Venezia 2017: sono Aronofsky e faccio quel che mi pare
Il famoso regista Darren Aronofsky, americano di origini polacche, è bravo e fortunato, soprattutto perché fa quello che vuole, perché i suoi film, in genere piacciono e incassano. Ma nel suo ultimo film “Mother!”, non riuscito, ha detto e continua a dire che è una sorta di protesta per com’ è conciata la “madre terra”. Ma com’è il film?
Tutti si chiedono com’è “Mother!” del noto regista americano, non si sa se grande, Aronofsky. La proiezione ha diviso il pubblico. Ma non è un vantaggio, nel senso che la divisione vola bassa, molto bassa. Peccato. Posso dire che vedo volentieri tutti i fllm, specie quelli in concorso, con attenzione, esso di rado sono poco interessanti, spesso sono ben fatti, chiari negli intenti e nei risultati. Immaginate il regista che va da un produttore: “Voglio fare una protesta, una denuncia dello stato della terra in cui viviamo, la terra madre”. Il produttore firma il contratto, legge la sceneggiatura (molto lambiccata, molto confusionaria) capisce poco o niente, e procede lo stesso: gli incassi dei precedenti, non tutti, sono positivi e si investe sulla fiducia.
Veniamo al film. Uno scrittore a corto di ispirazione ha preso casa in una zona solitaria e stenta, va a rilento. E’ con la giovane moglie che lo ama e lo protegge, e aspetta che il marito riprende le prove d’amore, anche perché vorrebbe avere un figlio.
Luoghi comuni. All’improvviso una coppia si presenta e occupa a poco a poco la casa, in cui compaiono fatti non decifrabili (sangue che sgorga qua e là), e crea un disagio angoscioso. In un primo momento sembra uno scenario alla Hitchcock, ma non proprio all’altezza del modello, il regista vuole alimentare suspense, interesse, brividi. Velleità. Scontri, liti,gli improvvisati inquilini provocano disastri, riempiendo la casa di invitati devastatori.
C’è una pausa, con loro cacciata e con la moglie dello scrittore che scopre di essere incinta. Da qui in poi il film accumula altri assalti di estranei, le immagini perdono la ragione e descrive l’arrivo di altri, folle vere e proprio, il filo si smarrìsce in deliranti, devastanti scene…Registi e attori entrano in un assurdo martellamento di immagini colorate, effetti…
Tutto quel che avviene è ridicolo e compresso (in particolare per quanto riguarda lo scrittore e le sue sterili avventure creative). Un orgia di rumorose sciocchezze visive e non.
Basta, non vale la pena di raccontare. Il pubblico che lo andrà a vedere, se andrà non stabilirà alcuna qualità e riferirà quel che ritiene a chi chiede consigli. Per ora, aggrediti dalle critiche e dai giudizi severi generali emerse nelle visioni alla Mostra, Aronovsky e protagonisti nascondono dietro al parola “allegoria”. In realtà, rimasticature, pretesti biblici ed esoterici. Una bolla di sapone, che deve essere costata un bella cifra…E zero risarcimenti alla “terra madre” offesa, niente, solo tanto rumore per nulla.
In confronto “Jim & And”, documentario su Jim Carrey e Andy Kaufman, pare un’oasi di sensibilità e di avventure creative. Per fortuna nessuna povera “allegoria”.