Watermark: trailer italiano e tutte le anticipazioni sul film-documentario
Tutto quello che c’è da sapere su Watermark – L’acqua è il bene più prezioso, lo straordinario film-documentario nei cinema dal 14 ottobre 2021.
Dopo aver ricevuto il plauso della critica e ottenuto oltre 50.000 spettatori nei cinema italiani con Antropocene – L’epoca Umana, che indagava l’impatto dell’uomo sul pianeta attraverso straordinarie immagini, dal 14 ottobre Fondazione Stensen e Valmyn portano nei cinema italiani anche il secondo capitolo della colossale opera sull’ambiente realizzata da Jennifer Baichwal ed Edward Burtynsky: Watermark – L’acqua è il bene più prezioso, uno straordinario documentario fotografico sul fondamentale ruolo che l’acqua ricopre nella formazione e nello sviluppo dei Popoli.
Trama e cast
La trama ufficiale: Ogni essere vivente ha bisogno di acqua. Noi umani interagiamo con l’acqua in una miriade di modi, più volte al giorno. Ma quante volte prendiamo davvero in considerazione la complessità di questa interazione? Ogni quanto ci fermiamo a meditare sulla peculiarità dell’acqua di creare, sostenere e insieme arricchire la vita, fatta eccezione dei momenti in cui dobbiamo confrontarci con la sua mancanza? Watermark è un film-documentario che raccoglie storie da tutto il mondo che hanno come tema il rapporto dell’uomo con l’acqua: come ne è attratto, che cosa gli insegna, come la usa e quali sono le conseguenze che questo uso comporta. Conosciamo le enormi coltivazioni galleggianti di conchiglie abalone al largo della costa cinese del Fujian; il cantiere di Xiluodu, la più imponente diga ad arco al mondo, sei volte più grande di quella di Hoover; il delta del deserto dove si arena il possente fiume Colorado; le concerie di cuoio di Dhaka. Osserviamo come gli uomini sono attratti dall’acqua: dagli Open di Surf a Huntington Beach (Stati Uniti) al Kumbh Mela di Allahabad (India), pellegrinaggio nel quale 30 milioni di fedeli si radunano per immergersi nel sacro Gange, tutte insieme. Parliamo con gli scienziati che estraggono carote di ghiaccio a due chilometri di profondità sotto la calotta glaciale della Groenlandia, ed esplorano l’incontaminato spartiacque della Columbia Britannica settentrionale. Grazie a riprese in un 5K ad altissima definizione e alle numerose prospettive aeree, il film offre una visione dell’acqua su grande scala, in quanto elemento fondante della nostra vita sulla Terra. Allo stesso tempo, si addentra nei particolari: l’indelebile ricordo di un fiume rubato, una misteriosa figura che aleggia su antichi terrazzamenti di riso, una data cruciale nascosta in un pezzo di ghiaccio vecchio milioni di anni, il rituale privato di un pellegrino sul bagnasciuga, circondato da centinaia di persone.
Watermark – trailer e video
Trailer italiano pubblicato il 12 ottobre 2021
Curiosità
- Il film esce nei cinema italiani in occasione della Giornata Mondiale dell’Educazione Ambientale.
- L’acqua costituisce oltre il 70% del pianeta e del nostro corpo, attorno a lei sono nate la società e la tecnologia e si sono sviluppate le grandi civiltà. Probabilmente per il suo controllo combatteremo le guerre del futuro. WATERMARK – L’acqua è il bene più prezioso è un ritratto di grande attualità, che restituisce un quadro visivamente affascinante della complessità della situazione attuale, che spazia dalle gigantesche infrastrutture costruite dall’uomo ai sempre più numerosi disastri ambientali (esondazioni, allagamenti, erosione delle coste…), dagli sprechi del mondo ricco fino all’ingegno storico di conservazione e mantenimento di un bene così prezioso per la vita.
- Diretto dalla pluripremiata regista Jennifer Baichwal e dal celebre fotografo Edward Burtynsky, Watermark è parte di un progetto di Burtynsky interamente dedicato all’acqua, che include anche un libro – Burtynsky: Water – e una mostra fotografica. Con le riprese di Nicholas de Pencier, anche produttore, frutto di tre anni di lavorazione, il film rappresenta il naturale proseguimento del precedente lavoro del trio: Manufactured Landscapes. In Watermark, lo spettatore è immerso in un mondo definito dall’eccezionale forza della natura che è l’acqua, elemento che tendiamo a dare troppo spesso per scontato – fino a quando non verrà a mancare.
- Il percorso dei registi porta lo spettatore tra le enormi fattorie galleggianti al largo della costa cinese del Fujian, al cantiere di Xiluodu, la più grande diga ad arco al mondo, nel delta del deserto dove si arena il possente fiume Colorado, tra le concerie di cuoio di Dhaka. Ma anche agli Open di Surf di Huntington Beach negli Stati Uniti e al Kumbh Mela ad Allahabad, dove si radunano 30 milioni di persone per immergersi tutte insieme nel sacro Gange. Ulteriori immagini accompagnano gli scienziati che estraggono carote di ghiaccio dalle profondità del sottosuolo della Groenlandia e tra coloro che esplorano l’incontaminato spartiacque della Columbia Britannica settentrionale.
- Commento dell’artista Edward Burtynsky: “Ho iniziato a pensare di usare l’acqua come soggetto per un mio lavoro nel 2007, mentre mi trovavo a fotografare le miniere d’oro in Australia, primo continente di quest’era geologica che ha iniziato a prosciugarsi. Le storie dei contadini costretti ad andarsene a causa dell’essiccamento delle terre erano su tutti i giornali. Mentre ero lì, ho incontrato un fotoreporter che mi ha raccontato un episodio in cui si era trovato coinvolto in un bar di Adelaide. Aveva ordinato una birra e un bicchiere d’acqua, finita la birra, aveva pagato il conto e fatto per andarsene, ma il barista lo ha fermato e gli ha ordinato di finire il bicchiere d’acqua. D’improvviso, l’acqua ha assunto per me un nuovo significato. Ho realizzato che, a differenza del petrolio, non se ne può fare a meno. Senz’acqua, si muore.”
- Commento del produttore e direttore della fotografia Nicholas de Pencier: “Le difficoltà di questo progetto dal punto di vista logistico erano spaventose: 20 storie, 10 paesi, 200 ore di filmati originali, 29 diversi formati multimediali, 8 lingue. Alla fine della lavorazione avevamo usato più di una dozzina di telecamere differenti per soddisfare la miriade di esigenze sia pratiche sia creative. Incredibilmente, nessuna è mai finita in acqua. Ci sono caduto solo io, qualche volta. La tecnologia più ambiziosa di cui ci siamo avvalsi è stata la RED EPIC 5K Digital Cinema Camera; quando abbiamo iniziato a girare era un prodotto talmente nuovo da non essere ancora sul mercato: abbiamo usato uno dei prototipi assemblati a mano in California. Volevamo che le immagini in movimento non fossero da meno delle incredibili fotografie da 60 megapixel di Burtynsky, e sapevamo che la camera in 5k era l’opzione migliore per raggiungere questo risultato. Spesso è stato difficile posizionarla, specie nei punti panoramici più esposti, ma quando ci siamo riusciti, abbiamo ottenuto risultati spettacolari. La collaborazione con FreeFly Cinema è stata particolarmente proficua: i loro elicotteri telecomandati dotati di un sistema di stabilizzazione a bilanciere ci hanno permesso di sfidare la legge di gravità e fare alcune riprese aeree da altezze incredibilmente elevate.”
Note di regia
L’acqua ha la straordinaria capacità di presentarsi in forme e contesti totalmente diversi tra loro: su grande o minuscola scala. Può scorrere sinuosa nei torrenti di campagna, può sciogliersi in piccole gocce cadendo da una lastra di ghiaccio, ma può anche creare le grandiose cascate del Niagara o formare enormi distese come l’Oceano Pacifico. Si tratta comunque di acqua, indipendentemente della forma che assume. Questa capacità dell’acqua di essere allo stesso tempo vastità e dettaglio, sempre uguale nella sua diversità, è diventata centrale quando si è trattato di trasporre il progetto fotografico di Edward Burtynsky in un film. Da una parte, la visione panoramica – spesso letteralmente aerea nel caso del film – rischia di essere troppo sfuggente e ha bisogno di essere legata all’intimità di un particolare. Dall’altra, uno sguardo troppo ravvicinato non è in grado di esprimere la reale portata che può raggiungere l’acqua, né la misura in cui la trasformiamo per soddisfare i nostri bisogni. Il film nasce dal connubio di questi due punti di vista, grazie al quale siamo riusciti a fondere venti storie di dieci paesi diversi in un unico, coerente racconto. In fase di produzione la nostra collaborazione si è presto trasformata in un’unione di forze. Burtynsky si è concentrato principalmente sul processo di trasposizione della dimensione panoramica dal punto di vista sia fotografico sia cinematografico. Per fare questo, sono stati utilizzati elicotteri – tradizionali e radiocomandati –, aste, piattaforme mobili e una grande varietà di velivoli. Io mi sono focalizzata sulla ricerca dei dettagli, sul trovare un filo narrativo che riuscisse a imprimere un significato profondo alla visione d’insieme. Il direttore della fotografia Nick de Pencier ha lavorato su entrambi i fronti: ha fatto riprese vertiginose dalla diga di Xiluodu, ha immortalato un raduno di 30 milioni di persone (al Maha Kumbh Mela), ha tenuto in equilibrio la camera portatile su un terrapieno fangoso e traballante nelle risaie dello Yunnan, ha reso visibili i dettagli di un cristallo all’interno di una carota di ghiaccio in Groenlandia. Anche durante la fase di montaggio, durata undici mesi, la nostra collaborazione ha dato buoni frutti. Io e Roland Schlimme (che si è occupato anche del montaggio di Manufactured Landscapes e di Act of God) abbiamo visionato 200 ore di materiale video, sia originale sia d’archivio, e poi abbiamo iniziato a lavorare per capire quale struttura e ritmo dare al film, attraverso uno scrupoloso e a volte improduttivo (parlo per me) processo fatto di tentativi ed errori. Processo che è stato intervallato da proiezioni e riunioni con Nick ed Ed. È difficile tenere insieme così tante storie senza imprimere al racconto un ritmo troppo prevedibile e senza perdere di vista il tema principale. È estremamente complicato trasmettere così tante informazioni e allo stesso tempo riuscire a non privare lo spettatore della possibilità di vivere un’esperienza immersiva. Non amo inserire nei documentari contenuti didattici a meno che il soggetto non lo richieda espressamente, rendono la trattazione troppo prevedibile e lo spettatore si ritrova a essere un consumatore passivo anziché parte attiva nel processo di esplorazione – l’opposto della collaborazione, insomma. Ritengo invece che la collaborazione vada estesa anche allo spettatore. Come tutti i nostri film, anche Watermark offre uno spunto di riflessione. Dopo quasi tre anni di full immersion, non aprirò mai più un rubinetto con la stessa nonchalance con cui lo facevo prima di imbarcarmi in questa impegnativa, ma anche profondamente gratificante esperienza. Spero che anche gli spettatori proveranno lo stesso. [Jennifer Baichwal]
Foto e poster