas Duvauchelle segnato dalla voglia di vendetta nei confronti dei balordi che hanno sterminato la sua famiglia. Tra i maggiori sospettati dalla polizia per il sanguinoso delitto proprio il marito di Crystal-Donna Roberts, da poco uscito di galera, per un destino drammaticamente beffardo che di fatto farà incontrare queste due entità tanto diverse.

C’è tanto, troppo non detto nella discutibile opera di Hernanus (Queer Palm a Cannes 2011 con Skoonheid), che abusa pesantemente della dicotomia vittima – carnefice, finendo così per snervare l’incredulo spettatore. Perché ciò che avviene in The Endless River è il più delle volte illogico, fondando l’intera seconda parte su questa improvvisa e ingiustificata ‘storia d’amore’ che grida vendetta. Rimasti entrambi vedovi, infatti, i due protagonisti inizieranno a frequentarsi nel giro di un paio di giorni, partendo addirittura per un lungo viaggio di coppia ‘rigenerante’. Neanche fossero in luna di miele. Seminando quasi con orgoglio giganteschi buchi di sceneggiatura e dialoghi con il contagocce, il regista sud-africano ha provato a tratteggiare i lineamenti di un malato rapporto ‘attrattivo’ tra colpa ed innocenza, senza ovviamente riuscire nell’intento. Con l’ambiguo finale che cavalca con forza il ‘dico-non-dico’, poi, The Endless River dà il pasto al già infastidito spettatore più che un bivio un’autentica rotonda, con annessa uscita da prendere a proprio piacimento. Parentesi aperte e mai chiuse che alla lunga, vista anche la surreale evoluzione della trama, finiranno per far sballare l’intera equazione.

Costruito sul niente, essendo il soggetto un qualcosa di assai flebile e poco articolato in fase di sceneggiatura, il film di Hermanus ha indispettito a tal punto la critica del Lido dallo scatenare accese reazioni, probabilmente sorte a causa della sua immotivata presenza all’interno del Concorso.

[rating title=”Voto di Federico” value=”3″]

The Endless River (Sud Africa, 2015, drammatico) di Oliver Hermanus; con Nicolas Duvauchelle, Crystal-Donna Roberts, Clayton Evertson, Darren Kelfkens, Denise Newman

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