Viva la libertà: Recensione in Anteprima
A pochi giorni dalle elezioni politiche, Roberto Andò appronta un discorso sullo scenario politico e non solo dei giorni nostri. Ecco la recensione in anteprima di Viva la libertà
Con le prossime elezioni politiche dietro l’angolo, Viva la libertà di Roberto Andò tenta di fare un ennesimo punto della situazione non solo su chi di politica campa, ma soprattutto su chi di politica (di)spera. Un pittoresco comizio, tra invettive, frecciate e frasi ad effetto, dal sottotesto anche troppo familiare.
Difficile non essere risucchiati dal vortice del dibattito su cui poggia questo film, allorché si è chiamati a discuterne. A differenza di un Lincoln, il cui discorso in fondo non risente di certi vincoli territoriali poiché essenzialmente estendibile a meccanismi più o meno universali, Viva la libertà è profondamente radicato nel quadro politico spiccatamente nostrano, ed anche meno attuale di quello che si voglia far credere.
Fuorviante, se non addirittura scorretto, fare a meno di evidenziare all’interno di quale palco ci stiamo muovendo. La sinossi, in tal senso, ci viene già abbastanza incontro. Enrico Oliveri è il leader dell’opposizione che si accinge a sfidare il governo in carica alle imminenti elezioni; tuttavia, improvvisamente, decide di scomparire senza dire niente a nessuno. Questo l’incipit.
Andrea Bottini (Valerio Mastrandrea), stretto collaboratore del candidato premier, rinviene un lapidario biglietto a casa di Oliveri, in cui sostanzialmente c’è scritto di non preoccuparsi… si tratta solo di una fuga momentanea, ma necessaria. Immaginate quale e quanto imbarazzo potrebbe creare una notizia del genere, sia all’interno del partito che agli occhi dei media: bene, allora meglio sbrigarsi a trovare una soluzione.
Si dà il caso che il fuggitivo abbia un fratello gemello, che in realtà di cognome fa Ernani, Giovanni Ernani. Consultata la moglie del politico scomparso, Anna Oliveri, Andrea procede assecondando un piano folle, ossia sostituendo i due fratelli, all’apparenza identici.
Oltre questo punto non intendiamo spingerci. La critica o la denuncia, che dir si voglia, risiede nel codice genetico della pellicola, tesa a scuotere, suscitare questioni di cui tanto si è parlato. Esatto, parlare; chiacchiericcio indistinto che ha generato solo rumore, e che in queste settimane, con il ritorno (ci dicono) trionfale del cavaliere è tornato a far capolino sui nostri schermi, e non solo. Nell’imbastire un discorso potenzialmente interessante, però, Viva la libertà mescola un po’ le acque.
Da un lato l’implicita ma non meno netta stroncatura dei vari governi Berlusconi, che non risparmia nemmeno un’opposizione congelata, a tratti maldestramente connivente per quanto incapace, parrebbe dirci Andò. Dall’altra la disamina sociale, più profonda e per certi aspetti più apprezzabile. Quella che punta il dito sulla mancanza di civiltà, espressione anche e soprattutto di quella soppressione della cultura, considerata tutt’al più accessoria.
Che Giovanni sia un ex-depresso bipolare, nonché fine filosofo, la dice lunga. Il suo è un subentro liberatorio, quasi messianico. Le sue idee sono talmente semplici da lasciare sbalorditi, proposte con una freschezza ed una noncuranza unica verso certi consolidati meccanismi. Contraltare di questo scenario è la retorica con cui viene portato avanti tale discorso, basato su una non precisata “chiamata alle armi”, qui tradotta nel solito invito alla democratica presa di coscienza. Storia vecchia, insomma, nonché strada talmente battuta da non distinguerla rispetto allo sterrato.
Ciò che cambia è la prosa, più ricercata, poetica, anche un po’ ruffiana se vogliamo. Elemento che calca la mano sull’innegabile ignoranza, che dilaga non solo all’interno della cosiddetta casta, ma soprattutto nell’ambito dell’elettorato. Lo stesso preso di mira in questo film, il quale rievoca la massima secondo cui un popolo, nel bene o nel male, è governato dai personaggi che meglio lo rappresentano. In poche parole, ognuno ha i governanti che si merita.
Come uscirne, dunque? Riprendiamo il personaggio di Giovanni Ernani, un Toni Servillo a nostro parere ottimo e sopra le righe, che in veste di pazzo sconsiderato dà il meglio di sé, calcando con delicatezza la mano su quel grottesco di cui ha in qualche modo beneficiato già Il Divo di Sorrentino. È lui che traina Viva la libertà, sancendone l’inizio e decretandone la fine. Andò non tratta però i propri personaggi con disprezzo, specie quell’Oliveri che, sotto pressione massima, fugge, rintanandosi all’estero. Anzi, per lui appronta un discorso a parte, una sorta di sottotrama che lo vede, novello eroe, confrontarsi con i fantasmi del proprio passato; per poi ritornare con maggiore consapevolezza, dopo avere affrontato fiere brutali e ostacoli invisibili ma altrettanto ardui.
Un viaggio speculare, che mostra l’interno e l’esterno del processo sino ad ora descritto. Dinamiche si dipanano non senza una certa ambiguità, ad essere sinceri vera cifra espositiva di questo film. Un continuo gioco di specchi, dunque, assecondante un dualismo che è forse pluralismo, ma che in ogni caso è clinico. Che si tratti di recitare Brecht o di giocare a nascondino col presidente della Repubblica, Giovanni Ernani vorrebbe un po’ rappresentare quella lucida innocenza che manca non solo ai protagonisti della politica, ma anche a coloro che ce li mandano.
Bisogna ammettere che Andò riesce concedere pochi spifferi alla narrazione, centrata anche se non molto compatta. Le perplessità sopra accennate attengono più che altro al soggetto, steso all’interno di un discorso che pone certe opportune domande, dando però alcune essenziali cose per scontate – è questo il caso dell’assenza di cultura e dei canali attraverso cui andrebbe veicolata: pur non trattandosi di uno «studio» in senso stretto, qualche cenno ai prodromi non sarebbe dispiaciuto, anziché limitare il tutto alla politica degli ultimi vent’anni, la quale condivide responsabilità e colpe. Insomma, se non soluzioni o definizioni inequivocabili, avremmo gradito una presa di posizione altrettanto ferma rispetto all’altra faccia della medaglia, che non fosse necessariamente e solo la questione politica nello specifico.
Un messaggio positivo, volendo pure di speranza, che funziona nella misura in cui tenta di destare alla responsabilità personale ciascuno di noi, senza però approfondire più di tanto. Perché in fondo, per dirla con Berdjaev, a chi si rivolge Ernani/Andò? All’individuo o alla persona? La differenza è sostanziale, perché l’individualismo è il fenomeno che ci ha condotto al punto in cui siamo, chiusi in quel piccolo mondo che appartiene a ciascuno di noi e che non ammette concessioni. Mentre le vere risposte si attendono dalla persona, quella che va coltivata (da cui cultura), e da cui ci si può e ci si deve attendere tanto, forse tutto. E chi lo sa che non sia questo il tempo dei poeti, a cavallo tra ragione e follia.
Voto di Antonio: 6,5
Viva la libertà (Italia, 2012). Di Roberto Andò, con Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto., Eric Trung Nguyen, Judith Davis, Andrea Renzi, Gianrico Tedeschi, Massimo De Francovich, Renato Scarpa, Lucia Mascino, Giulia Andò e Stella Kent. Qui trovate il trailer. Nelle nostre sale da domani, giovedì 14 Febbraio.