Wiener-Dog: recensione in anteprima del film di Todd Solondz
Personaggi che ritornano da altri suoi film e uno storytelling a episodi: Wiener-Dog è certamente un film di Todd Solondz. Ma quello che può sembrare il suo film più deprimente e persino forzato, è sicuramente il suo film più politico, e che ribadisce l’importanza dell’idea di autore.
Non ho mai pensato ai film di Todd Solondz in termini ‘politici’. Non mi è mai sembrato che volesse dire qualcosa sulle sovrastrutture: quelle sono e in quelle vivono i suoi personaggi, vive lui, viviamo noi. Anche per quello a molti sembra un regista soltanto cinico: ‘facile’ ridere dell’orrore che ci sta attorno, di quello che siamo, ed è altrettanto facile turbare con argomenti scabrosi che al cinema non si vedono o vengono trattati in modo diverso (l’esempio lampante è la pedofilia).
Ma personalmente ho spesso trovato i suoi film, perdonate la banalità, anche umani. Solondz è cinico, per carità, ma non gli si può negare che dal buio delle sue storie non cerchi – o almeno ci provi – a cercare un barlume di umanità. I finali di Perdona e Dimentica e di Dark Horse ne sono la prova. Certo, col tempo Solondz pare essersi addolcito, o qualcuno direbbe che invece pare aver perso smalto… Ma pure Happiness, checché se ne dica, era disseminato di umanità.
Wiener-Dog appartiene al mondo del regista in tutto e per tutto. Solondz ha creato un suo universo cinematografico in cui i personaggi ritornano di film in film, ma completamente cambiati, trasformati. Il suo ultimo film, come Palindromi, è legato a Fuga dalla scuola media: ritorna Dawn Wiener (appunto), la ragazzina occhialuta interpretata da Heather Matarazzo presa di mira nel suo film del 1995.
In Wiener-Dog è cresciuta e ha le sembianze di Greta Gerwig. Pare che la vita non le abbia ovviamente portato troppo di buono, vista la goffaggine da eterna insicura. Però in Palindromi si diceva chiaro e tondo che Dawn fosse morta. Questo succede nell’universo Solondz: i personaggi vivono altre vite, richiamate all’ordine dal proprio autore, e prendono sembianze/età/colori diversi. Non è certo la prima volta che succede, e gli aficionados lo sanno bene.
Todd Solondz ha a suo modo sempre ragionato sullo storytelling, sulle modalità (base) di raccontare una storia. Da questo punto di vista, Wiener-Dog è il più puro dei suoi film: quattro vignette, quattro episodi scollegati, ma uniti da un bassotto che dà in inglese il titolo al film. Storytelling stesso era un film ‘a episodi’, ma è chiaro che qui il regista ha voluto direttamente lavorare sul concetto di film antologico.
La sequenza logica tra un episodio è l’altro è la più ovvia che Solondz potesse pensare, ed è la circolarità della vita. I protagonisti delle quattro storie sono posizionati a livello di età in ordine crescente. Nel primo episodio c’è Remi, bambino che si sta riprendendo da una malattia. I genitori gli regalano un bassotto perché potrebbe portargli felicità. Non finisce ovviamente benissimo.
Il testimone (ovvero il bassotto) passa nelle mani di Dawn, che oggi è una veterinaria. La ragazza ritrova per caso in un supermercato Brandon, il bullo che aveva provato a violentarla e di cui si era poi invaghita alla scuola media. Partono insieme per l’Ohio, dove faranno visita anche a suo fratello, con sindrome di Down, felicemente sposato e accasato. Brandon ha però un fine preciso per quel viaggio, ed è meglio rivedersi proprio Fuga dalla scuola media per capire meglio.
Ancora avanti. Il bassotto ora è, con un salto temporale a prima vista casuale, nelle mani di Dave (Danny DeVito), un professore di cinema che prova in ogni modo a entrare in contatto con case di produzione per realizzare un film. Ha scritto una ventina di anni fa una sceneggiatura da cui era stato tratto un film (a quanto pare orrido). I suoi studenti lo deridono e vorrebbero che non insegnasse più.
L’episodio finale vede una donna anziana, Nana (Ellen Burstyn), praticamente in fin di vita. Ora proprietaria del bassotto, che ha chiamato – cinicamente, non a caso – Cancer, riceve una visita dalla nipote. La ragazza è fidanzata con un bellimbusto di nome Fantasy che fa l’artista (ugh). Nana è imbruttita dalla vita, dal dolore e dalla malattia, e nel suo episodio c’è uno dei momenti più surreali della carriera di Solondz.
Ma perché Wiener-Dog potrebbe essere ‘politico’? Perché penso innanzitutto che la ‘circolarità della vita’ del film non sia fine a sé stessa. Vedo anzi il film diviso in due parti (c’è persino una intermission sulle notte di una canzone intitolata The Ballad of the Wiener-Dog che è tutta un programma). Parte da premesse alte, Solondz, da Robert Bresson e Godard, evidentemente, ma ci parla dei suoi film, dell’impossibilità di farli, dell’industria e del pubblico.
I primi due episodi vivono nel mondo cinematografico dei personaggi di Solondz. Il primo è il suo ‘nuovo’ film, con personaggi che non abbiamo mai visto ma di cui conosciamo perfettamente le dinamiche (la famiglia borghese, la crudeltà grottesca dei genitori, il cinismo che impera sovrano ovunque). Si noti anche la frecciatina manco troppo nascosta a Boyhood, come a ribadire ancora una volta: questa è la famiglia, altroché Linklater. Il secondo episodio è invece il ‘sequel’ alla Perdona e Dimentica.
Con il terzo e quarto episodio cambia però qualcosa. Dave è un regista mancato, e i suoi studenti sono dei registi wannabe superficiali che non conoscono manco mezzo film e le basi dello storytelling e pretendono pure di pensare di fare film sulla teoria del gender. Non è specificato invece chi sia Nana, ma la sua casa è tappezzata di arte. Che sia magari una donna che ha dedicato la sua vita all’arte per poi ritrovarsi nella condizione (di solitudine? di rammarico? di disillusione?) in cui si trova ora? Tanto poi come seguaci avrebbe avuto persone come gli studenti di Dave…
Forse addirittura Remi e Dawn sono creazioni di Dave e Nana, chi lo sa. Ma è chiaro che gli ultimi due personaggi si avvicinano allo stesso Solondz, regista al quale è sempre più difficile fare film al giorno di oggi, anche perché il mercato è diverso. Wiener-Dog sarà anche il suo film più deprimente, a tratti persino forzatamente ‘alla Solondz’, però ci racconta di un’industria e di un pubblico – accidenti, quella scena finale! – che forse non ha neanche idea di cosa si nasconda dietro a quello che guarda, a quello che osserva e crede sia arte.
Intanto Dawn è morta, certo, ma l’autore la riporta in vita perché sì, perché può, e bando alla logica. Morte ai sequel, morte alla logica del mercato e a quello che il pubblico si aspetta (ma il pubblico sa chi è Dawn?), morte a Hollywood e pure al cinema indie americano di oggi. Dawn sarà anche quella che noi comunemente definiremmo una ’sfigata’: ma intanto lei tiene per mano una persona, e per la prima volta nell’universo Solondz la vediamo sorridere.
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”8″ layout=”left”]
Wiener-Dog (USA 2016, commedia 90′) di Todd Solondz; con Danny DeVito, Kieran Culkin, Greta Gerwig, Zosia Mamet, Ellen Burstyn. Sconosciuta la data di distribuzione italiana.