Home Festival di Venezia Venezia 2019, La llorona, recensione – l’horror etnografico di Jayro Bustamante

Venezia 2019, La llorona, recensione – l’horror etnografico di Jayro Bustamante

Dal regista di Ixcanul (Vulcano), premiato alla Berlinale nel 2015, Jayro Bustamante mescola Storia e folklore nel suo ultimo film

pubblicato 30 Agosto 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 17:10

Di notte Enrique, un ex-generale dell’esercito guatemalteco, sente delle voci provenire da vari punti della sua lussuosa villa. Spaventato, tira fuori la pistola e si mette in cerca della fonte, camminando per questi corridoi in penombra; quando all’improvviso sbuca fuori la moglie, che fino a qualche minuto prima gli stava dormendo accanto, Enrique le spara e per poco non la uccide. A carico del militare in pensione pende un processo con accuse gravissime, ossia di aver contribuito al genocidio di trent’anni prima. Con un mezzo espediente, pur trovato colpevole, Enrique finisce per tornare a casa sua, come se nulla fosse accaduto, senza scontare alcuna pena.

Nel contempo la servitù, spaventata, decide di lasciare la casa, cosicché al loro posto arrivi Alma (María Mercedes Coroy) anch’essa indigena, come coloro che si sono appena allontanati; il suo arrivo mette in moto una serie di eventi inspiegabili. Jayro Bustamente mescola parecchi elementi nel suo La llorona, sia quanto ai generi che ai temi sollevati, fino ai toni. Il suo potrebbe essere un horror dai modi etnografici, che riprende una pagina di Storia non tanto per chiarirne meglio i contorni bensì per rivendicarne le conseguenze, porre ulteriormente l’accento su un periodo estremamente buio del Guatemala, quello della Guerra Civile.

Tornato a casa, perciò, Enrique, ma soprattutto sua moglie Carmen e la figlia Natalia, si trovano costretti ad affrontare l’indignazione, concreta, martellante: la loro casa viene infatti circondata da un nutrito gruppo di nativi che intonano brani nella loro lingua, accendono candele, vegliano su quell’abitazione che diventa un po’ centro di quella che è avvertita come una somma ingiustizia. Per buona parte del film, ambientato proprio dentro le mura domestiche, con la minaccia là fuori, a fissare, si sentono in sottofondo i rumori incessanti di quella folla, dei suoi tamburi, pur se in un primo momento sembra trattarsi di una normale manifestazione, per quanto non dia tregua.

A poco poco tocca tuttavia constatare che quei cambiamenti appena percettibili, quell’irrompere all’interno di un soprannaturale inizialmente scambiato per l’Alzheimer dell’anziano padrone di casa, potrebbe essere in qualche modo legato a quanto sta avvenendo all’esterno, sebbene con l’apporto di Alma, che si occupa della piccola nipote di Enrique, facendole da balia. Un entra-ed-esci continuo, mai davvero netto, finché La llorona non s’addentra a pieno nel mistero e le carte vengono scoperte.

Bustamante sa di avere tra le mani del materiale sin troppo cangiante per sottoporlo ad un ulteriore strato di complessità, perciò si affida al giusto numero d’inquadrature fisse, in cui la macchina da presa si muove appena in avanti, come a volersi avvicinare alla verità di ciò che sta accadendo, avendone al contempo paura. La llorona infatti non è una persona; la si potrebbe descrivere come lo spirito di un’intera popolazione, un’entità che interviene misticamente là dove la giustizia umana ha fallito. Certo, è pur sempre una consolazione terrena, che non restituisce alcunché, limitandosi ad una vendetta che però Bustamante sembra avvertire come oramai irrinunciabile.

Viene per il sangue versato dai propri figli La llorona, in questo gioco di specchi, al femminile, perché alla fine sono loro, le donne, a divenire tramite, ancorché inconsapevole, di questo processo che lentamente prende forma tra quelle stanze che non possono schermare per sempre dall’irrompere della verità, uno sconfinamento tutt’altro che intangibile, per così dire etereo, anzi. Sangue chiama sangue, secondo una logica atavica, che mutua dal Mito; ergo l’offesa partorita nella carne non può che consumarsi allo stesso modo. Se di horror si tratta, dunque, non è tale per suggestioni l’ultimo lavoro di Bustamante, che, semmai, starebbe meglio tra i thriller soprannaturali, giusto per rimarcarne, in qualche modo, la profonda materialità di un’opera a tratti inquientante, non solo né soprattutto per ciò che si vede sullo schermo.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]

La llorona (Francia/Guatemala, 2019) di Jayro Bustamante. Un film con María Mercedes Coroy, Sabrina De La Hoz, Julio Diaz e Margarita Kénefic. Giornate degli Autori.

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