Venezia 64: ottavo giorno di Gabriele
Certo che assistere alle proiezioni dei due nuovi film di Takashi Miike e Johnny To con entrambi presenti in sala potrebbe condizionare il proprio giudizio e portarlo fin troppo all’entusiasmo; però ci proviamo a stare tranquilli. Il film sorpresa (in realtà il titolo girava sin dall’inizio del festival) è Mad Detective (da noi Il poliziotto
Certo che assistere alle proiezioni dei due nuovi film di Takashi Miike e Johnny To con entrambi presenti in sala potrebbe condizionare il proprio giudizio e portarlo fin troppo all’entusiasmo; però ci proviamo a stare tranquilli. Il film sorpresa (in realtà il titolo girava sin dall’inizio del festival) è Mad Detective (da noi Il poliziotto sciamano, probabilmente), diretto a quattro mani da To e Wai Kai Fai. E’ una storia di follia e di identità, in cui si spara meno, si vede meno violenza (non preoccupatevi comunque: ce n’è, ce n’è…) e si tenta di ragionare ancora di più sulla psicologia del protagonista, un ex-poliziotto che dice di vedere i demoni nelle persone. Ritorna in azione dopo anni di inattività grazie ad un nuovo caso che vede la misteriosa scomparsa di un poliziotto che stava cercando di catturare un ladro. Dopo un inizio grottesco, il film è un vortice di indagini e di colpi di scena, con un po’ di sana comicità. Ma Mad Detective è capace anche di regalare momenti drammatici forti, con almeno una scena commovente. Decisamente godibile ed appassionante, come al solito con To, con punte di adrenalina incredibili, anche se si può notare, nella versione qui presentata, che il regista ha finito di montarlo appena lunedì scorso. Ma è una piccolezza.
Il nuovo film di Miike è un gioco, che però per chi non è ben predisposto e per chi non sa chi sia il suo folle regista può risultare anche un po’ irritante. Il problema di Sukiyaki Western Django è che aveva bisogno davvero di qualche bella tagliatina: se con Gozu e Izo c’era la necessità di diluire la durata della pellicola, forse più nel primo caso che nel secondo, perchè la storia e la complessità della trama lo richiedevano, qui si poteva semplicemente fare un film più corto e più divertente. Sia chiaro, i momenti divertenti e folli non mancano affatto, ma alcune parti appesantiscono il risultato. Curioso comunque come prima fosse Tarantino a citare nei suoi film i film orientali, ed ora sia Miike non solo ad usarlo in una gustosissima ed ironica particina, ma a citarlo (Kill Bill non manca, e c’è pure… BB!). Ironia e violenza faranno la gioia dei fan del regista, che gira comunque sempre benissimo; gli altri possono anche astenersi. Non male il finale.
Altro film in concorso è quello di Lee Kang Sheng, l’attore feticcio di Tsai Ming-liang, qui in veste di produttore. Bangbang wo aishen (Help me eros) è a prima vista un film di Tsai Ming-liang, come tutti sospettavamo: l’impianto narrativo è lo stesso, e la bella fotografia richiama i film del regista di Taiwan. Però Lee Kang Sheng, anche attore protagonista, a tratti usa un montaggio più veloce, condisce il tutto con qualche dialogo in più e qualche gustosa scenetta, e rende un omaggio al suo maestro. E il sesso? C’è in due sole scene, ma curiose. Solo per chi ama il cinema di Tsai Ming-liang, ma non è male.
Delude il secondo film italiano in concorso, Il dolce e l’amaro di Andrea Porporati. Certo, paragonato a Nessuna qualità agli eroi è un gran film, ma tant’è. In realtà non c’è neanche molto da dire, se non che il ritmo è tenuto su da dialoghi e momenti comici, e se non ci fossero ci troveremmo di fronte all’ennesimo film sulla mafia che nulla aggiunge e nulla dice in più rispetto ad altri illustri predecessori. LoCascio è sempre bravo ma non aiuta più di tanto la baracca, e la Finocchiaro idem.
Nella sezione Giornate degli autori troviamo il nuovo film di Sabina Guzzanti, Le ragioni dell’aragosta. La storia è più meno nota a tutti, tanto che è stata sbandierata a destra e a manca: per sostenere la causa di alcuni pescatori che vedono scomparire ogni anno tonnellate di aragosta nelle loro acque, la Guzzanti scende fino a Su Pallosu (sì, il paese si chiama proprio così!) con l’intenzione di riunire il cast del programma Avanzi per fare uno spettacolo e contribuire così alla causa. La Guzzanti al solito è sì divertente, ma dà l’impressione di un grande egocentrismo e manca di autoironia -mentre ha da dirne su tutti gli altri- e abusa forse un po’ di retorica. Questo era il mio pensiero almeno fino a quando il film non si avvia alla conclusione: lì succede qualcosa d’interessante ed inaspettato, più un colpetto di teatro che rimette in discussione tutta la pellicola. Anche in lei si insinuano dubbi, incertezze, voglia di mollare. Non sarà un buon film, sarà anche furbastro, ma è da vedere e giudicare coi propri occhi.
Avvistati quelli già citati, e anche Zia Jhang-ke, in sala a vedere Mad Detective.