Venezia 2019, Brad Pitt presenta Ad Astra: “La mia più grande sfida”
Produttore e protagonista, Brad Pitt è un astronauta alla ricerca di se stesso in Ad Astra di James Gray.
Una storia intimista legata allo Spazio, quella scritta e diretta dal regista di Two Lovers, tornato a Venezia 25 anni dopo Little Odessa, nel 1994 premiato con il Leone d’Argento – Premio speciale per la regia e con una Coppa Volpi per la miglior attrice non protagonista a Vanessa Redgrave.
Ho visto una citazione sul muro di una mostra, prima che scrivessi questo film. “La storia e il mito iniziano sempre nel microcosmo del personale”. E così ho voluto scrivere una storia umana tanto piccola contro l’Universo.
Pitt indossa gli abiti di Roy McBride, astronauta che viaggia fino ai confini estremi del sistema solare per ritrovare il padre scomparso. Un ruolo che Brad ha subito voluto, una volta letta la sceneggiatura.
James e io siamo amici dagli anni ’80, abbiamo sempre parlato di fare un film insieme, e ora ce l’abbiamo fatta. Mi ha portato questa sceneggiatura, presentandolo anche ai miei partner produttivi, James è all’apice della sua capacità narrativa. Ha la capacità di raccontare eroi cinematografici, attraverso la sua visione personale. James e io abbiamo parlato a lungo, quel che voleva fare era intrigante, come uomo, padre, figlio. E l’abbiamo fatto. E’ stata la più grande sfida da me affrontata. E’ una storia così delicata, è stato uno sforzo contante, nel mantenere questo equilibrio, nel mantenere una narrativa che si svolgesse in modo delicato. Tutti hanno lavorato sodo a questo film, è stato molto faticoso, una bella sfida. Opera su più fronti diversi e ha molto da dire. si pone domande sul perché siamo qui, sulla nostra anima, sono curioso di vedere come verrà recepito.
Tanti, ed evidenti, i riferimenti letterari cavalcati da James Gray, che ha chiaramente omaggiato autori come Joseph Conrad e Herman Melville.
Una delle cose più belle del cinema è che riesce ad essere una combinazione di varie arti. Musica, teatro, e anche la letteratura. Per la narrativa rubo dai migliori. Sono ossessionato da Moby Dick, e l’ho citato. Ho reinventato l’acqua calda. Ho voluto riutilizzare temi che non hanno tempo, magari un po’ vetusti secondo alcuni, ma credo nella forza del mito, prendendo a piene mani da elementi archetipici.
Un ruolo estremamente complesso, per Pitt, chiamato ad indossare gli abiti di un uomo privo di emozioni, a inizio pelicola, per poi scoprirsi travolto dai sentimenti.
Per quanto cerchiamo di nasconderlo, tutti noi ci portiamo dietro dei dolori, delle ferite dalla nostra infanzia. Il ruolo dell’attore è quello di utilizzare quel dolore, quei sentimenti, perché se io non sono sincero davanti alla macchina da presa non sarò sincero neanche con lo spettatore. Io e James condividiamo momenti anche imbarazzanti, come i nostri fallimenti. Mi mandava mail mattutine legate alla giornata precedente, raccontando idee che venivano dalla sua vita privata. Questo ci ha consentito di avere un dialogo assai aperto, e abbiamo capito come rappresentare certe scene. Sia io che James siamo stati svezzati con i grandi film degli anni ’70, ed è quello il livello che cerco quando produco un film. Personaggi complessi, non buoni o cattivi ma umani. Queste sono le storie che mi attirano. Non vedo il mondo in bianco o nero, e i miei partner produttivi cercano altrettanto. Questo è quel che ci guida. Se uno script mi tocca, toccherà anche gli animi degli altri.
“Qualsiasi lavoro che si fa con un attore, fondamentale è la sincerità“, ha ribadito Gray. “Non possiamo preoccuparci se risultiamo simpatici o meno. Dobbiamo essere aperti e vulnerabili, questo può portarci in luoghi oscuri, ma è il dovere dei creativi. Essere onesti , e così è stato con Brad. Ci siamo guardati da vicino, è una prerogativa del cinema. Così ho visto oltre l’attore, raccontando una verità che è ancor più vera della nostra verità. E’ il potere della cinepresa“.
Ad Astra uscirà nei cinema d’Italia il prossimo 26 settembre.