Victoria: recensione in anteprima del film in concorso a Berlino 2015
Due ore che sconvolgono la vita di una ragazza, spagnola ma che vive a Berlino. Un lungo pianosequenza a cavallo tra i generi, strizzando l’occhio al thriller. E c’è chi lo ha già definito la risposta tedesca a Birdman
In una discoteca di Berlino c’è una ragazza che balla. Sebbene non sia l’unica, la macchina da presa la segue, più che altro la scruta, mentre in pista non si capisce nulla, tra il rumore e la gente che si muove in modo strano. Victoria, questo il nome della ragazza, esce a prendere un po’ d’aria, poi decide di andare. Nel frattempo conosce l’intraprendente Sonne ed il suo gruppo di amici. Dopo alcuni inviti, Victoria, venuta dalla Spagna da appena tre mesi e senza ancora amici, decide di seguire l’allegra combriccola.
Ha così inizio questo insolito viaggio, girato interamente in piano sequenza, roba da fare impallidire Arca russa di Sokurov (si fa per dire). Ma non scherziamo più di tanto, dato che il progetto Victoria è ambizioso, anche troppo forse. Due ore e venti in cui il film tiene bene, persino con qualche exploit notevole. Da principio non sappiamo cosa pensare di questi quattro giovani che si portano dietro una povera straniera in cerca di conoscenze; tutto però procede in modo credibile, con il gruppo che fa impara a conoscersi, litiga, si racconta.
Per metà sembra un normale coming-of-age, tra chiacchiere e baldoria; e tale per certi versi il film lo rimane sino alla fine, dato che l’intero percorso è un mettere alla prova non tanto sé stessi quanto la consapevolezza che ciascuno dei ragazzi ha di sé. Poco alla volta monta pure del tenero tra Sonne e Victoria, con quella tensione sessuale che si taglia col coltello, mentre i due si studiano, si scambiano battute, mezzi fatti e mezzi ubriachi.
All’improvviso la svolta. Da zero a cento in men che non si dica, Victoria (il film) cambia repentinamente registro. Siamo all’incirca a metà del tragitto, ed il gruppo ha già toccato svariate location, tra cui un bar caffè ed il tetto di un palazzo. Tutto rigorosamente in pianosequenza, lo ricordiamo. Boxer, l’amico di ex-galeotto di Sonne, deve un favore ad un losco individuo che gli ha dato protezione quando era dentro; ora è tempo di restituire il favore e Boxer non può negarsi.
C’è un problema però: serve una persona che guidi l’auto. Victoria decide di aiutare i ragazzi, ma quello che si trova davanti va ben oltre le aspettative. Inizia così un altro film ancora, una sorta di Bonnie e Clyde postmoderno, che si sostanzia in un thriller organico, solido. Con il ritmo che va gradualmente salendo si succedono una serie di eventi apparentemente casuali, che culminano in un inseguimento dal realismo pregevole, pressoché documentaristico. Per quanto ci riguarda abbiamo contato solo una forzatura obiettivamente discutibile; per il resto Victoria fila via che è un piacere.
Né si può glissare sullo sforzo produttivo che un progetto del genere comporta: il regista ha evidenziato che si è trattato di un’unica ripresa cominciata alle 4.30 e finita alle 7 di mattina. Due ore e mezzo in cui, sebbene non si tratti dell’orario di punta, può comunque succedere di tutto. Basta un nulla per vanificare anche due ore di film andato a buon fine fino a quel momento, per poi dover ricominciare tutto daccapo. Un’organizzazione ed una disciplina per cui non si può che complimentarsi pure con gli attori, specie Frederick Lau, eccezionale nei panni di Sonne. Non è certo da meno la protagonista, Laia Costa, che regge bene le due ore consecutive senza concedersi una sbavatura.
Insomma, un’opera fresca, intrigante, che anche nell’ambito della sua categoria (alla voce film interamente girati in pianosequenza) tende a rimescolare un po’ le carte. Coraggiosi gli autori ad imbarcarsi in una simile iniziativa e bravi i selezionatori ad aver ritagliato loro un posto tra i grandi, ovvero il Concorso. Qualcuno dalle nostre parti prenda nota, qualora non l’avesse già fatto, e si segni il nome di questo titolo. Perché comunque vada, Victoria è senz’altro una delle sorprese di questo Festival.
Voto di Antonio: 8
Voto di Gabriele: 7.5
Victoria (Germania, 2015) di Sebastian Schipper. Con Laia Costa, Frederick Lau, Franz Rogowski, Burak Yigit, Max Mauff, André M. Hennicke, Anna Lena Klenke ed Eike Schulz.