Venezia 2016, The Journey: recensione del film di Nick Hamm
Festival di Venezia 2016: tutti i problemi di The Journey stanno in premessa, ossia nella chiave di lettura che Nick Hamm adopera per portare sul grande schermo l’accordo che ha sancito la tregua tra protestanti e cattolici nell’Irlanda del Nord
Lui, Ian Paisley (Timothy Spall), protestante; l’altro, Martin McGuinness (Colm Meaney), cattolico: Rivali da una vita, contrassegnata dall’inconciliabilità delle posizioni, che vanno oltre la confessione religiosa. Paisley è un acceso antipapista, reverendo e co-fondatore della Libera Chiesa Presbiteriana dell’Ulster, mentre McGuinness è stato uno degli esponenti dell’IRA. Chi ha un minimo di familiarità con la turbolenta storia più o meno recente dell’Irlanda, avrà già intuito. Non che Nick Hamm resti sul vago, visto che infarcisce le prime sequenze del suo The Journey con una serie di grafiche tese a colmare l’eventuale vuoto.
Il film ripercorre lo storico incontro dei due leader al fine di siglare una tregua che continua ancora oggi. Finiti nello stesso veicolo per una serie accidentale di eventi, i due hanno modo di confrontarsi e ripercorrere gli anni di militanza, quando la contesa non si limitava ad essere verbale ed in gioco c’era, come ancora c’è, il destino di un intero Paese. Quel che lascia oltremodo perplessi è l’approccio totalmente sbagliato alla materia. Hamm mette su una bromance semplicistica e tendenzialmente sciocca, che trivializza in eccesso uno dei passaggi più significativi della recente storia irlandese. I due sembrano due vecchi amici che hanno litigato anni prima perché uno ha soffiato la fidanzatina all’altro: scherzano, si pizzicano, il tutto con una leggerezza a dire il vero fuori luogo.
Il livello di comicità è infatti tarato molto male, il che è un problema che sta in premessa, laddove si è deciso che di questo delicato materiale valesse la pena farne un ritratto così smodatamente conciliante. Non disturba che Hamm non intenda assolutamente prendere posizione; il punto è che non fornisce alcuna chiave per leggere con vaga cognizione di causa l’intera vicenda, mortificata da una serie di siparietti la cui resa è in fin dei conti ciò che sta più a cuore. Sdrammatizzare si può, in taluni casi è l’unica, ma in The Journey a venire meno è il senso della misura. Un equilibrio difficile da conseguire, specie nell’ambito di una situazione complessa come i profondi dissidi tra le due parti in questione.
Certo che si ride, e certo che in un progetto del genere bisogna stare molto attenti a sbilanciarsi. Il guaio sta nel non avere indovinato per nulla come tutto ciò andasse modulato, a dispetto di due bravi attori che qui fanno quello che possono. Spall, per esempio, ha la tendenza ad esasperare certi tratti, croce e delizia del suo modo di recitare: anche in questo caso, si appropria di uno o due tic, non di più, e li reitera costantemente. Da par suo Meaney si limita a fare da spalla, finendo la coppia col comporre un involontario duo comico che quanto più fa sorridere tanto più è fuori posto. I negoziati procedono, tra diffidenza e malumori, mentre i due antagonsti nel corso di un breve viaggio si ammorbidiscono, risolvendosi all’anteporre la tranquillità a ciò per cui si sono spesi nel corso degli anni.
Tutto molto bello, pacifico, edificante. Ma non basta evocare la strage di Enniskillen e citare per nome e cognome tutte le vittime di quella strage per improvvisamente portare il film su un binario che proprio non gli appartiene. Anche il più digiuno di Storia e Politica avverte questo accomodante ritratto posticcio, facilone all’inverosimile. Né vale come scusa la sempre più fraintesa dicitura del «tratto da una storia vera»; anzitutto perché si tratta di una rielaborazione fittizia, e poi perché, di conseguenza, la realtà dei fatti va filtrata attraverso un lavoro di adattamento che renda plausibile (narrativamente, cinematograficamente, aggiungete tutti gli avverbi che ritenete opportuni) quella storia, quei personaggi ed il mondo in cui il tutto si lega. Il limite di The Journey sta alla sua base, il resto non può che essere una naturale conseguenza.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”3″ layout=”left”]
The Journey (Gran Bretagna, 2016) di Nick Hamm. Con Timothy Spall, Colm Meaney, Freddie Highmore, Toby Stephens, John Hurt, Catherine McCormack, Ian McElhinney, Ian Beattie e Barry Ward. Fuori Concorso