Venezia 65: Il seme della discordia – Orfeo 9
Venezia 65Il seme della disocordia, di Pappi Corsicato Dopo molti anni di assenza dalle scene e ben 13 anni di assenza da Venezia (I buchi neri risale al 1995), Pappi Corsicato torna in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, e lo fa con un film – Il seme della discordia – che sulla carta sembrava
Venezia 65
Il seme della disocordia, di Pappi Corsicato
Dopo molti anni di assenza dalle scene e ben 13 anni di assenza da Venezia (I buchi neri risale al 1995), Pappi Corsicato torna in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, e lo fa con un film – Il seme della discordia – che sulla carta sembrava essere una sperimentazione molto interessante e che invece si è rivelato eccessivamente visionario e kitch.
Nonostante la presenza di un ottimo cast di interpreti (tutti, purtroppo, sottotono) capitanato da Caterina Murino ed Alessandro Gassman, il film risente di una sceneggiatura superficiale e farsesca laddove sarebbe invece stato opportuno un maggiore approfondimento delle tematiche ed una maggiore serietà nell’affrontarle. Il film tocca infatti temi delicati quali lo stupro, l’aborto e la sterilità.
Fuori Concorso
Orfeo 9, di Tito Schipa Jr.
Il film scelto per chiudere ques’edizione della Mostra, Orfeo 9, meriterebbe una recensione ben più lunga ed articolata di quanto non si riesca a pubblicare in pochi paragrafi, su un blog. Tito Schipa Jr. (figlio del celebre tenore) è l’autore, compositore, interprete e regista dell’opera, nata a teatro (andò in scena al Sistina nel 1970) e divenuta successivamente un film. Figlio dell’epoca che vide nascere altre rock-opera mondialmente note quali Jesus Christ Superstar, The Rocky Horror Picture Show, Hair e Tommy degli Who; Orfeo 9 – nonostante possa fregiarsi del titolo di prima rock-opera mai realizzata in Italia – è stato severamente censurato (per via delle scomode tematiche legate alla droga ed alla ricerca della libertà da parte di una generazione ‘problematica’ come quella dei figli dei fiori) e ritirato dalle scene, eppure mai del tutto dimenticato: la colonna sonora non ha mai smesso di vendere nell’arco di questi 35 anni ed è ormai arrivata all’ottava edizione.
Il film è stato restaurato e presentato a Venezia per volere di Marco Giusti, creatore del televisivo Blob, e di Marco Muller stesso, entrambi estimatori dell’opera. La speranza è che la partecipazione al Festival sia servita per sdoganare la pellicola, così da poterla rivedere nelle sale cinematografiche. Ora che il musical comincia ad essere apprezzato da vaste fasce di pubblico, Orfeo 9 (liberamente ispirato al mito di Orfeo ed Euridice, ruba il numero 9 al brano dei Beatles Revolution number 9, contenuto nel White Album) avrebbe le carte in regola per diventare un successo al botteghino.
Nonostante risenta, in alcuni momenti, di arrangiamenti un po’ datati (così come gli altri musical citati poc’anzi), stupisce per la modernità della regia e del linguaggio visivo, estremamente avanguardistico per l’epoca (tanto che meriterebbe una seconda visione per coglierne appieno le sfumature), precedente all’avvento dei video-clip come li conosciamo oggi (quello che viene considerato come il primo della storia – Bohemian Rapsody dei Queen – arriverà solo nel 1975).
Bellissime le elaborate musiche dello score, ancora attuallissime, che perfettamente si adattano alle voci di quelle che erano, in quegli anni, alcune giovani e sconosciute promesse della musica leggera, fra cui Loredana Bertè, Renato Zero e Tullio de Piscopo. Il direttore d’orchestra era quel Bill Conti che dieci anni dopo vinse un Oscar per The Right Stuff.
Costato la ridicola cifra di 40 milioni di lire ed interamente girato in una fornace dismessa di mattoni (sulle cui fondamente è stata successivamente costruita la sede RAI di Saxa Rubra) il film verrà reso fruibile entro breve sul sito RAI per la cultura. Tito Schipa Jr., durante la conferenza stampa ha dichiarato: “avrei voluto potervi presentare Orfeo 9 da venticinquenne, invece nel frattempo di anni ne ho 60. Di cose da dire, dopo 35 anni, ne avrei talmente tante che ho deciso di non dirne nessuna“.