Vento di primavera – La recensione in anteprima
Vento di primavera (La Rafle) Regia di Rose Bosch, con Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphaëlle Agogué, Hugo Leverdez, Oliver Cywie, Mathieu Di Concerto, Romain Di Concerto, Rebecca Marder, Anne Brochet, Isabelle Gélinas, Thierry Frémont, Catherine Allégret, Sylvie TestudIl cinema è lo specchio di popolo, attraverso i suoi prodotti è possibile studiare la società
Vento di primavera (La Rafle) Regia di Rose Bosch, con Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphaëlle Agogué, Hugo Leverdez, Oliver Cywie, Mathieu Di Concerto, Romain Di Concerto, Rebecca Marder, Anne Brochet, Isabelle Gélinas, Thierry Frémont, Catherine Allégret, Sylvie Testud
Il cinema è lo specchio di popolo, attraverso i suoi prodotti è possibile studiare la società che li ha generati, dal banale film di cassetta al ricercato film d’autore, ogni testo parla del suo contesto in modo molto più profondo di quanto possa sembrare ad una prima lettura. Appare così evidente che dopo anni di elaborazione il cinema tedesco abbia iniziato a rivedere il passato prossimo legato alla Seconda Guerra Mondiale, alla figura di Adolf Hitler e alle atrocità dei Campi di Sterminio Nazisti. Prendete per esempio il cinema italiano ha rivisto la persona di Benito Mussolini solo con Rod Steiger in Mussolini: Ultimo Atto del 1973, e solo poche altre volte prima del Vincere di Marco Bellocchio, quasi a dimostrare che il capitolo non sia del tutto chiuso.
Con Vento di Primavera (titolo inspiegabile per La Rafle, che avrebbe dovuto essere tradotto come La Retata o Il Rastrellamento) di Rose Bosch anche la Francia viene messa di fronte a uno degli episodi più oscuri e deplorevoli della Seconda Guerra Mondiale accaduto il 16 luglio ’42, quando la Gendarmeria (che non nascondeva il proprio antisemitismo) fu obbligata dal Reich a compere una retata a Montmartre per rastrellare i 24 mila ebrei di Parigi, 13 mila dei quali furono ammassati nel velodromo d’Hiver prima di essere caricati sui treni diretti ai campi di sterminio.
Dopo oltre tre anni di ricerche non solo sulla storia ufficiale, ma scavando nelle micronarrazioni di singole persone, Rose Bosh ha realizzato un imponente film (con un budget di oltre 20 milioni di euro) che racconta un fatto storico inedito, o quasi, per il cinema e che punta il dito contro il popolo francese, non solo nei confronti delle sue responsabilità politiche, che con l’invasione tedesca si è scoperto antisemita e pronto a denunciare anche il proprio vicino di casa e amico di sempre. Bosh intreccia le vicende di molti personaggi, tra vittime, carnefici e inermi testimoni, che convergono all’interno del velodromo parigino come in un luogo del non ritorno. Ogni storia trasuda dell’urgenza che la regista ha provato nel raccontare la storia della retata di Vel’ d’Hiv donando al film una forte sensazione di necessità, nonostante lo stile narrativo sia piuttosto didascalico e privo di guizzi registici (impressionante però la ricostruzione dell’interno del velodromo).
La storia inizia con il piccolo Joseph, 11 anni, che sulla strada per la scuola viene insultato da una fornaia solo per la stella gialla che porta cucita sul petto. Qualcosa sta cambiando nel mondo in cui vive, ma la sua famiglia, come le tante altre che vivono sulla collina di Montmartre, crede di essere al sicuro. Il 16 Luglio però vengono rinchiusi Vèlodrome d’Hiver, da dove vengono poi tradotti al campo di Beaune-La-Rolande per poi partire in treno verso l’ignoto. Joseph però ha promesso a sua madre che sarebbe scappato dal campo e che avrebbe vissuto la sua vita.
Un cartello all’inizio del film spiega che tutti i personaggi descritti nel film sono realmente esistiti e tutti gli avvenimenti, anche i più drammatici, sono realmente accaduti in quell’estate del 1942. Risulta quindi spiazzante il finale palesemente di fiction che dona un sapore melodrammatico al film ma che gli fa perdere parte del suo valore documentario, un piccolo passo falso per un progetto in cui hanno creduto attori come Jean Reno, nei panni del medico ebreo del campo, che dona speranza pur senza averne più alcuna e Mélanie Laurent, vista nel bellissimo Lourdes.
Il film si chiude con un “salvataggio in angolo” per i francesi, sottolineando che oltre 10 mila degli ebrei ricercati durante la retata sarebbero sfuggiti grazie all’aiuto di valorosi parigini che li hanno protetti mettendo a repentaglio la propria esistenza. E aggiungiamo noi, in Francia nell’immediato dopo guerra le rappresaglie con i collaborazionisti sono state decisamente più dure rispetto al Bel Paese dove ancora oggi si discute dell’opportunità o meno di avere partiti e politici di aperta fede nostalgica per tempi che furono. Ma questa è l’Italia.
Vento di primavera uscirà oggi (27 di gennaio), in concomitanza con La Giornata della Memoria. Qui potete vedere il trailer italiano del film.
Voto Carlo 6,5