Weekend: recensione del film di Andrew Haigh
Arriva in sala dopo cinque anni il film che ha rivelato il talento cristallino di Andrew Haigh, regista di 45 Anni e tra le firme della serie tv HBO Looking. Weekend, nella sua semplicità, è una pietra miliare, e il film gay più bello degli ultimi anni.
Weekend è un film del 2011, e per quanto il sottoscritto si sia impegnato non è riuscito ad affrontare la recensione senza qualche SPOILER.
Weekend è il film LGBT più bello degli ultimi dieci anni. E questo lo avevamo detto quando lo avevamo visto nel 2011, cinque anni prima della sua distribuzione italiana tardiva. Un vuoto colmato da Teodora, che porta in sala il secondo film di Andrew Haigh, tra i nuovi talenti più bravi in circolazione, dopo aver distribuito l’altrettanto supremo 45 Anni, tra i migliori film dell’anno scorso.
È il film gay più bello degli ultimi dieci anni inizialmente per la sua storia semplice: Russell, ragazzo che ancora non ha ancora accettato la sua identità sessuale, va in un locale gay e finisce a letto con Glen. Tra i due nasce subito un rapporto d’intesa che velocemente inizia a trasformarsi in un sentimento reciproco nel giro di poche ore, quelle che compongono un solo fine settimana. Peccato che per Glen quello sia l’ultimo weekend in Inghilterra…
Girato due anni dopo il primo film di Haigh, l’assai interessante e sconosciuto documentario Greek Pete, Weekend ha impresso nei suoi fotogrammi il segno del suo budget irrisorio e i suoi veloci tempi di lavorazione (si dice 17 giorni). Il sonoro non sempre pulitissimo, assieme all’accento strettamente inglese dei suoi attori, non aiuta a volte nemmeno a capire quello che i personaggi si dicono.
Un effetto che a molti sembrava fatto quasi apposta per inserirsi nel percorso del Mumblecore americano (non a caso Weekend ha avuto la prima mondiale al SXSW, festival che il Mumblecore l’ha ‘inventato’). Allo stesso tempo il film è molto ancorato a una tradizione di cinema ‘povero’ e ‘da periferia’ tipicamente inglese, quello per dire delle Andrea Arnold e dei Paddy Considine.
Ma Andrew Haigh dimostra sin da subito una personalità forte e una capacità unica nel portare sullo schermo l’intimità della relazione dei suoi personaggi. Vero, il suo stile oggi si sta già levigando e raffinando, inserendosi quasi a metà strada tra Leigh e Haneke. Vero, 45 Anni è un film speculare a Weekend in tutto e per tutto (la coppia anziana, borghese, eterosessuale). E poi con Lean on Pete il regista sta già pensando al suo esordio statunitense.
Eppure ovunque lo metti, anche in tv, Haigh sarà sempre e comunque probabilmente il più bravo in una cosa: descrivere le emozioni quotidiane che hanno un impatto devastante sulla vita dei loro personaggi. Sono schegge, momenti brevissimi, ma sono il centro del suo cinema. Anche in 45 Anni il perno non era la reazione di Geoff alla sconvolgente notizia del ritrovamento del corpo intatto dell’amante di decenni prima: erano le emozioni quotidiane della moglie Kate.
Sceneggiatore dal talento incredibile, che regala una verosimiglianza totale ai suoi dialoghi e rende cinematograficamente potenti storie ‘qualunque’, Haigh è anche un meraviglioso direttore di attori. Certo, Tom Cullen e Chris New – di base due volti perfetti – sono bravissimi, ma si vede chiaramente una precisa scelta di recitazione ‘intima’ guidata da Haigh. Il lavoro sui gesti, sui sorrisi e sugli sguardi è parte integrante di una cifra stilistica pura.
Cosi la relazione tra Russell e Glen, pur essendo un one-night stand che diventa qualcosa di ben più grande in neanche 48 ore, vola sopra tutto e tutti: driblando ipotetiche polemiche da moralisti (amore in manco due giorni? Lesa maestà!), volando sopra ogni discussione, polemica e politica (quanto fa tristezza ciò che sta succedendo in Italia in questi giorni, ancora di più paragonato alla limpidezza del film…).
Weekend scansa tutto questo per buttarsi a capofitto in una questione intima e privata che conta nella sua essenzialità molto di più della militanza: l’importanza e la forza irrefrenabile del sentimento. Nei sentimenti di ogni giorno Haigh ci crede per davvero, e non è certo un caso che il quinto episodio della prima stagione di Looking sia in fin dei conti quasi un remake dello stesso Weekend.
Haigh crede nella purezza del sentimento, in questo caso specifico vissuto prima in casa tra baci, chiacchiere, alcol, abbracci e cumshot. Perché in questo caso, alimentato dall’attesa per una fine che incombe in tutta la sua tristezza (e c’è una coerenza con 45 Anni e il finale stesso di Looking che fa pensare), tutto il sentimento parte da qui, dalle mura private: solo poi si può uscire fuori e affrontare l’ignoranza dilagante a testa alta.
Ma, al contrario di 45 Anni e della seconda stagione di Looking, Weekend non finisce affatto ‘male’, anche se c’è un senso di dolcezza e amarezza che stringe il cuore. Un’idea assurda? Affatto: Weekend finisce con la consapevolezza di un sentimento che è possibile, con il coraggio di guardare fuori dalla finestra il proprio mondo con un’emozione in più e finora inedita.
Come in un altro bellissimo film ‘romantico’, Blue Valentine, i nostri protagonisti non finiscono assieme felici e contenti per sempre, vero. Ma questo conta quasi poco o nulla: prima ci sono stati momenti di vita unici. E c’è anche un insegnamento che non si potrà mai dimenticare: il proprio posto nel mondo si trova anche attraverso l’amore. Innanzitutto quello verso se stessi.
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”10″ layout=”left”]
Weekend (Inghilterra 2011, drammatico 96′) di Andrew Haigh; con Tom Cullen, Chris New, Laura Freeman, Vauxhall Jermaine, Jonathan Race. Uscita in sala il 10 marzo 2016.